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Di tutti i miei punti deboli, è il più grave: in realtà non voglio fare male a nessuno. In tutti i miei scontri, con le possibili eccezioni del barcaiolo armato di coltello e del cacciatore cristiano armato di pistola a fléchettes, avevo sempre trattenuto una parte di me, non volevo colpire con tutta la forza che avevo, non volevo fare troppo male agli avversari.

Devo cambiare immediatamente questo modo di pensare. Non ho contro una persona, ma una macchina assassina; e se non la fermo o la distruggo in fretta, quella mi uccide anche più in fretta.

"Nemes balza contro di me, usa gli artigli, ritrae il braccio destro e poi lo muove come una falce.

"Salto indietro, scanso la falce, scanso quasi tutti gli artigli, vedo la camicia sull’avambraccio sinistro lacerarsi, vedo il sangue annebbiare l’aria, poi avanzo di scatto e colpisco, rapido, con forza, tre volte in pieno viso.

"Nemes balza indietro con la stessa velocità con cui si è avventata. Ha sangue sulle lunghe unghie della sinistra. Sangue mio. Ha il naso appiattito, storto di lato. Le ho rotto qualcosa, osso, cartilagine, fibra metallica, dove aveva il sopracciglio sinistro. Non ha sangue sul viso. Pare non accorgersi del danno. Continua a ghignare.

"Mi guardo il braccio sinistro. Brucia da morire." Veleno? Può anche darsi, spiegherebbe il bruciore, ma se usa veleno, dovrei essere già morto. Non avrebbe motivo di usare sostanze ad azione lenta.

"Sono ancora vivo. Solo bruciore per i tagli. Quattro, profondi, ma non tanto da danneggiare il muscolo. I tagli non hanno importanza. Devo concentrarmi sui suoi occhi. Intuire che cosa farà dopo."

Mai usare le mani nude. Insegnamento della Guardia nazionale. Trovare sempre un’arma per il combattimento a distanza ravvicinata. Se l’arma in dotazione è rovinata o perduta, trovare altro, improvvisare, un sasso, un pesante ramo, una scheggia metallica, anche ciottoli nel pugno o chiavi fra le dita sono preferibili alle mani nude. Le nocche si rompono più in fretta della mascella, ci ricordava sempre il sergente istruttore. Se sei proprio costretto a usare le mani nude, usa il piatto della mano per colpire di taglio. Usa le dita irrigidite per impalare. Usa le dita piegate ad artiglio per mirare agli occhi e al pomo d’Adamo.

Non ci sono sassi, né rami, né chiavi, nessun tipo di arma. Quella creatura non ha pomo d’Adamo. Sospetto che i suoi occhi siano freddi e duri come bilie.

"Nemes si sposta di nuovo a sinistra, guarda verso Aenea."

«Arrivo, tesoruccio» sibila alla mia amica.

Con la coda dell’occhio ho una rapida visione di Aenea, in piedi sulla cornice di roccia, appena più in là della piattaforma. Non si muove. È impassibile. Non è da lei, normalmente la mia amata tirerebbe pietre, salterebbe sulla schiena del mio avversario, qualsiasi cosa, ma non mi lascerebbe combattere da solo contro questa creatura.

"È il tuo momento, Raul, amore mio." La sua voce è chiara come un bisbiglio nella mia mente.

È davvero un bisbiglio. Proviene dagli auricolari nel cappuccio della dermotuta. Indosso ancora la maledetta tuta sotto l’inutile imbracatura da scalata. Inizio a subvocalizzare una risposta, ma ricordo di essermi collegato al trasmettitore che ho ancora nel taschino, quando ho chiamato la nave dalla vetta del T’ai Shan; se parlo, trasmetto alla nave, non solo a Aenea.

"Mi sposto a sinistra, blocco di nuovo la strada a quella creatura. Ora c’è meno spazio di manovra.

"Stavolta Nemes si muove più velocemente, finta a sinistra e mena un fendente dalla mia destra, muove a manrovescio il braccio destro verso le mie costole.

"Salto indietro, ma la lama mi taglia la carne appena sotto la costola inferiore destra. Mi scanso, ma gli artigli scattano, le unghie della sinistra cercano i miei occhi, mi scanso di nuovo, ma le sue dita mi portano via un brandello di cuoio capelluto. Per un attimo l’aria torna a riempirsi di sangue atomizzato.

"Faccio un passo e muovo il braccio destro di rovescio, colpisco come se impugnassi una mazza. Il mio pugno entra in contatto col lato del suo collo, proprio sotto la linea della mascella destra. Carne sintetica si spiaccica e si lacera. Il metallo e i tubicini interni non si piegano.

"Nemes attacca ancora di rovescio, col braccio e gli artigli della sinistra. Balzo indietro. Il colpo va completamente a vuoto.

"Torno in avanti e le mollo un calcio all’incavo delle ginocchia, con la speranza di farle mancare le gambe. Siamo a otto metri dalla ringhiera fracassata sul margine più lontano della piattaforma. Se riesco a farla rotolare, anche a costo di precipitare con lei…

"È come prendere a calci un montante d’acciaio. La gamba mi diventa insensibile per la forza del calcio, ma Nemes non si muove. Fluidi e carne le colano dall’endoscheletro, ma lei non perde l’appoggio. Pesa di sicuro due volte me.

"Risponde al calcio e mi spezza un paio di costole sul lato sinistro del torace. Sento chiaramente lo schiocco. Mi manca il fiato di colpo, dolorosamente.

"Barcollo all’indietro, mi aspetto quasi di trovare le corde del ring, ma c’è solo la parete di pietra, dura e scivolosa. Batto la schiena contro un chiodo da rocciatore e per un attimo rimango stordito."

Ora so che cosa devo fare.

"Traggo un respiro e credo di respirare fuoco: ripeto in fretta varie volte l’operazione, sempre più dolorosa, mi convinco di poter respirare, cerco di riprendere fiato. Ho avuto fortuna, non penso che le costole rotte mi si siano conficcate nel polmone sinistro.

"Nemes allarga le braccia per impedirmi di scappare e si avvicina.

"Avanzo nel suo orrendo abbraccio, entro nel raggio micidiale del braccio fatto a lama e con i pugni la colpisco ai lati della testa, ci metto tutta la mia forza. Le sue orecchie si spiaccicano, stavolta a riempire l’aria è un liquido giallastro, ma sotto la carne illividita sento il solido permacciaio del cranio. Le mani mi rimbalzano. Barcollo all’indietro e per un momento ho mani e braccia inutilizzabili.

"Nemes spicca un salto.

"Appoggio la schiena alla roccia, alzo le gambe, la prendo in pieno petto mentre scende e la spingo via, con tutta la forza che mi resta in corpo.

"Mentre vola all’indietro, Nemes mena un fendente, mi taglia una parte dell’imbracatura, gran parte del giubbotto e della dermotuta, il muscolo sopra il torace."

Non ha tagliato il cavetto della ricetrasmittente. Bene.

"Fa una capriola all’indietro e atterra in piedi, ancora a cinque metri dal margine."

Non ho modo di spingerla sul margine della piattaforma e farla cadere. Lei non giocherà di sicuro la partita secondo le mie regole.

"Mi precipito contro di lei, a pugni alzati.

"Nemes porta su la sinistra, dita piegate a mezzo, in un rapido colpo che dovrebbe sventrarmi. Mi fermo a qualche millimetro da quel colpo micidiale e mentre lei tira indietro il braccio destro, preparandosi a tagliarmi in due, faccio perno sul piede, ruoto su me stesso e con un calcio la centro in pieno petto.

"Nemes si lascia scappare un grugnito e cerca di azzannarmi la gamba: le sue mascelle avanzano e si chiudono di scatto come quelle di un cane. I denti mi strappano il tacco e la suola dello stivale, ma mancano la carne.

"Riprendo l’equilibrio, mi tuffo di nuovo e con la sinistra le afferro il polso destro per evitare che il suo braccio usato come falce mi scarnifichi la spina dorsale. L’afferro per i capelli. Lei tenta di azzannarmi il viso: ho proprio davanti agli occhi le file di denti e l’aria fra noi è piena di saliva giallastra o del suo equivalente del sangue. Le piego all’indietro la testa e intanto giriamo su noi stessi, due violenti ballerini che fanno forza l’uno contro l’altra; ma i suoi capelli lisci e corti sono scivolosi per il mio sangue e per il suo lubrificante; le mie dita perdono la presa.