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— Anche in questo modo, però, s’impiegherebbe moltissimo tempo — obiettai. — Diecimila anni per raggiungere la stella più vicina, che dista alcuni anni luce…

— Quattro.

— E la galassia stessa…

— Misura centomila anni luce di diametro. Sì, sarebbe un processo lento. La migrazione attraverso la galassia sarebbe simile all’espansione di molecole di gas nel vuoto, almeno dapprincipio. Ma poi le colonie inizierebbero a interagire fra loro. Capisci? Si formerebbero imperi stellari, e gruppi che si opporrebbero agli imperi. La colonizzazione rallenterebbe ulteriormente, ma procederebbe inesorabilmente. Per mezzo delle tecniche che ti ho appena descritto, occorrerebbero decine di milioni di anni per completare la colonizzazione della galassia, tuttavia sarebbe possibile. E dato che invece sarebbe impossibile richiamare o riprogrammare le sonde meccaniche, una volta lanciate, il progetto verrebbe realizzato. Anzi, deve essere realizzato, ormai, cinquanta milioni di anni dopo la fondazione di Prima Londra. Credo che i Costruttori delle prime generazioni fossero creati con una coscienza munita di restrizioni antropocentriche: dopotutto, avevano lo scopo di servire l’umanità. Però non erano semplici macchine: erano entità coscienti. E diffondendosi nella galassia, esplorando mondi che l’umanità non aveva mai neppure sognato, e riprogettando se stessi, non tardarono a superare di gran lunga la scienza e la civiltà umane, liberandosi così dai vincoli imposti dai loro creatori: insomma, le macchine conquistarono la libertà.

— Accidenti! — commentai. — Non riesco a immaginare i militari di quell’epoca lontana che accettano tranquillamente quest’idea!

— Infatti, vi furono guerre. A questo proposito, le informazioni sono frammentarie. Comunque, non potevano che essere le macchine a vincere.

— E l’umanità? Come l’ha presa?

— In parte bene, in parte male. — Nebogipfel fece una smorfia, roteando gli occhi. — Tu che cosa ne pensi? Anche nella tua epoca, l’umanità è sempre stata multiforme e divisa, con una molteplicità di scopi diversi: immagina quale grado doveva avere raggiunto tale diversificazione quando essa era ormai diffusa in cento, mille sistemi stellari. Anche i Costruttori si divisero rapidamente. In quanto specie, a causa della loro natura fisica, sono più uniti di quanto l’umanità sia mai stata, però, in virtù del sistema d’informazioni di gran lunga più vasto a cui hanno accesso, i loro scopi sono molto più vari e più complessi.

Nonostante tutti questi conflitti, la conquista delle stelle era lentamente continuata, e il lancio delle prime navi stellari aveva provocato la più grande deviazione dalla storia originale da cui provenivo, alla quale avessimo assistito.

— I tuoi amici della Nuova Umanità — spiegò Nebogipfel — hanno cambiato completamente il mondo, persino a livello geologico e cosmico. Mi chiedo se tu possa capire…

— Che cosa?

— Mi chiedo se tu possa capire, davvero, il significato di un milione di anni, o di dieci milioni, o di cinquanta…

— Be’, dovrei, visto che ho viaggiato insieme a te attraverso tali periodi, fino al paleocene e ritorno.

— Ma allora abbiamo viaggiato attraverso una storia priva d’intelligenza. Ascolta… Ti ho parlato della migrazione interstellare… Se la mente ha la possibilità di agire su scala tanto vasta…

— Ho visto quali possono essere le conseguenze per la Terra.

— Ma si tratta di ben più che di un singolo pianeta! L’azione paziente e pervasiva della mente può minare persino il tessuto stesso dell’universo — sussurrò Nebogipfel — se dispone di tempo sufficiente per esplicarsi… Persino noi eravamo il risultato di solo mezzo milione di anni di evoluzione dall’epoca degli antropoidi delle pianure africane, eppure abbiamo imbrigliato una stella… Guarda il cielo! Dove sono le stelle? Se ne vedono pochissime a occhio nudo. E ricorda che siamo intorno al 1891: non possono esservi ragioni cosmologiche per l’estinzione delle stelle, rispetto al firmamento che hai conosciuto nella tua epoca. Con i miei occhi, abituati al buio, vedo un po’ meglio di te, e ti assicuro che scorgo, lassù, una serie di puntini di un colore rosso spento: si tratta di radiazione infrarossa, di calore.

Allora capii, e la comprensione mi colpì fisicamente, come una percossa: — È vero! La tua ipotesi sulla conquista della galassia… È tutto vero! la prova è visibile nel cielo! Quasi tutte le stelle debbono essere racchiuse da gusci artificiali come la vostra Sfera! — Fissai il firmamento vacuo. — Buon Dio… Nebogipfel… L’umanità, e le sue macchine, hanno cambiato l’universo stesso!

— Era inevitabile che si arrivasse a questo, una volto lanciato il primo Costruttore. Capisci?

Soggiogato dal timore reverenziale, continuai a fissare il cielo buio. Non era tanto il mutamento che esso aveva subito, a sbalordirmi, quanto la consapevolezza che tutto ciò, tutto, sino ai confini estremi della galassia, era stato provocato dall’interferenza della mia macchina del tempo, che aveva sconvolto la storia!

— Vedo che l’umanità ha abbandonato la Terra, dove non poteva più sopravvivere. Ma da qualche parte… — gesticolai. — Da qualche parte, sparsi fra le stelle, debbono esistere ancora gli uomini e le donne!

— No — replicò Nebogipfel. — Ricorda che i Costruttori vedono ovunque e sanno tutto. E io, nel Mare d’Informazioni, non ho trovato alcuna traccia di persone simili a te. Certo, si possono trovare, qua e là, esseri biologici che discendono dall’umanità, ma a loro volta sono diversi da te quanto lo sono io. E tu considereresti me un uomo? Inoltre, si tratta di forme biologiche molto degenerate…

— Non esiste più nessuna vera persona?

— Vi sono discendenti dell’umanità ovunque. Però non troverai da nessuna parte alcun essere che sia imparentato con te più strettamente di una balena, per esempio, o di un elefante…

Allora citai una frase di Charles Darwin, come la ricordavo: — “A giudicare dal passato, possiamo dedurre con certezza che nessuna specie vivente trasmetterà inalterata la sua forma nel futuro remoto”…

Gentilmente, Nebogipfel commentò: — Darwin aveva ragione.

È difficile accettare di essere l’unico esemplare della propria specie in tutta la galassia. Tacqui, continuando a fissare le stelle nascoste. Mi chiesi se ciascuno di quei globi immensi fosse tanto densamente popolato quanto la Sfera dei Morlock. La mia immaginazione fertile incominciò a popolare i giganteschi mondi artificiali di discendenti dell’umanità, e di uomini pesce, di uomini uccello, di uomini del fuoco e del ghiaccio… Mi chiesi quale racconto avrebbe potuto narrare al suo ritorno un Gulliver immortale che fosse riuscito a viaggiare da un pianeta all’altro, visitando tutte le diverse progenie dell’umanità.

— A lungo andare, come accade a tutte le specie biologiche — aggiunse Nebogipfel — l’umanità si è estinta: era il suo destino. I Costruttori, invece, non possono estinguersi. Capisci? Nel loro caso, l’essenza della specie non è la forma, biologica o meno, bensì l’insieme delle informazioni che la specie stessa ha raccolto e archiviato. E tale insieme è immortale. Una volta affidatasi a simili figli metallici, macchine e informazioni, una specie non può morire. Capisci?

Mi volsi alla finestra per guardare la Terra Bianca, e capii, certo: compresi tutto, e fin troppo bene!

L’umanità aveva lanciato quegli operai meccanici fra le stelle, a scoprire nuovi mondi e a fondare colonie. Immaginai le grandi navi luminose che si staccavano dalla Terra, divenuta ormai troppo piccola, e che si allontanavano scintillando nel cielo, rimpicciolendo sempre più, fino a essere inghiottite dall’azzurro… E immaginai un milione di storie perdute in cui l’umanità si era adattata a gravitazioni strane, ad atmosfere rarefatte e insolite, a tutte le condizioni ardue di sopravvivenza nello spazio…