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Aenea mi sorrise. "Precisamente. E quando…"

"Cimici. Tutti i pianeti dove sono stato avevano lo stesso maledetto brulichio di cimici. Moscerini. Infinite varietà di…"

"Hai afferrato l’idea. Quando il piano di base per un organismo è stabilizzato e si aprono nuove nicchie, la vita passa a una marcia più alta. Si stabilisce in queste nicchie espandendo la diversità nell’ambito della forma basilare di quegli organismi. Nuove specie. Migliaia di nuove specie di piante e di animali sono venute in esistenza solo nell’ultimo millennio dall’inizio del volo interstellare, e non tutte sono dovute alla bioingegneria: alcune si sono semplicemente adattate a ritmo sfrenato ai nuovi mondi di tipo terrestre dove sono state scaricate."

"Tripioppi" dissi, ricordando solo Hyperion. "Semprazzurri. Piegrovie. Alberi tesla?"

"I tesla erano indigeni" disse Aenea.

"Perciò la diversità è utile" dissi, nel tentativo di ritrovare il filo originario della discussione.

"La diversità è utile" convenne Aenea. "Come ho detto, permette alla vita di cambiare marcia e continuare il suo compito di routine, rendere verde l’universo. Ma c’è almeno una specie della Vecchia Terra che non si è diversificata molto, almeno non nei pianeti favorevoli che ha colonizzato."

"Noi" dissi. "La specie umana."

Aenea annuì, torva. "Siamo rimasti sempre la stessa specie, fin da quando i nostri antenati Cro-Magnon spazzarono via i più intelligenti uomini di Neandertal. Ora abbiamo l’occasione di diversificarci rapidamente e istituzioni come l’Egemonia, la Pax e il Nucleo ci bloccano."

"La necessità di diversificarsi si estende alle istituzioni umane? Religioni? Sistemi sociali?" Pensavo alle persone che mi avevano aiutato su Vitus-Gray-Balianus B, Dem Ria, Dem Loa e le loro famiglie. Pensavo agli Spettroelica di Amoiete e alle loro complicate e contorte credenze.

"Senza dubbio" disse Aenea. "Guarda là."

A. Bettik si era soffermato davanti una lastra di marmo che recava incise delle parole, in cinese e in antico inglese della Rete:

Alto si leva il Picco Orientale

svettando nel cielo azzurro.

Fra le rocce… una vuota cavità,

segreta, immobile, misteriosa!

Non scolpita e non scavata,

dalla natura nascosta con un tetto di nubi.

Tempo e stagioni, che cosa siete,

per portare alla mia vita continuo cambiamento?

Alloggerò per sempre in questa cavità

dove primavere e autunni passano ignorati.

TAOYUN, moglie del generale Wang Ning-chih, 400 d.C.

Riprendemmo la salita. Mi parve di scorgere qualcosa di rosso in cima alla successiva rampa di scalini. La Porta Celeste meridionale e l’ingresso al pendio della vetta? Era quasi ora.

"Non era bella?" dissi, riferendomi alla poesia. "Nelle istituzioni umane una continuità come quella non ha la stessa importanza della diversità? O addirittura maggiore importanza?"

"Ha importanza" convenne Aenea. "Ma è quasi tutto ciò che la specie umana ha fatto nell’ultimo millennio, Rauclass="underline" ricreare su pianeti diversi le istituzioni e le idee della Vecchia Terra. Guarda l’Egemonia. Guarda la Chiesa e la Pax. Guarda questo pianeta…"

"T’ien Shan? Mi pare meraviglioso…"

"Anche a me. Ma è tutto preso in prestito. Il buddhismo si è evoluto un poco, almeno si è staccato dall’idolatria e dai rituali, è tornato all’apertura mentale che lo caratterizzava all’inizio, ma ogni altra cosa è in pratica un tentativo di ricatturare cose perdute con la Vecchia Terra."

"Per esempio?"

"La lingua, il modo di vestire, i nomi delle montagne, gli usi locali… diavolo, Raul, anche questo sentiero di pellegrinaggio e il Tempio dell’Imperatore di Giada, se mai ci arriveremo."

"Vuoi dire che c’era un monte T’ai Shan sulla Vecchia Terra?"

"Ma certo. Con la sua Città di Pace e le Porte Celesti e la Bocca del Drago. Confucio lo salì più di tremila anni fa. Ma sulla Vecchia Terra la scala aveva solo settemila gradini."

"Vorrei che ci fosse toccata quella!" esclamai. Non ero sicuro di riuscire a continuare la salita. I gradini erano brevi, ma non finivano mai. "Però capisco il tuo punto di vista."

Aenea annuì. "È meraviglioso, preservare la tradizione; ma un organismo in buona salute si evolve, culturalmente e fisicamente."

"E questo ci riporta all’evoluzione" dissi. "Quali sono le altre direzioni, tendenze, mete o come diavolo le chiami, che sono state ignorate negli ultimi secoli?"

"Ce ne sono ancora alcune altre" disse Aenea. "Una è il sempre crescente numero di individui. Alla vita piacciono fantastiliardi di specie, ma piacciono ancora di più iperfantastiliardi di individui. In un certo senso, l’universo è attrezzato per gli individui. Nella biblioteca, a Taliesin, c’era un libro intitolato Sistemi gerarchici in evoluzione, scritto da un tale della Vecchia Terra, Stanley Salthe. L’hai visto?"

"No, mi sarà sfuggito quando leggevo quei romanzi oloporno del primo XXI secolo."

"Ah-hah" disse Aenea. "Be’, Salthe pose la questione in termini piuttosto precisi: ’Un numero indefinito di individui unici può esistere in un mondo materiale finito se gli individui sono annidati l’uno dentro l’altro e se quel mondo è in espansione’."

"Annidati l’uno dentro l’altro" ripetei, riflettendo. "Sì, capisco. Come i batteri della Vecchia Terra nelle nostre viscere e i parameci che abbiamo portato nello spazio e le altre cellule nel nostro corpo… più mondi, più persone… sì."

"L’inghippo è più persone" disse Aenea. "Ne abbiamo centinaia di miliardi, ma fra la Caduta e la Pax, l’attuale numero della popolazione umana nella galassia, senza contare gli Ouster, si è livellato nelle ultime centinaia di anni."

"Be’, il controllo delle nascite è importante" dissi, ripetendo ciò che insegnavano a tutti su Hyperion. "Voglio dire, soprattutto ora che il crucimorfo è in grado di mantenere in vita le persone per secoli e secoli…"

"Appunto. Con l’immortalità artificiale c’è maggiore ristagno, fisico e culturale. È un fatto."

Corrugai la fronte. "Ma non è un buon motivo per negare alla gente l’estensione della vita, no?"

Aenea rispose con voce remota, come se contemplasse qualcosa di molto più grande. "No" disse. "Di per sé, no."

"Quali sono le direzioni del processo evolutivo?" domandai, vedendo avvicinarsi la pagoda rossa e pregando che la conversazione mi tenesse la mente lontano dal collasso, dal ruzzolone giù per i ventimila e passa gradini che già avevamo salito.

"Solo altre tre meritano di essere citate" disse Aenea. "Crescente specializzazione, crescente interdipendenza, crescente capacità di evolversi. Tutt’e tre sono davvero importanti, ma l’ultima è la più importante."

"Cosa vuoi dire, ragazzina?"

"Voglio dire che l’evoluzione stessa si evolve. Deve. La capacità di evolversi è un tratto di sopravvivenza ereditario. I sistemi, viventi e altro, devono imparare come evolversi e, a un certo grado, controllare la direzione e la velocità della propria evoluzione. Noi, voglio dire la specie umana, eravamo sul punto di fare proprio questo, un migliaio di anni fa, ma il Nucleo ce lo ha impedito. Almeno, alla maggior parte di noi."

"Cosa significa ’la maggior parte di noi’?"

"Fra qualche giorno capirai, Raul, te lo prometto."

Arrivammo alla Porta Celeste meridionale e varcammo l’ingresso, un arco sotto un tetto a pagoda dorato. Al di là c’era la via Celeste, un pendio poco accentuato che portava alla vetta appena visibile. La via Celeste era niente di più di un sentiero su roccia nera e brulla. Pareva di camminare su una luna priva d’aria, come quella della Vecchia Terra: qui le condizioni erano quasi altrettanto suscettibili alla vita. Aprii bocca per dire a Aenea che quella era una nicchia dove la vita non aveva ancora messo piede, quando lei lasciò il sentiero e ci guidò a un piccolo tempio di pietra posto fra le aspre rupi e i crepacci, alcune centinaia di metri sotto la vetta. C’era una camera stagna così antica che pareva uscita da una delle prime navi seminatrici. Con mia sorpresa, quando Aenea attivò il cuscinetto a pressione, funzionò; entrammo e aspettammo che si compisse il ciclo e si aprisse il portello interno. Lo varcammo.