— Se alludi ad Aslan — rispose Tartufello — chiamare i re o chiamare lui è la stessa cosa. I re erano suoi servitori. Se non ce li ha ancora mandati, il che a mio avviso avverrà, come puoi pretendere che arrivi il leone in persona?
— Su questo hai ragione: i re e Aslan sono la stessa cosa. Ora, questo significa che Aslan è morto o che non sta più dalla nostra parte. Ma esiste la possibilità che qualcosa di molto più potente lo trattenga. E anche se dovesse venire, chi dice che voglia proteggerci? Da quanto si racconta, non fu amico generoso dei nani e neppure di tutti gli animali. Chiedetelo ai lupi. Ho sentito dire che è venuto a Narnia una volta soltanto e non si è neppure trattenuto a lungo. Potete scordarvelo, Aslan. Io pensavo a qualcun altro.
Nessuno rispose, e per qualche minuto scese un silenzio così profondo che Edmund poté sentire il respiro affannoso e ansimante del tasso.
— Che vuoi dire? — intervenne Caspian.
— Alludo a un potere tanto più grande di Aslan che per anni e anni ha tenuto Narnia sotto l’incantesimo. Questo, almeno, secondo la leggenda.
— La Strega Bianca! — gridarono tre voci in coro, e dal rumore che seguì Peter dedusse che dovevano essere balzati in piedi.
— Sì — rispose Nikabrik, parlando piano ma con voce udibile. — Sì, proprio la strega. Ma vi prego, sedetevi. Non spaventatevi davanti a un nome come se foste dei mocciosi. Noi vogliamo il potere e vogliamo un potere che sia al nostro fianco. E a proposito di potere, non narra la leggenda che la strega sconfisse Aslan e dopo averlo catturato lo uccise sulla pietra che sta laggiù, dietro quella luce?
— Sì, ma si dice anche che Aslan sia risorto — rispose il tasso bruscamente.
— E va bene, ma da allora non si raccontano più sue imprese. È semplicemente scomparso, si è volatilizzato dalle leggende. Se fosse tornato in vita non sarebbe così, vi pare? Non credete che le storie non parlino più di lui semplicemente perché non c’è niente da dire?
— Egli nominò i re e le regine — disse Caspian.
— Uno che ha appena vinto una grande battaglia può proclamarsi re anche senza l’aiuto di un leone ammaestrato! — esclamò Nikabrik.
Si sentì una specie di ringhio: quasi certamente era stato Tartufello.
— E in ogni caso! — proseguì Nikabrik. — È venuto qualcosa di buono dai re e dai loro regni? Crollarono, sparirono. Ma con la strega le cose sono andate diversamente. Si dice che abbia regnato per centinaia di anni, anni in cui era sempre inverno. Questo è potere, signori, che vi piaccia o no.
— Cielo e terra!- esclamò il re. — Non ci hanno raccontato che la strega era il peggior nemico di tutto e tutti? Non era un tiranno dieci volte più crudele di Miraz?
— Forse — rispose Nikabrik, gelido — questo valeva per voi esseri umani, sempre che ce ne fossero a quei tempi. O valeva per gli animali… Sì, è vero, ha annientato i castori e per fortuna non se ne vedono, qui a Narnia. Ma con noi nani era buona e generosa. Io sono un nano e voglio il bene della mia gente. Noi non abbiamo paura della strega.
— Ma avete scelto di unirvi a noi — protestò Tartufello.
— Certo, e si è visto come è stato proficuo per il mio popolo — lo investì Nikabrik. — Chi è stato spedito a combattere nelle sortite più pericolose? I nani. Chi ha avuto le razioni ridotte, quando le provviste hanno cominciato a scarseggiare? I nani. Chi…?
— Bugie, tutte bugie — gridò il tasso.
— È così — proseguì Nikabrik, gridando come un ossesso. — E visto che voi non sapete difendere il mio popolo, andrò a cercare qualcuno che sappia farlo.
— Nano, è tradimento il tuo? — chiese Caspian.
— Rimetti la spada nel fodero, Caspian — ribatté Nikabrik. — Vuoi farmi fuori qui, durante il consiglio? È questo il tuo sporco gioco, vero? Non ti conviene. Credi che abbia paura di te? Attento, tre sono dalla mia parte e tre dalla tua.
— Fatti avanti, allora — gridò Tartufello.
— Basta, basta, smettetela — esclamò infine il dottor Cornelius. — State correndo un po’ troppo, mi sembra. La strega è morta, o così raccontano le leggende. Nikabrik, dici che vuoi chiamarla: che significa?
La terribile voce che aveva parlato qualche momento prima disse: — Oh, è morta?
Ma la voce piagnucolosa rettificò: — Che siate benedetto, piccolo principe, non dovete temere che la Dama Bianca, come la chiamiamo noi, sia deceduta. L’onorevole dottore vuole prendersi gioco di me, povera vecchia, quando fa di queste affermazioni. Caro, saggio dottore, avete mai sentito di una strega morta per davvero? È sempre possibile far tornare le streghe…
— Avanti, chiamala — esclamò la terribile voce di prima. — Noi siamo pronti. Traccia il cerchio, prepara il fuoco blu.
La voce di re Caspian tuonò, soffocando il grugnito sempre più poderoso del tasso e il che cosa? del dottor Cornelius: — Così questo è il tuo piano, Nikabrik. Magia nera per richiamare un fantasma malefico. Ah, vedo chi sono i tuoi complici: una strega e un lupo mannaro.
Nei minuti che seguirono ci fu gran confusione, ruggire di animali e sferragliare di spade. I ragazzi e Briscola balzarono nella stanza, e Peter ebbe modo di lanciare un’occhiata all’orribile creatura magica, metà uomo e metà lupo, che stava per lanciarsi su un ragazzo più o meno della sua età. Edmund vide un tasso e un nano rotolare sul pavimento e accapigliarsi come di solito fanno i gatti; Briscola, invece, si trovò faccia a faccia con la megera. Aveva il naso e il mento che convergevano come uno schiaccianoci, i capelli unti e bisunti le svolazzavano in faccia e teneva stretto il dottor Cornelius per la gola.
Sotto il primo colpo della spada di Briscola, la testa della megera volò sul pavimento. Poi la lanterna fu rovesciata e per un minuto circa seguì un groviglio di spade, denti, mascelle, pugni e stivali. Infine scese il silenzio.
— Io… io credo di aver colpito il malefico Nikabrik. — Ansimò Edmund. — Forse è ancora vivo.
— Per mille pesi e mille bottiglie — gridò una voce irata. — Sei seduto su di me. Avanti, alzati, razza di elefante.
— Oh, sono davvero spiacente, P.C.A. — si scusò Edmund. — Adesso va meglio?
— No, no, accidenti, mi hai messo gli stivali in bocca. Sciò, sciò, via!
— È qui re Caspian? — chiese Peter.
— Io sono re Caspian — rispose una voce flebile. — Qualcuno… mi ha colpito.
Edmund accese un fiammifero e la debole fiamma gli illuminò il volto pallido e sporco. Inciampò qua e là, trovò una candela (non potevano più usare la lampada perché erano a corto d’olio), la piazzò sul tavolo e l’accese. Quando la fiamma prese corpo, in parecchi scattarono in piedi. Sei facce si guardavano l’una con l’altra alla luce della candela.
— Mi sembra che i nemici siano k.o. — disse Peter. — Là c’è la megera, ed è morta. — Distolse subito lo sguardo. — Mmm, credo che anche Nikabrik sia morto. Ah, ecco, questo dev’essere il lupo mannaro. È passato tanto tempo dall’ultima volta che ne ho visto uno… La testa di un lupo e il tronco di un uomo. Questo significa che al momento dell’uccisione stava per trasformarsi in lupo. E tu, se non sbaglio, devi essere re Caspian.
— Sì — disse l’altro ragazzo — ma francamente io non ti conosco.
— Lui è Peter, il Re supremo — gli spiegò Briscola.
— Salute, Vostra Maestà — fece Caspian.
— I mìei rispetti, Maestà — rispose Peter. — Non sono qui per usurpare il trono che è tuo di diritto, ma per aiutarti a prenderne possesso.
— Vostra Maestà… — La voce proveniva da dietro i suoi gomiti. Peter si voltò e si trovò faccia a faccia con un tasso: si chinò su di lui, gli cinse il collo e lo baciò sulla testa pelosa. Non era certo un gesto da ragazzini, visto che Peter era il Re supremo.
— Di tutti i tassi il migliore! — esclamò. — Tu non hai mai dubitato di noi.