«Le ali sono pronte, maestra» disse Lhomo.
«Mentre eravate via» disse A. Bettik «mi sono preso la libertà di controllare le dermotute e i riciclo-respiratori nella stanza del signor Endymion. Sono in perfetto stato.»
«Termineremo il lavoro e organizzeremo la cerimonia domani» disse Theo.
«Vorrei venire anch’io» sospirò Rachel.
«Venire dove?» domandai, malgrado mi fossi imposto di tacere e ascoltare.
«Tu sei invitato» disse Aenea, sempre toccandomi il braccio. Non era una vera risposta alla mia domanda. «Anche tu, Lhomo, e tu, A. Bettik, se siete ancora disposti.»
Lhomo Dondrub rispose con un ampio sorriso. L’androide annuì. Cominciai a pensare di essere l’unico nel comprensorio del tempio a non capire che cosa accadeva.
«Buona notte a tutti» disse Aenea. «Partiremo alle prime luci. Non occorre che veniate a salutarci.»
«Non scherzare!» protestò Rachel, mentre Theo annuiva, d’accordo con lei. «Saremo qui a dirti addio.»
Aenea accondiscese con un cenno e toccò il braccio alle amiche. Tutti scesero le scale a pioli o si lasciarono scivolare lungo i cavi.
Aenea e io restammo da soli sulla piattaforma superiore. Il cielo, dopo la battaglia, pareva buio. Capii che le nuvole si erano alzate sopra la linea della cresta e che cancellavano le stelle come uno straccio umido passato su una lavagna nera. Aenea aprì la porta della sua stanza da letto, entrò, accese la lanterna e tornò indietro, fermandosi nel vano d’ingresso. «Non vieni, Raul?»
Parlammo. Ma non subito.
L’atto amoroso pare assurdo a esprimerlo in parole; anche il momento pare assurdo, a pensarci, con il cielo che letteralmente cadeva e la mia amante che quella sera aveva appena terminato una convocazione tipo ultima cena… ma l’amore non è mai assurdo, quando si fa con la persona che si ama veramente. Come era per me. Se prima della sera dell’ultima cena non l’avevo capito, lo capii allora, completamente, in tutti gli aspetti, senza riserve.
Forse un paio d’ore più tardi, Aenea si mise un kimono, io indossai uno yukata e dalla stuoia letto ci spostammo accanto ai paraventi shoji aperti. Aenea preparò il tè nel fornello più piccolo posto nel tatami; prendemmo una tazza ciascuno e ci sedemmo con la schiena contro le opposte intelaiature shoji, con i piedi e le gambe a contatto, il mio fianco destro e il suo ginocchio sinistro allungati sopra il precipizio lungo chilometri. L’aria era fresca e odorava di pioggia, ma la tempesta si era spostata a nord rispetto a noi. La cima dell’Heng Shan era avvolta nelle nubi, ma tutte le creste inferiori erano illuminate da un continuo gioco di lampi.
«Rachel è davvero la Rachel dei Canti?» dissi. Avrei voluto porre un’altra domanda, per me ben più importante, ma non trovavo il coraggio.
«Sì» rispose Aenea. «È la figlia di Sol Weintraub, la donna che su Hyperion fu colpita dal morbo di Merlino e che per ventisette anni invecchiò al contrario fino a tornare la neonata che Sol portò con sé nel pellegrinaggio.»
«Ed era conosciuta anche come Moneta. E Mnemosine…»
«Ammonitrice e Memoria» mormorò Aenea. «Nomi appropriati per il suo ruolo in quel tempo.»
«Ma accadde duecentottanta anni fa! A decine di anni luce di distanza da qui… su Hyperion. Com’è arrivata su T’ien Shan?»
Aenea sorrise. Il tè caldo sprigionava vapori che le salivano fino ai capelli. «Ho iniziato la mia vita più di duecentottanta anni fa» disse. «A decine di anni luce di distanza… su Hyperion.»
«Allora ha fatto il tuo stesso percorso? Attraverso le Tombe del Tempo?»
«Sì e no.» Alzò la mano per bloccare le mie proteste. «So che vuoi risposte dirette, Raul. Niente parabole né similitudini né discorsi evasivi. D’accordo. È il momento di parlare chiaro. Ma la verità è che la Tomba del Tempo detta Sfinge è solo una parte del viaggio di Rachel.»
Aspettai in silenzio che continuasse.
«Ricordi i Canti…» iniziò Aenea.
«Ricordo che il pellegrino Sol portò la figlia, dopo che il cìbrido Keats la salvò in qualche modo dallo Shrike e dopo che lei riprese a invecchiare normalmente, la portò nel futuro, entrando nella Sfinge…» Mi interruppi. «In questo futuro?»
«No» disse Aenea. «La neonata Rachel crebbe, divenne di nuovo bambina e giovane donna, in un futuro al di là di questo. Suo padre la allevò una seconda volta. La loro storia è… meravigliosa, Raul. Letteralmente piena di meraviglie.»
Mi strofinai la fronte. Il mal di testa mi era passato, ma minacciava di tornare. «Ed è venuta qui passando di nuovo dalle Tombe? Muovendosi con quelle a ritroso nel tempo?»
«In parte. Rachel è anche in grado di muoversi nel tempo per proprio conto.»
La fissai a bocca aperta. Quelle parole rasentavano la follia.
Aenea sorrise come se mi leggesse nel pensiero, o leggesse solo la mia espressione. «So che sembra follia, Raul. Molto di ciò che dobbiamo ancora incontrare è davvero bizzarro.»
«Mi sembra un eufemismo» replicai. Un altro ingranaggio mentale scattò al suo posto. «Theo Bernard!» dissi.
«Sì?»
«C’era un Theo, nei Canti, no? Un uomo…» Esistevano varie versioni del racconto orale, il poema da cantare, e molti particolari secondari erano eliminati nelle versioni più brevi e popolari. Nonna mi aveva fatto imparare a memoria quasi tutto il poema completo, ma non mi ero mai interessato molto alle parti più noiose.
«Theo Lane» disse Aenea. «Per un certo periodo, aiutante del console su Hyperion; più tardi, primo governatore generale del nostro pianeta per conto dell’Egemonia. Lo incontrai in una occasione, da ragazzina. Un uomo per bene. Tranquillo. Portava antiquati occhiali…»
«Questa Theo» dissi, cercando di capire. Chissà, pensai, forse aveva cambiato sesso.
Aenea scosse la testa. «Vicina, ma niente sigaro, come avrebbe detto Freud.»
«Chi?»
«Theo Bernard è la pro-pro-pro-eccetera-nipote di Theo Lane» disse Aenea. «La sua storia è già un’avventura per suo conto. Ma Theo è nata in questa epoca, è fuggita davvero dalle colonie della Pax su Patto-Maui per unirsi ai ribelli, però l’ha fatto per una cosa che dissi a Theo Lane quasi tre secoli fa. Tramandata per tutte queste generazioni. Theo Lane sapeva che sarei stata su Patto-Maui nel periodo in cui vi andai…»
«Come?»
«Lo dissi a Theo» spiegò Aenea. «Gli dissi quando sarei stata su Patto-Maui. La notizia fu mantenuta viva nella sua famiglia, un po’ come il pellegrinaggio allo Shrike è stato mantenuto vivo nei Canti.»
«Allora puoi davvero vedere il futuro» dissi in tono piatto.
«I futuri» mi corresse Aenea. «Ti ho già detto che posso vederli. E mi hai ascoltato, stanotte…»
«Hai visto la tua stessa morte?»
«Sì.»
«Mi dirai ciò che hai visto?»
«Non ora, Raul. Ti prego. Quando sarà il momento.»
«Ma se ci sono più futuri» dissi, sentendo nella mia voce il grugnito di sofferenza «perché vedi per te una sola morte? Se puoi vederla, perché non puoi evitarla?»
«Potrei evitare quella particolare morte» mormorò Aenea «ma sarebbe la scelta sbagliata.»
«Come può essere sbagliato, scegliere la vita anziché la morte?» Mi resi conto d’avere gridato. Avevo stretto i pugni.
Aenea mi toccò i pugni, li circondò con le dita. «La questione è tutta qui» disse, così piano che fui costretto a sporgermi per sentirla. I lampi giocavano sulle spalle dell’Heng Shan. «La morte non è mai preferibile alla vita, Raul, ma a volte la scelta è necessaria.»
Scossi la testa. In quel momento avevo di sicuro un’aria imbronciata, ma me ne fregavo. «Mi dirai quando morirò?»
Mi guardò negli occhi. I suoi erano abissi neri. «Non lo so» rispose semplicemente.
Battei le palpebre. Mi sentivo vagamente ferito. Non le importava di guardare nel mio futuro?
«Certo che m’importa» mormorò Aenea. «Solo, ho deciso di non guardare quelle onde di probabilità. Vedere la mia morte è… difficile. Vedere la tua sarebbe…» Sentii un rumore strano e capii che piangeva. Mi girai sul tatami fino a circondarla con le braccia. Lei mi si strinse al petto.