Susan era la più ostile. — Se mi fossi comportata come Lucy — tuonò — e avessi minacciato di restare qui in ogni caso, mi sa tanto che avreste avuto il coraggio di abbandonarmi.
— Obbedite al Re supremo, Maestà — disse Briscola. — È tempo di andare. Se non posso continuare a dormire, preferisco mettermi in marcia piuttosto che chiacchierare.
Finalmente si misero in cammino. Lucy guidava la compagnia, mordendosi le labbra e facendo uno sforzo immane per non dire a Susan quello che pensava di lei. Per dimenticare guardò Aslan negli occhi: il grande leone camminava a piccoli passi, a una trentina di metri di distanza dai ragazzi. Gli altri seguivano Lucy, dal momento che Aslan non solo restava invisibile alla maggior parte del gruppo ma era anche estremamente silenzioso; le enormi zampe da felino non facevano alcun rumore.
Li guidò a sinistra degli alberi danzanti (nessuno poteva dire se danzassero ancora o no, dal momento che Lucy non staccava gli occhi da Aslan e gli altri non li staccavano da Lucy), e verso il limitare della gola.
"Per mille saette!" pensò Briscola. "Spero che questa follia non si concluda con una bella scalata notturna e con la rottura dell’osso del collo!"
Per un lungo tratto Aslan li fece camminare in cima al precipizio, poi sì trovarono in mezzo agli alberi che crescevano sull’orlo del baratro. Qui Aslan si girò e scomparve fra la vegetazione. Per un attimo Lucy trattenne il respiro, temendo che fosse precipitato nella gola, ma era troppo impegnata a stargli dietro per pensare a cose simili. Accelerò il passo e si trovò a sua volta in mezzo agli alberi. Guardando in giù vide un viottolo stretto e ripido che finiva in profondità, insinuandosi fra le rocce; Aslan aveva già cominciato a percorrerlo. In quel momento il leone si voltò e la guardò radioso; Lucy batté le mani dalla gioia e lo seguì. Intanto, dietro di lei gli altri gridavano: — Ehi, Lucy, attenta, per l’amor del cielo! Sei proprio sull’orlo del precipizio. Torna indietro…
Peter intervenne: — No, no, ragazzi, Lucy ha ragione. C’è una strada, qui. — Finalmente, quasi a metà sentiero, Edmund riuscì a raggiungerla.
— Guardate — esclamò il ragazzo, colto da una grande eccitazione. — Cos’è la nuvola che avanza verso di noi?
— È il suo alone — spiegò Lucy.
— Credo che tu abbia ragione, Lucy — disse Edmund. — Ma lui dov’è?
— Dentro l’alone, naturalmente. Come, non lo vedi?
— Per un momento mi è sembrato di vederlo. È una luce talmente strana e insolita…
— Avanti, re Edmund, avanti. — Era Briscola, la cui voce proveniva dalle retrovie. Poi fu la volta di Peter, che si trovava ancora più indietro ed era quasi arrivato in cima al precipizio.
— Susan, vieni qui e dammi la mano. Su, non fare così, anche un bambino saprebbe scendere da qui. E smettila di brontolare.
In pochi secondi arrivarono in fondo alla gola e sentirono il dolce rumore dell’acqua che scorre. Con passo leggero e felpato, saltando di pietra in pietra, Aslan arrivò in mezzo al fiume. Qui si fermò, si chinò ad abbeverarsi e si voltò verso di loro. Stavolta a Edmund fu concesso di vederlo.
— Oh, Aslan — gridò il ragazzo, cercando di raggiungerlo. Ma il leone guizzò via e risalì la scarpata che partiva dall’altra riva del fiume.
— Peter, Peter — gridava Edmund. — Hai visto?
— Credo… di aver visto qualcosa — rispose Peter — ma la luce della luna gioca brutti scherzi. Avanti, ragazzi, e tre urrà per Lucy. Sapete, mi è perfino passata la stanchezza.
Senza esitare Aslan li guidò verso sinistra, sulla collina. Al gruppetto sembrava di vivere un magico sogno: il fiume che gorgogliava, l’erba umida e quasi grigiastra, le rocce scintillanti che ben presto avrebbero raggiunto, la mole enorme e maestosa di Aslan che procedeva in silenzio. Tranne Susan e il nano, ormai gli altri potevano vederlo.
Raggiunsero un sentiero, anch’esso ripido, che si trovava di fronte agli altri precipizi. I picchi erano più alti di quelli che avevano appena disceso e non fu facile arrampicarsi, soprattutto perché dovevano procedere a zigzag. Per fortuna la luna illuminava la gola a giorno, cancellando qualsiasi zona d’ombra.
Quando non vide più i suoi punti d’orientamento, che erano la coda e le zampe posteriori di Aslan, Lucy si sentì mancare. Il leone sembrava essersi volatilizzato proprio sulla cima del precipizio, ma con uno sforzo estremo Lucy gli corse dietro e ben presto, senza respiro e con le gambe tremanti, raggiunse la collina che costituiva la loro meta da quando avevano lasciato Acquacorrente. Il dolce declivio (erica ed erba verde, e qua e là grossi blocchi di pietra che brillavano fulgidi alla luce della luna), si estendeva per una considerevole lunghezza e scompariva circa un chilometro più avanti, fra lo scintillio degli alberi. Sì, adesso Lucy riconosceva il luogo: era la collina della Tavola di Pietra.
Con le cotte di maglia che tintinnavano nella corsa, gli altri salirono dietro di lei. Aslan avanzava a passi felpati e il gruppetto lo seguì.
— Lucy — mormorò Susan con una vocina.
— Sì? — rispose Lucy.
— Io… ora lo vedo. Mi dispiace tanto.
— Non preoccuparti.
— Lucy, devo raccontarti la verità. Mi sono comportata molto peggio di quello che pensi. Ero convinta che si trattasse di lui già ieri, quando ci ha avvertiti di non scendere all’abetaia. Anche stanotte, quando ci hai svegliati, sapevo che era venuto Aslan. Avevo una sensazione dentro: se solo l’avessi ascoltata! Il fatto è che volevo uscire da quella maledetta foresta e poi… non so, ecco. Cosa posso dirgli, adesso?
— Non credo che ci sia bisogno di molte parole, Susan — suggerì Lucy.
Raggiunsero gli alberi e da lì i ragazzi videro la Casa di Aslan, che era stata eretta al tempo in cui essi regnavano a Narnia.
— I nostri non fanno buona guardia. A quest’ora avrebbero già dovuto intercettarci… — disse Briscola.
— Silenzio — intimarono gli altri quattro.
In quel momento Aslan si era voltato e li aveva guardati in faccia. Era così maestoso che da una parte ne furono immensamente felici, dall’altra intimoriti. I ragazzi gli corsero incontro e Lucy li lasciò passare. Susan e il nano, invece, arretrarono.
— Aslan — esclamò re Peter, inchinandosi su un solo ginocchio e portandosi al viso la zampa del leone, che non era certo leggera. — Sono così felice, Aslan. E al tempo stesso dispiaciuto. Ho guidato i miei compagni nella direzione sbagliata fin dall’inizio del cammino. Soprattutto ieri mattina.
— Caro, caro figlio — disse Aslan.
Poi il leone si voltò e salutò Edmund.
— Sei stato bravo, Edmund — furono le sue parole.
Poi, dopo una pausa che quasi incuteva timore, quella voce grossa e profonda chiamò: — Susan.
Lei non rispose, ma tutti furono convinti che piangesse.
— Piccola cara, tu hai ascoltato le tue paure. Ora dimenticale, lascia che ti abbracci; ecco, il coraggio è tornato?
— Un poco, Aslan — rispose Susan.
— E adesso… — esclamò il leone con voce più decisa e un ruggito appena percettibile, mentre la coda si agitava nervosamente sui fianchi — … Dov’è quel piccolo nano, famoso spadaccino, grande arciere, che non crede nei leoni? Avanti, figlio della terra, ti voglio qui, al mio cospetto! Qui! — L’ultima parola non fu un lieve ruggito, ma riassunse tutto quello che Aslan aveva detto finora.
— Per mille fantasmi. Corpo di mille naufraghi — balbettò Briscola con l’ombra di una voce.
I ragazzi, che conoscevano Aslan tanto da capire che il nano gli piaceva parecchio, non si preoccuparono. Non fu lo stesso per il povero Briscola, che a parte questo non aveva mai visto un leone in vita sua. Così, fece l’unica cosa intelligente che potesse fare. Invece di inchinarsi davanti ad Aslan, si diresse barcollando verso di lui.