Per me, in questo momento, Aenea non ha l’aspetto e il comportamento di una personalità incasinata. Ma io l’amo più della vita stessa.
«Il cìbrido Keats assunse mia madre per risolvere il mistero della morte della propria personalità» continua piano Aenea «ma in verità sapeva che cos’era accaduto al suo precedente se stesso. La vera ragione per cui assunse mia madre era un’altra: conoscere mia madre, stare con mia madre, diventare l’amante di mia madre.» Si interrompe per un attimo e sorride, pare vedere cose remote. «Nei suoi Canti, zio Martin non ha mai esposto in modo corretto questa parte. I miei genitori erano sposati e non credo che a zio Martin l’abbiano mai detto, sposati dal vescovo del Tempio Shrike su Lusus. Quella era una setta religiosa, ma una setta legale, e il matrimonio dei miei genitori sarebbe stato legalmente riconosciuto su duecento pianeti dell’Egemonia.» Sorride di nuovo e guarda direttamente me, da sopra la folla ammassata nella stanza. «Sarò anche una bastarda, sapete, ma non sono nata bastarda.»
Poi riprende: «Così erano sposati e io fui concepita… probabilmente prima della cerimonia nuziale. Poi alcuni elementi sostenuti dal Nucleo assassinarono mio padre, prima che mia madre iniziasse il pellegrinaggio allo Shrike su Hyperion. E questa sarebbe dovuta essere la fine di ogni contatto fra mio padre e me, se non ci fossero state due cose: la sua personalità del Nucleo era stata imprigionata su un disco d’iterazione Schrön impiantato dietro l’orecchio di mia madre. Per alcuni mesi lei fu gravida di due di noi, di me nel ventre e di mio padre, la seconda personalità John Keats, nell’iterazione Schrön. La personalità di mio padre non poteva comunicare con mia madre, essendo prigioniera nel ciclo senza fine dell’iterazione Schrön, ma comunicava abbastanza facilmente con me. Il difficile è definire che cosa a quel punto fosse "me". Mio padre collaborò, entrando nel Vuoto che lega e portando con sé il fetale "me". Vidi che cosa sarei dovuta essere, chi sarei stata, perfino come sarei morta, ancora prima che le mie dita si fossero formate.
«E c’è un altro particolare che zio Martin non riporta nei Canti. Il giorno in cui uccisero mio padre sui gradini del Tempio Shrike nel Concourse Mall su Lusus, mia madre fu coperta del suo sangue, il DNA di John Keats, ricostruito e migliorato nel Nucleo. Ciò che non capì appieno a quel tempo è che il sangue di suo marito era letteralmente la più preziosa risorsa dell’universo umano in quel momento. Il DNA di mio padre era stato progettato per contagiare altri offrendo il suo solo dono: l’accesso al Vuoto. Mescolato correttamente con DNA del tutto umano, avrebbe offerto il dono di sangue che avrebbe aperto all’intera specie umana la porta d’ingresso al Vuoto che lega.
«Io sono quella mistura. Porto in me la capacità genetica di accedere al Vuoto che lega dal TecnoNucleo e la troppo raramente usata capacità umana di percepire l’universo tramite l’empatia. Per il meglio o per il peggio, chi berrà il mio sangue non vedrà mai più come prima il mondo o l’universo.»
Mentre dice queste parole, si alza in ginocchio sulla stuoia tatami. Theo porta un panno di lino bianco. Rachel riempie da un vaso di vino rosso sette grandi coppe. Aenea prende dal giubbotto un piccolo involto — lo riconosco, un medikit della nave — ne toglie un bisturi sterilizzato e un tampone antisettico. Esita prima di usare il bisturi e con lo sguardo passa in rassegna la folla. Non c’è il minimo suono, come se i cento e passa presenti trattenessero il fiato.
«Non avrete garanzia di felicità, saggezza o lunga vita, se berrete di me stasera» dice Aenea, molto piano. «Non c’è nirvana. Non c’è salvezza. Non c’è vita dopo la morte. Non c’è rinascita. C’è solo immensa conoscenza, tanto del cuore quanto della mente, e il potenziale per grandi scoperte, grandi avventure e una garanzia di maggiori sofferenze e di terrori che compensano tanta parte della nostra breve vita.»
Guarda di viso in viso, sorride nell’incrociare lo sguardo del giovanissimo Dalai Lama. «Alcuni di voi» riprende «hanno partecipato a tutte le nostre riunioni nell’ultimo anno. Vi ho detto ciò che so su questo: apprendere il linguaggio dei morti, apprendere il linguaggio dei vivi, ascoltare la musica delle sfere e apprendere come muovere il primo passo.»
Guarda direttamente me. «Alcuni di voi hanno ascoltato solo alcune discussioni. Non eravate qui, quando ho parlato della vera funzione del crucimorfo della Chiesa o della vera identità dello Shrike. Non avete ascoltato i particolari dell’apprendere il linguaggio dei morti né gli altri fardelli dell’ingresso nel Vuoto che lega. A quelli di voi che dubitano e che esitano, consiglio di aspettare. Agli altri ripeto: non sono un messia, ma un maestro. Se ciò che vi ho insegnato in questi mesi vi sembra verità e se volete correre questo rischio, bevete di me stanotte. State attenti: il DNA che ci concede di percepire l’ambiente Vuoto che lega non può coesistere col crucimorfo. Quel parassita avvizzirà e morirà entro ventiquattr’ore da quando avrete bevuto il sangue. Non crescerà mai più in voi. Se cercate risurrezione attraverso il crucimorfo, non bevete il sangue del mio corpo in questo vino.
«E state attenti: diverrete, come me, nemici della Pax, disprezzati e perseguitati. Il vostro sangue sarà contagioso. Coloro con cui lo dividerete, coloro che sceglieranno di trovare il Vuoto che lega mediante la condivisione del vostro DNA, saranno a loro volta disprezzati.
«E state attenti, infine: una volta bevuto questo vino, avrete figli con la capacità di entrare nel Vuoto che lega. Per il meglio o per il peggio, i vostri figli e i loro figli nasceranno conoscendo il linguaggio dei morti, il linguaggio dei vivi, sentiranno la musica delle sfere e sapranno di poter compiere il primo passo nel Vuoto che lega.»
Con la lama affilata del bisturi Aenea si tocca il dito. Una gocciolina di sangue è visibile nella luce di lanterna. Rachel regge una coppa, la goccia di sangue cade nel vino. L’operazione è ripetuta per la coppa successiva, finché tutte e sette non sono state… contaminate? transustanziate? La mente mi vacilla. Il cuore mi batte come allarmato. Mi pare una selvaggia parodia della santa comunione della Chiesa cattolica. È forse… la mia giovane amica, la mia tenera amante, la mia amata… è forse impazzita? È davvero convinta di essere un messia? No, ha già detto di non essere un messia. E io, credo io che sarò trasformato per sempre, bevendo del vino che è, una parte per milione, il sangue della mia amata? Non so. Non capisco.
Circa metà dei presenti si mette in fila per bere un sorso da una delle grandi coppe. "Calici?" penso. "È blasfemia. Non è giusto. O sì?" Un sorso è tutto ciò che prendono, poi tornano al proprio posto sui tatami. Nessuno pare particolarmente rinvigorito o illuminato. Nessun paio di raggi di luce risplende dalla fronte di alcuno, dopo che ha condiviso il vino. Nessuno levita a mezz’aria, nessuno parla tutte le lingue. Ciascuno beve un sorso e torna a sedersi.
Mi rendo conto di perdere tempo, di cercare lo sguardo di Aenea. Ho tante di quelle domande… Dimessamente, sentendomi un traditore nei confronti di una persona di cui dovrei fidarmi senza esitazioni, mi accodo alla fila sempre più corta.
Aenea mi vede. Alza brevemente la mano, palma verso di me. Il senso è chiaro: "Non ora, Raul. Non ancora". Esito un altro istante, irresoluto, nauseato al pensiero che questi altri, questi estranei, entrino in intimità con la mia amata, mentre io non posso. Poi, col cuore che batte forte e il viso tutto rosso, torno a sedere sulla mia stuoia.
Non c’è una conclusione ufficiale della serata. Le persone cominciano ad andare via, due tre per volta. Una coppia — lei ha bevuto il vino, lui no — se ne va mano nella mano, come se niente fosse cambiato. Forse niente è cambiato davvero. Forse la comunione rituale cui ho appena assistito è semplice metafora e simbolismo, o autosuggestione e autoipnosi. Forse coloro che vorranno con tutte le forze percepire una cosa definita Vuoto che lega avranno una esperienza interiore che li convincerà che sia accaduto. Forse sono tutte stronzate.