— No, no… Mi spieghi con le sue parole…
— Benissimo. — Wallis alzò lo sguardo alla Cupola. — Tanto per cominciare, questa guerra ci ha spogliati di molte delle nostre care illusioni…
— Davvero? — Tale preambolo mi sembrò di cattivo augurio, e infatti i miei timori non tardarono a rivelarsi giustificati.
— In primo luogo, ci ha svelato la fallacia della democrazia. È ormai chiaro che non serve a nulla chiedere alla gente che cosa voglia: bisogna prima capire che cosa dovrebbe volere per la salvaguardia della società, e poi dirle che cosa vuole, e fare in modo che l’ottenga. So che ciò può sembrare strano a un uomo della sua epoca, ma questo è il pensiero moderno. E poco fa, al fonografo, ho sentito il suo famoso amico abbracciare in gran parte il medesimo punto di vista. E anche lui appartiene alla stessa epoca da cui proviene lei, vero? Conosco poco la storia, ma mi sembra che lo stato moderno che stiamo sviluppando in Gran Bretagna e in America, l’organizzazione che intendiamo condividere con il resto del mondo, somigli molto alle repubbliche antiche, come Cartagine, Atene, Roma, che erano essenzialmente aristocratiche. I parlamentari esistono ancora, però non vengono più scelti con un metodo tanto rozzo quanto il suffragio popolare. E l’antiquato istituto dell’opposizione… Be’! A tutto questo abbiamo rinunciato. Senta… Uomini come me e come lei sanno che a proposito della maggior parte dei problemi non possono esistere due opinioni rispettabili e opposte. Esistono soltanto un unico modo corretto e un’infinità di modi sbagliati per fare le cose. Ogni governo tenta di agire nel modo giusto, oppure è criminale: è tutto qui. L’opposizione, in passato, faceva più che altro ostruzionismo per ottenere determinati vantaggi particolari, ostacolando il progresso. Ebbene, il sabotaggio deve cessare. Certi giovani si spingono molto oltre nel concepire il futuro. Per esempio, dicono che la famiglia sta scomparendo. Un tempo, quando la società era prevalentemente agricola, la famiglia ne era l’unità fondamentale: la cellula, per così dire. Ma oggi, nel mondo moderno, sta perdendo la sua specificità, per dissolversi in sistemi di relazione più ampi. Fra i giovani, incluse le donne, il senso della famiglia sta diminuendo enormemente.
Rammentando la capitana Hilary Bond, domandai: — Ma che cosa sostituirà la famiglia?
— Be’, i lineamenti fondamentali non sono ancora chiari, ma i giovani parlano della formazione di nuclei sociali nuovi e diversi. Gli studiosi, gli scrittori, gli oratori, insomma, gli intellettuali, ci guideranno verso un nuovo modo di pensare, verso un’organizzazione sociale nuova e migliore, liberandoci dal tribalismo antico.
— Gli “altopiani”… Davvero… — Non credevo che Wallis fosse tra i fondatori di quella filosofia: era evidente che si limitava a rispecchiare i punti di vista della sua epoca, diffusi dal chiacchiericcio dei creatori di opinione in seno al governo e alla cultura. Comunque, chiesi: — E lei, che cosa pensa di tutto questo?
— Io? — Wallis rise, in tono di autodisapprovazione. — Io sono troppo vecchio per cambiare, e… — La sua voce vacillò. — Non vorrei mai perdere le mie figlie. Nondimeno, non voglio vederle crescere in un mondo… — Accennò alla Cupola, al parco arido, ai soldati. — Come questo! E se ciò significa cambiare la natura umana, allora così sia! E adesso, capisce perché abbiamo bisogno della sua collaborazione? Con un’arma come un VDC, una macchina del tempo, la fondazione dello stato moderno cui ho accennato diverrà, se non semplice, almeno più realizzabile. E se dovessimo fallire…
— Sì?
In prossimità del confine meridionale del parco, dove si trovavano soltanto poche persone, Wallis si fermò: — Si dice — riprese, sottovoce — che i tedeschi stiano costruendo una loro macchina del tempo. E se saranno i primi a riuscirci, se il Reich si procurerà mezzi efficaci per la guerra di dislocamento cronotico…
— Ebbene?
Allora Wallis pronunciò a mio beneficio una breve ma agghiacciante descrizione, evidentemente basata su anni di propaganda, della guerra temporale che sarebbe stata combattuta: i capi militari tedeschi dagli occhi gelidi avrebbero inviato nel nostro nobile passato i loro guerrieri temporali, giovani soldati folli e fanatici, descritti dallo stesso Wallis come bombe semoventi, i quali sarebbero intervenuti ferocemente in cento delle nostre battaglie antiche, come automi seminatori di morte.
— Distruggerebbero l’Inghilterra, strangolandola nella culla. Ecco ciò che dobbiamo impedire — concluse Wallis. — Capisce, vero?
Del tutto incapace di rispondere, scrutai il volto assorto e fervido dello scienziato.
Dopo avermi ricondotto alla casa in Queen’s Gate Terrace, Wallis dichiarò: — Non voglio forzarla a decidere di collaborare con me, vecchio mio. Capisco quanto tutto ciò debba essere difficile per lei: dopotutto, è la nostra guerra. Però il tempo stringe. D’altronde, che cosa significa il “tempo” in queste circostanze?
Ritornato nella sala da fumo, dov’erano riuniti i miei compagni, accettai il bicchiere di whisky con acqua che Filby mi offrì, poi mi gettai sopra una sedia. — Si soffoca, là fuori, con quella dannata Cupola — commentai. — Sembra la Birmania! È una strana sensazione… è buio pesto, benché sia soltanto ora di pranzo.
Sollevando lo sguardo dal libro che stava leggendo, Mosè citò: — “L’esperienza concerne l’intensità, non la durata.” — Quindi sorrise. — Non sarebbe un epitaffio perfetto per un viaggiatore temporale? L’intensità: ecco ciò che conta.
— Chi è l’autore?
— Thomas Hardy. Non era quasi un tuo contemporaneo?
— Non ho mai letto le sue opere.
— Be’, ormai è morto… — Mosè guardò la data della prefazione. — 1928… — E chiuse il libro. — Che cos’hai saputo da Wallis?
Dopo avere riassunto la mia conversazione con lo scienziato, conclusi: — Sono lieto di essermi sbarazzato di lui e di tutta quella farragine di propaganda e di rozza politica, per non parlare della confusione assoluta sulla causalità, e così via.
I discorsi di Wallis avevano aggravato la depressione che mi affliggeva da quando ero giunto nel 1938. Ho l’impressione che nel cuore umano esista un conflitto fondamentale. Giacché meglio di chiunque altro sono stato testimone dell’azione spietata delle correnti evolutive che pulsano nell’umanità, risalenti alle epoche primordiali, credo che l’uomo sia dominato dalle forze della propria natura. Eppure, i giovani inglesi e americani, intelligenti ma induriti dalla guerra, erano decisi a pianificare, a controllare, a lottare contro la natura, a collocare se stessi e i loro simili in una sorta di stasi: un’utopia raggelata.
Sapevo che, se fossi stato un cittadino del nuovo stato moderno che intendevano fondare, non avrei tardato a diventare uno degli spiriti contestatori che si sarebbero dibattuti nella sua morsa tanto benevola quanto spietata.
Tuttavia mi chiesi, nel profondo del cuore, fino a che punto avrei condiviso il parere di Wallis sullo stato moderno dominatore e pianificatore, prima che le esperienze di viaggio temporale mi aprissero gli occhi sui limiti dell’umanità.
— Fra l’altro — ripresi — mi sono imbattuto in un tuo vecchio amico, Nebogipfeclass="underline" Kurt Gödel.
Lasciandosi sfuggire una strana parola gorgogliante nella sua lingua, Nebogipfel si girò di scatto sulla sedia e si alzò, con un movimento rapido e fluido che lo fece sembrare più animale che umano. In quel momento, Filby impallidì, e Mosè rinserrò la presa sul libro che aveva in mano.
— Gödel… È qui?
— Sì, si trova nella Cupola. In verità, lavora a meno di un quarto di miglio da qui, all’Imperial College. — Ciò detto, descrissi il notiziario della chiacchieratrice in cui era comparso il famoso matematico.