Quanto a me, che di natura non sono affatto pigro, mi stancai, dopo un paio di giorni, di rimanere ozioso nell’accampamento, dove l’attività ferveva. Chiesi di partecipare alla missione, e potei rendermi utile comunicando ai soldati ciò che avevo dolorosamente imparato sulla flora, sulla fauna e sulla geografia locali. Inoltre, i malati erano parecchi, perché i soldati non erano più immuni ai germi paleocenici di quanto lo fossi stato io, quindi assistetti l’unico medico dell’accampamento: un naik alquanto giovane e perennemente esausto, aggregato al Nono Fucilieri Gurkha.
Dopo il giorno del nostro incontro, frequentai poco Gibson. Con suo sommo scontento, il comandante era assillato ogni giorno dai dettagli delle operazioni del corpo di spedizione, nonché da un grave fardello burocratico di moduli, di registri e di rapporti da compilare, per giunta a beneficio di una Whitehall che sarebbe esistita soltanto dopo cinquanta milioni di anni. Ebbi l’impressione che la missione temporale irritasse e spazientisse Gibson, il quale, molto probabilmente, sarebbe stato più felice di tornare a compiere incursioni aeree sulla Germania, come quelle che mi aveva descritto con chiarezza sconvolgente. Invece, Hilary Bond, che era impegnata soprattutto allorché i grandi corazzati temporali si aprivano la strada attraverso i secoli, non mancava di tempo libero, quindi poté dedicarsi come ospite a me e a Nebogipfel.
Un giorno, mentre passeggiava con me lungo il margine della foresta, vicino alla spiaggia, nel folto sottobosco, con andatura zoppicante, ma risoluta e vigorosa, Bond mi narrò come si era svolta la guerra dopo il 1938.
— Credevo che la distruzione delle Cupole avesse posto fine al conflitto — dichiarai. — Non capite… Voglio dire, che cosa resta per cui combattere, dopo quello che accadde?
— Intende dire che la guerra avrebbe dovuto concludersi così? Oh, no! Il bombardamento ha posto fine temporaneamente alla vita cittadina, e la popolazione ha sofferto molto, però esistono ancora i Bunker, dove si trovano i nostri organi di governo e gran parte delle nostre industrie. Direi proprio che non è un gran secolo per le città…
Ricordando la campagna primitiva che avevo visto intorno a Londra, cercai d’immaginare come fosse vivere sempre in un rifugio sotterraneo: bambini dagli occhi vacui che giocavano nelle gallerie buie, una popolazione che il terrore aveva ridotto alla servitù e alla barbarie…
— E che cosa è successo al fronte? — chiesi. — L’assedio all’Europa…
— Be’ — Bond scrollò le spalle — le chiacchieratrici parlano parecchio di grandi avanzate qua e là: “ancora un ultimo sforzo”, e discorsi di questo genere. — E abbassò la voce. — Tuttavia, e non credo che abbia grande importanza discuterne qui, gli aviatori vedono parecchio dell’Europa, anche se volano di notte, alla luce dei bombardamenti, e le voci si diffondono… Ebbene, io personalmente credo che le trincee fangose non si siano spostate di un centimetro dal 1935. Siamo in stallo: ecco qual è la situazione.
— Non riesco proprio a immaginare per quale scopo stiate combattendo. Tutti i paesi sono devastati, prostrati industrialmente ed economicamente. Di sicuro, nessuno è più in grado di costituire una grave minaccia per gli altri, e nessuno può più avere risorse che valga la pena conquistare.
— Forse questo è vero — concesse Bond. — Credo che, una volta finita la guerra, la Gran Bretagna avrà soltanto le forze per ricostruire il paese: per parecchio tempo non potremo più dedicarci a nessuna conquista. E dato che si trova più o meno nella nostra stessa situazione, Berlino deve avere un punto di vista molto simile.
— Allora perché continuare a combattere?
— Perché non possiamo permetterci di smettere. — L’abbronzatura sviluppata nelle profondità temporali del paleocene non riusciva a nascondere le tracce dell’antico, stanco pallore di Bond. — Riceviamo rapporti d’ogni genere. Talvolta si tratta soltanto di voci, ma in alcuni casi, come ho sentito dire, si tratta di notizie fondate, a proposito di certi progressi tecnici dei tedeschi…
— Progressi tecnici? Armi, vorrà dire.
In silenzio, ci allontanammo dalla foresta per scendere al mare, nell’aria calda che scottava la pelle, e lasciammo che le onde ci lambissero gli stivali.
Intanto, immaginai l’Europa del 1944: le città demolite, milioni di uomini e di donne che, dall’Olanda alle Alpi, tentavano d’infliggersi a vicenda danni irreparabili… Nella tranquillità tropicale, sembrava tutto assurdo: un incubo suscitato da una febbre!
— Ma che cosa potete sperare d’inventare — ripresi — che sia in grado di produrre danni più gravi di quelli che avete già arrecato?
— Si parla di bombe di nuovo tipo, più potenti di qualunque altra sia mai esistita: bombe, si dice, che contengono il carolinum.
Ricordai i progetti di quel genere di cui mi aveva parlato Wallis nel 1938.
— E naturalmente — aggiunse Bond — c’è sempre la guerra di dislocamento cronotico. Capisce? Non possiamo smettere di combattere, perché ciò significherebbe lasciare ai tedeschi il monopolio di tali armi. — La sua voce assunse un tono di disperazione pacata: — Riesce a capire, vero? Ecco perché c’è stata la corsa alla costruzione delle pile atomiche e alla produzione di carolinum, in modo da procurare altra plattnerite. Ed ecco perché sono state investite tante risorse nella fabbricazione dei corazzati temporali.
— E tutto ciò allo scopo di precedere i tedeschi nel passato, e di aggredire loro prima che loro aggrediscano voi?
La capitana protese il mento in atteggiamento di sfida: — O per riparare ai danni che infliggono. Questo potrebbe essere un altro punto di vista.
A differenza di quanto avrebbe forse fatto Nebogipfel, non discussi della vanità fondamentale dell’impresa, giacché era evidente che i filosofi del 1944 non erano ancora giunti a comprendere la molteplicità della storia, come avevo potuto fare io grazie agli insegnamenti del Morlock.
— Però il passato è vasto — protestai comunque. — Siete venuti a cercare noi… Ma come sapevate che eravamo finiti in quest’epoca? E come avete potuto individuare la nostra ubicazione con esattezza, anziché con un’approssimazione di un milione di anni?
— Disponevamo di alcuni indizi.
— Che genere d’indizi? Si riferisce forse alle tracce lasciate all’Imperial College?
— In parte. Ma disponevamo anche d’indizi archeologici.
— Archeologici?
Scherzosamente, Bond mi guardò: — Senta… Non sono certa che voglia sapere…
Naturalmente, ciò fece divampare la mia curiosità, perciò insistetti affinché la capitana parlasse.
— Benissimo. Gli scienziati, naturalmente, sapevano da quale zona eravate partiti per il passato, ossia dall’Imperial College, quindi hanno compiuto una ricerca archeologica sistematica, scavando…
— Accidenti! Cercavate i miei resti fossili!
— E quelli di Nebogipfel. Si pensò che se si fossero trovate anomalie, come ossa o attrezzi, sarebbe stato possibile, in base allo strato geologico, individuare l’epoca con precisione sufficiente…
— E avete trovato qualcosa? Di nuovo, Bond tacque.
Fui costretto a insistere affinché rispondesse: — Hilary…