Выбрать главу

Probabilmente ero stanco: non ricordavo neppure quante ore fossero trascorse dall’ultima volta che avevo dormito. Tuttavia, procedendo nel racconto, m’infervorai sempre più, fissando il volto rotondo e sincero di Mosè alla luce delle candele.

All’inizio, avvertii la presenza di Nebogipfel, che per tutto il tempo rimase seduto in silenzio. Ogni tanto, soprattutto durante la mia descrizione dei Morlock, Mosè gli lanciava uno sguardo per avere conferma di alcuni dettagli. Dopo qualche tempo, però, decise di ignorarlo, e concentrò la sua attenzione esclusivamente su di me.

6

Persuasione e scetticismo

Quando terminai il mio resoconto, il primo chiarore dell’alba estiva filtrava già nella stanza.

Seduto con aria meditabonda, Mosè continuò a scrutarmi per un poco, poi come per rompere un incantesimo finalmente disse: — Bene, bene… — Si alzò per sgranchirsi e scostò le tende alle finestre, rivelando il cielo nuvoloso che si stava rischiarando. — È un racconto davvero interessante…

— È molto di più — ribattei, con voce rauca. — Non capisci? Durante il mio secondo viaggio nel futuro, ho visitato un’altra storia. La macchina del tempo è una distruttrice della storia, un’annientatrice di mondi e di specie. Capisci perché non deve essere costruita?

Allora Mosè si volse a Nebogipfeclass="underline"  — Se davvero sei un uomo del futuro, che cos’hai da dire, in proposito?

Benché la sua sedia fosse ancora in ombra, Nebogipfel si proteggeva già dalla luce che si diffondeva nella stanza: — Non sono un uomo — rispose, con la sua voce fredda e tranquilla, — però provengo da un futuro, tra un’infinità di varianti possibili. Sembra vero, e di sicuro è razionalmente possibile, che la macchina del tempo possa cambiare il corso della storia, generando così nuove e diverse serie di eventi. In realtà, il principio stesso del suo funzionamento sembra fondarsi sulla sua capacità di estendersi in un’altra storia parallela, mediante le proprietà della plattnerite.

Il profilo di Mosè si stagliava sullo sfondo della finestra illuminata dal sole nascente: — E dovrei abbandonare le mie ricerche soltanto sulla base di asserzioni non confermate…?

— Non confermate?! Credo di meritare un po’ più di rispetto — interruppi, con collera crescente. — Dopotutto, io sono te! Quanto sei ostinato! Ti ho portato un uomo del futuro… quale altra dimostrazione vuoi?

— Ascolta… — Mosè scosse la testa. — Sono stanco… Ho trascorso la notte in bianco, e tutto il brandy che ho bevuto non aumenta di certo la mia lucidità. E anche a voi due non guasterebbe un po’ di riposo, a giudicare dal vostro aspetto. Vi accompagno alle camere per gli ospiti…

— Conosco la strada — dichiarai in tono gelido.

Di buon grado, Mosè acconsentì: — Dirò alla signora Penforth di servirvi la colazione. O meglio… — Lanciò un’occhiata a Nebogipfel. — Forse la farò servire qui. Venite… il destino della specie può attendere ancora qualche ora.

Il mio sonno fu insolitamente profondo. Fu Mosè a svegliarmi, quando venne a portare una brocca d’acqua calda.

Dopo le mie avventure nel tempo, i miei vestiti, piegati sopra una sedia, ormai non erano più molto adatti per essere indossati. Chiesi perciò: — Potresti prestarmi qualche indumento?

— Posso prestarti una giacca da camera, se vuoi. Mi dispiace, vecchio mio, ma credo che nessuno dei miei abiti sia della tua misura!

La sua arroganza mi fece arrabbiare: — Un giorno anche tu invecchierai, e allora spero che ricorderai… oh, non importa!

— Ascolta… Farò spazzolare e rammendare i tuoi vestiti. Scendi, appena sei pronto.

In sala da pranzo, dove la colazione era stata servita a buffet, trovai Mosè e Nebogipfel. I colori variopinti degli abiti di Mosè, gli stessi del giorno prima — o almeno copie identiche — risultavano ancora più sgargianti alla luce del mattino. In paziente attesa accanto al buffet, Nebogipfel era comico nel suo abbigliamento, a partire dal berretto, per arrivare alla vecchia giacca e a un paio di calzoni corti, fino ai grandi occhiali rotondi sul volto villoso.

— Ho ordinato alla signora Penforth di non entrare qui — spiegò Mosè. — Quanto a Nebogipfel, mi sembrava che la tua giacca, che adesso è appesa allo schienale di quella sedia, non gli bastasse. Così ho recuperato una mia vecchia uniforme studentesca, vale a dire l’unico completo che gli si adattasse: puzza di naftalina, però mi sembra più a suo agio. E adesso… — Si avvicinò al Morlock. — Lascia che ti aiuti… che cosa preferisci? Come vedi, abbiamo bacon, uova, pane tostato, salsicce…

Nel suo accento pacato e alieno, Nebogipfel chiese spiegazioni sull’origine del cibo, e Mosè lo accontentò in maniera molto vivace: per esempio, prese con la forchetta una fetta di bacon e descrisse il maiale.

Terminata la spiegazione, Nebogipfel prese una mela e un bicchier d’acqua, quindi si ritirò nell’angolo più buio della stanza.

Quanto a me, dopo essermi nutrito per tanto tempo con i cibi insipidi dei Morlock, non avrei potuto gustare maggiormente la colazione se avessi saputo che sarebbe stato il mio ultimo pasto nel diciannovesimo secolo.

Consumata la colazione, Mosè ci condusse nella sala da fumo. Ancora una volta, Nebogipfel si accomodò nell’angolo più buio. Mosè e io, invece, occupammo poltrone opposte.

Mentre Mosè prendeva di tasca la pipa e il tabacco, la caricava e l’accendeva, l’osservai ribollendo d’impazienza: la sua calma mi esasperava. Finalmente, chiesi: — Non hai niente da dire? Ti ho portato un avvertimento tenibile dal futuro, anzi, da due futuri diversi…

— Sì, mi hai fatto un racconto drammatico; però… — Mosè compresse il tabacco nella pipa. — Non sono ancora certo che…

— Non sei certo?! — gridai, balzando in piedi. — Di quale altra prova hai bisogno, per persuaderti?

— Mi sembra che il tuo ragionamento abbia qualche punto debole. Suvvia… siediti…

Sentendomi fiacco, seguii il suggerimento: — Quali punti deboli?

— Allora, tu sostieni che siamo la stessa persona… è così, vero?

— Esatto. Siamo due fette di un’unica entità a quattro dimensioni, tagliate in punti diversi e giustapposte dalla macchina del tempo.

— Benissimo. Ma consideriamo questo aspetto: se tu una volta fossi stato me, allora dovresti condividere i miei ricordi.

— Io…

— Ebbene — riprese Mosè, con una sfumatura di trionfo nella voce — quali ricordi hai dell’imprevista visita notturna di uno sconosciuto piuttosto corpulento, con un compagno dall’aspetto molto strano?

Naturalmente, l’unica risposta possibile mi colmava d’orrore: non avevo nessun ricordo del genere. Sgomento, mi volsi a Nebogipfeclass="underline"  — Come ho fatto a non pensarci? La mia missione è impossibile: lo è sempre stata, fin dall’inizio. È impossibile che io sia riuscito a persuadere il giovane Mosè, perché non ricordo di essere mai stato persuaso quando ero nei suoi panni!

— Quando si tratta della macchina del tempo — replicò Nebogipfel — i concetti di causa e di effetto sono inadeguati.

Con la sua solita e fastidiosa impudenza, Mosè dichiarò: — Ecco un altro enigma da risolvere… supponiamo che io accetti il tuo racconto sui viaggi nel tempo, sui diversi futuri, e così via. E supponiamo che io accetti anche di non costruire la macchina del tempo…

Capii subito dove voleva andare a parare: — Se la macchina del tempo non venisse mai costruita…