Mi fermo in fondo alla stanza affollata. Per circa un’ora il gruppo di discussione è proprio un gruppo di discussione, che a volte Aenea guida, ma mai domina. Però lentamente le sue domande spostano il discorso dove vuole lei. Mi rendo conto che Aenea è una maestra del buddhismo tantrico e zen, risponde a monaci che hanno speso decenni a padroneggiare quelle discipline in koan e Dharma. A un monaco che domanda per quale motivo non dovrebbero accettare l’immortalità della Pax come forma di rinascita, Aenea cita l’insegnamento del Buddha per cui nessun individuo è rinato e tutte le cose sono soggette alla annicca, la legge della mutabilità, e poi offre altri particolari sulla dottrina anatta, letteralmente "non sé", la negazione del Buddha che ci sia un’entità personale nota come anima.
Per rispondere a un’altra domanda sulla morte, Aenea cita un koan zen: «Un monaco disse a Tozan: "Un monaco è morto; dov’è andato?" Tozan rispose: "Dopo l’incendio, un germoglio d’erba"».
«Signora Aenea» dice Kuku Se, infervorata «significa mu?»
Aenea mi ha insegnato che mu è un elegante concetto zen che si potrebbe tradurre come: "Dis-fai la domanda".
La mia amica sorride. Siede nel punto più lontano dalla porta, in uno spazio libero accanto alla parete aperta, e le stelle sono luminose e ben visibili sopra la montagna sacra del Nord. L’Oracolo non si è ancora levato.
«Fino a un certo punto» risponde piano Aenea. Nella stanza tutti tacciono per ascoltare. «Significa pure che il monaco è morto e basta. Non è andato da qualche parte, è andato da nessuna parte, ecco l’importante. Ma anche la vita è andata da nessuna parte. Continua, in forma diversa. I cuori si dolgono per la morte del monaco, ma la vita non è sminuita. Niente è stato tolto all’equilibrio di vita nell’universo. Tuttavia quell’intero universo, come riprodotto nella mente e nel cuore del monaco, è morto. Una volta Seppo disse a Gensha: "Il monaco Shinso mi ha domandato dov’è andato un certo monaco morto e gli ho risposto che è come ghiaccio che diventa acqua". Gensha disse: "Hai fatto bene, ma io non avrei risposto in quel modo". "Cosa avresti detto?" domandò Seppo. Gensha rispose: "È come acqua che ritorna in acqua".»
Dopo un momento di silenzio, qualcuno sul davanti della stanza dice: «Parlaci del Vuoto che lega».
«In un tempo che fu» attacca Aenea, come sempre fa quando inizia simili racconti «c’era il Vuoto. E il Vuoto era al di là del tempo. In senso proprio, il Vuoto era un orfano di tempo, un orfano di spazio.
«Ma il Vuoto non era di tempo, non era di spazio e certamente non era di Dio. Neppure il Vuoto che lega è Dio. In verità, il Vuoto si sviluppò molto dopo che tempo e spazio picchettarono i confini dell’universo; ma, non legato al tempo, non imbrigliato nello spazio, il Vuoto che lega è filtrato all’indietro e in avanti da una parte all’altra del continuum, fino all’esplosione primordiale e al piagnucolio finale.»
Qui Aenea si ferma e si porta le mani alle tempie in un gesto che non le vedo fare da quando era bambina. Non pare una bambina, questa notte. Ha occhi stanchi, ma vitali. E intorno agli occhi, rughe di stanchezza o di preoccupazione. Amo i suoi occhi.
«Il Vuoto che lega è una cosa dotata di mente» dice con fermezza Aenea. «Proviene da cose dotate di mente, molte delle quali furono a loro volta create da cose dotate di mente.
«Il Vuoto che lega è cucito di materia quantica, intrecciato di spazio di Planck, di tempo di Planck, si trova sotto e intorno lo spaziotempo come l’involucro di una coperta trapunta è intorno e sotto l’imbottitura di ovatta. Il Vuoto che lega non è né mistico né metafisico, sgorga dalle leggi fisiche dell’universo e risponde a quelle stesse leggi, ma è un prodotto di quell’universo in evoluzione. Il Vuoto è strutturato da pensiero e sentimento, un prodotto della consapevolezza di sé dell’universo. E non semplicemente di pensiero e sentimento umani: il Vuoto che lega è un composto di centomila specie senzienti in miliardi di anni di tempo. È l’unica costante nell’evoluzione dell’universo, l’unico terreno comune per le specie che si svilupperanno, cresceranno, fioriranno, appassiranno e moriranno, milioni di anni e centinaia di milioni di anni luce una dall’altra. E c’è una sola chiave d’ingresso al Vuoto che lega…»
Aenea si ferma di nuovo. La sua giovane amica Rachel siede accanto a lei, a gambe incrociate, attenta. Noto ora, per la prima volta, che Rachel, la donna di cui sono stato scioccamente geloso negli ultimi mesi, è davvero bella: capelli castano ramato, corti e ricci, guance colorite, grandi occhi verdi con pagliuzze castane. Ha circa l’età di Aenea, poco più di vent’anni standard, e un’abbronzatura dorata per i mesi di lavoro a grande altezza sotto il sole giallo di T’ien Shan.
Aenea tocca la spalla di Rachel.
«La mia amica qui presente era neonata» riprende «quando suo padre scoprì un fatto interessante sull’universo. Suo padre, uno studioso di nome Sol, per anni e anni era stato ossessionato dalla relazione storica fra Dio e uomo. Poi un giorno, nelle circostanze più estreme, quando dovette affrontare per la seconda volta la perdita della propria figlia, ebbe in dono un istante di satori: capì appieno, intuitivamente, ciò che solo alcuni altri avevano avuto il privilegio di capire con chiarezza nei milioni di anni del nostro lento riflettere. Capì che nell’universo l’amore è una forza reale pari alle altre, reale come l’elettromagnetismo o i legami nucleari deboli. Reale come la gravità e governata da molte delle stesse leggi. La legge dell’inverso del quadrato, per esempio, spesso funziona con identica esattezza tanto per l’amore quanto per l’attrazione gravitazionale.
«Sol capì che l’amore era la forza legante del Vuoto che lega, il filo e il tessuto dell’abito. E in quell’istante di satori capì che la specie umana non era l’unica a cucire quello sgargiante paramento. Intuì che il Vuoto che lega aveva alle spalle la forza dell’amore, ma non riuscì a ottenere accesso a quell’ambiente. Gli esseri umani, che da pochissimo tempo si sono evoluti dai primati nostri cugini, non hanno ancora acquisito la capacità sensoriale di vedere chiaramente il Vuoto che lega o di entrarvi.
«Dico "vedere chiaramente" perché tutti gli esseri umani con cuore e mente aperti hanno colto rare ma potenti visioni fuggevoli del panorama del Vuoto. Proprio come lo zen non è una religione, ma è religione, il Vuoto che lega non è uno stato della mente, è stato di mente. Il Vuoto è tutta probabilità come onde stazionarie, interagisce con quel fronte d’onda stazionario che è la mente e la personalità umane. Il Vuoto che lega è toccato da tutti noi che hanno pianto di felicità, che hanno detto addio a un amante, che si sono esaltati nell’orgasmo, che sono stati sulla tomba di una persona amata, che hanno visto il proprio figlio aprire gli occhi per la prima volta.»
Mentre parla, Aenea guarda me. Mi si accappona la pelle.
«Il Vuoto che lega» continua Aenea «è sempre sotto e sopra la superficie dei nostri pensieri e dei nostri sensi, invisibile ma presente come il respiro della persona amata al nostro fianco nella notte. La sua reale ma inaccessibile presenza nel nostro universo è una delle prime cause che hanno indotto l’uomo a elaborare il mito e la religione, che hanno dato impulso alla nostra fede cieca e testarda nei poteri extrasensoriali, nella telepatia e nella precognizione, nei demoni e nei semidei, nella risurrezione e nell’incarnazione, negli spettri e nei messia e in tante altre categorie di stronzate quasi ma non del tutto soddisfacenti.»
A questa dichiarazione, i cento e passa ascoltatori, monaci, operai, intellettuali, politici, sant’uomini e sante donne, si agitano un poco. Fuori il vento si alza e la piattaforma dondola lievemente, com’è progettato che faccia. Da qualche parte a sud di Jo-kung brontola il tuono.