In tutta la Sfera, milioni di vite umane venivano cancellate in guerre che per me erano tanto remote e insensate quanto gli affreschi di una cattedrale. Si sarebbe potuto pensare che gli abitanti della Sfera, che abbracciava un milione d’isole-mondi, condividessero la mia stessa prospettiva e rinunciassero alle loro piccole ambizioni meschine. Tutt’altro! Gli istinti umani più bassi dominavano ancora, persino nell’anno 657.208. Là, nella Sfera, neppure il monito quotidiano di centinaia di migliaia di guerre che venivano combattute ovunque bastava a indurre gli uomini a comprenderne la futilità e la crudeltà.
Per contrasto, pensai a Nebogipfel e al suo popolo, alla loro società razionale. Niente finzioni in proposito: provavo ancora una certa repulsione al pensiero dei Morlock e delle loro pratiche innaturali; tuttavia mi rendevo conto che tale repulsione derivava dai miei pregiudizi primitivi, oltre che dalle mie sfortunate esperienze nel mondo di Weena, del tutto irrilevanti per esprimere un giudizio su Nebogipfel.
Poiché non mi mancava tempo per meditare, formulai un’ipotesi sulla scomparsa della differenziazione sessuale fra i Morlock. Considerai il modo in cui si creano vincoli di solidarietà fra gli individui. Innanzitutto, un uomo deve battersi per difendere se stesso e i propri figli. In secondo luogo deve difendere i fratelli, ma forse questo istinto è meno forte, giacché il patrimonio genetico comune dev’essere diviso. In terzo luogo, deve difendere i nipoti e i parenti più lontani, a cui è vincolato da legami istintuali più deboli.
Così è possibile prevedere, con deprimente attendibilità, come si formano e come operano i vincoli di solidarietà: soltanto con una simile gerarchia di alleanze, in un mondo di penuria e d’instabilità, è possibile tramandare il proprio patrimonio genetico alle generazioni future.
Fra i Morlock, invece, la trasmissione del patrimonio genetico era assicurata, non tramite l’individuo o la famiglia, bensì tramite la grande risorsa comune che era la Sfera. Dunque la differenziazione sessuale era diventata superflua, forse persino dannosa, ai fini di un’evoluzione ordinata.
Ripensai con ironia all’ipotesi sulla scomparsa della differenziazione sessuale in un mondo di pace e prosperità, che in precedenza avevo applicato ai raffinati e decadenti Eloi, perché adesso capivo che, in questa versione di storia, erano stati i loro cugini degeneri, i Morlock, a raggiungere quella meta lontana.
Meditando su tutto ciò, in pochi giorni presi una decisione sul mio futuro.
Non potevo rimanere nell’Interno. Dopo aver osservato il mondo dalla prospettiva semidivina che Nebogipfel mi aveva rivelato, non avrei sopportato di dedicare la mia vita e le mie energie a uno qualsiasi degli insignificanti conflitti che martoriavano quelle pianure sconfinate. D’altronde, non avrei potuto restare con Nebogipfel e con i Morlock: non ero un Morlock, e le mie necessità umane mi avrebbero impedito di adattarmi al loro modo di vita.
Inoltre, come ho già detto, mi tormentava il pensiero che da qualche parte esistesse ancora la macchina del tempo, capace di cambiare la storia.
Dopo aver formulato un piano per risolvere tutti questi problemi, convocai Nebogipfel.
— Quando la Sfera venne costruita, si verificò uno scisma — spiegò Nebogipfel. — Chi desiderava vivere come aveva sempre vissuto si stabilì nell’Interno. Chi desiderava liberarsi dall’antico dominio della genetica…
— Divenne Morlock. Ecco perché le guerre, eterne e insignificanti, spazzano come tempeste la superficie sconfinata dell’Interno.
— Esatto.
— Dimmi, Nebogipfel… La Sfera ha forse lo scopo di fornire a questi quasi umani, a questi Nuovi Eloi, lo spazio per combattere le loro guerre senza annientare l’umanità?
— No, naturalmente no. — Il modo in cui Nebogipfel si ombreggiava con il parasole non mi sembrava più comico, bensì pieno di dignità. — La Sfera ha lo scopo di consentire ai Morlock, come tu ci chiami, di disporre dell’energia di una stella per l’acquisizione della conoscenza. — Batté le grandi palpebre. — Quale scopo possono mai avere, infatti, gli esseri intelligenti, se non quello di raccogliere e di conservare tutte le conoscenze disponibili?
La Memoria meccanica della Sfera, mi spiegò Nebogipfel, era una sorta di gigantesca Biblioteca in cui era conservata la saggezza accumulata dalla specie nel corso di mezzo milione di anni. Il paziente lavoro dei Morlock, a cui avevo assistito, era dedicato in gran parte a raccogliere nuove informazioni, oppure a classificare e a interpretare le conoscenze già archiviate.
I Nuovi Morlock erano dunque una specie di studiosi, e tutta l’energia del sole veniva utilizzata per il paziente sviluppo collettivo della grande Biblioteca.
— Capisco tutto questo, o almeno, ne capisco la ragione — risposi, lisciandomi la barba. — Suppongo che non ci sia molta differenza dall’impulso che ha sempre dominato la mia vita. Ma non avete timore che un giorno questa ricerca possa finire? Che cosa farete, per esempio, quando avrete perfezionato la matematica e quando avrete dimostrato la teoria definitiva dell’universo fisico?
Con un altro gesto che aveva imparato da me, Nebogipfel scosse la testa: — Questo non è possibile. Il primo a dimostrarlo fu un tuo contemporaneo: Kurt Gödel.
— Chi?
— Kurt Gödel, un matematico nato una decina d’anni dopo la tua partenza…
Mentre Nebogipfel dimostrava ancora una volta la sua profonda conoscenza della mia epoca, scoprii con sorpresa che quel Gödel aveva dimostrato, negli anni Trenta del ventesimo secolo, che la matematica era inesauribile, e che anzi poteva essere arricchita in eterno assimilando nuovi assiomi, veri o falsi che si dimostrassero.
— Mi fa male la testa solo a pensarci! Posso immaginare l’accoglienza che ricevette quel povero Gödel quando annunciò al mondo la sua scoperta: il mio vecchio professore di algebra l’avrebbe cacciato dall’aula!
— Gödel dimostrò che la nostra ricerca di sapere e conoscenza non può mai avere fine.
— Vi ha fornito uno scopo inesauribile — risposi. Finalmente capii che i Morlock, come monaci pazienti, lavoravano instancabilmente per indagare il funzionamento dell’universo.
Alla Fine del Tempo, la grande Sfera che avvolgeva il sole, con la sua Mente meccanica e i suoi pazienti servi Morlock, sarebbe diventata una sorta di divinità.
Personalmente, concordavo con Nebogipfeclass="underline" non poteva esistere scopo più elevato per una specie intelligente.
Allora cominciai il discorso che avevo accuratamente preparato: — Voglio tornare sulla Terra, Nebogipfel. Lavorerò con te alla macchina del tempo.
Il Morlock reclinò la testa: — Ne sono lieto. Il contributo delle tue conoscenze sarà immensamente prezioso.
Discutemmo la proposta, ma non fu necessaria una particolare opera di persuasione da parte mia, perché Nebogipfel non m’interrogò, né mi parve insospettito.
Così mi dedicai ai preparativi per abbandonare quell’insulsa prateria, e intanto rimasi assorto nelle mie meditazioni.
Sapevo che Nebogipfel, ansioso di acquisire la tecnica del viaggio temporale, avrebbe accettato la mia proposta, tuttavia alla luce della mia nuova sensibilità per la dignità dei Nuovi Morlock, mi turbava l’idea di dovergli mentire.
Volevo davvero tornare sulla Terra con Nebogipfel, però non avevo nessuna intenzione di rimanervi: non appena mi fossi nuovamente impadronito della macchina del tempo, l’avrei subito usata per fuggire nel passato.
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Come attraversai lo spazio interplanetario