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Nel frattempo, ciò che avvenne intorno a noi non fu altrettanto spettacolare. Prima Londra cessò di svilupparsi: mi parve persino che fosse stata abbandonata. Alcuni edifici sopravvissero tanto a lungo da sembrarci solidi, anche se bui, bassi e brutti, mentre altri crollavano in rovina senza essere sostituiti. Tale processo si manifestò come la comparsa improvvisa e violenta di brecce nel profilo multiforme della città. L’aria diventò più densa, il mare paziente divenne di un grigio più scialbo. Mi chiesi se la Terra inquinata fosse stata finalmente abbandonata, a beneficio delle stelle, o forse di rifugi più gradevoli nel sottosuolo.

Quando gli ebbi espresso tale ipotesi, Nebogipfel rispose: — È possibile… Tuttavia devi tenere conto che è già trascorso più di un milione di anni dalla fondazione della colonia originale da parte di Hilary Bond e del suo gruppo. La distanza evolutiva che ti separa dalla Nuova Umanità di questa epoca è superiore a quella che ti separa da me. Dunque non possiamo fare altro che pure e semplici congetture sui modi di vivere delle razze che abitano questo pianeta, sui loro scopi, e persino sulla loro biologia.

— Sì — convenni, lentamente. — Eppure…

— Che cosa?

— Eppure il sole continua a brillare. Dunque la storia della Nuova Umanità è diversa da quella dei Morlock. Anche se evidentemente possiede macchine spaziali simili alle vostre, la Nuova Umanità non ha alcuna intenzione di racchiudere il sole come avete fatto voi.

— Evidentemente no. — Sollevando una mano pallida, Nebogipfel indicò il cielo. — In verità, le loro intenzioni sembrano di gran lunga più ambiziose…

Mi volsi a guardare nella direzione indicata, scoprendo che la grande Città Orbitale si stava nuovamente trasformando. Lungo l’equatore, in corrispondenza della cintura luminosa, come foglie o frutti da un fusto, spuntavano gusci di forma irregolare, del diametro di migliaia di miglia. Non appena era completamente sviluppato, ogni guscio si staccava dal pianeta, sbocciava come un fiore di fuoco a illuminare la Terra, e svaniva. Dal nostro punto di vista, tale processo di sviluppo, paragonabile a quello che dall’embrione portava all’uccellino in grado di volare, durò un secondo o meno ancora. Di sicuro, però, ogni fioritura bagnò il globo con la sua luce per decenni.

Quello spettacolo sbalorditivo si protrasse per qualche tempo: alcune migliaia di anni, a mio giudizio.

Naturalmente, i gusci erano immense navi spaziali.

— Dunque l’umanità sta lasciando la Terra a bordo di quei grandi vascelli interplanetari… Ma dove credi che sia diretta? Forse verso gli altri pianeti, come Marte, o Giove, o…?

Con le luci delle navi spaziali che guizzavano sulla pelliccia del volto mascherato alzato al cielo, Nebogipfel sedeva, tenendo le mani in grembo: — Per compiere tragitti tanto brevi, non occorre un impiego di energia tanto grandioso quanto quello a cui abbiamo assistito. Con motori simili… Credo che la Nuova Umanità abbia ambizioni maggiori: suppongo che stia abbandonando il sistema solare, come sembra che abbia abbandonato la Terra.

Osservai con timore reverenziale le navi che partivano: — Che specie straordinaria dev’essere, questa Nuova Umanità! Non voglio affatto sminuire voi Morlock, vecchio mio, tuttavia… Quanta differenza di risorse e di ambizioni! Voglio dire, una sfera in tomo al sole è qualcosa di ben diverso che lanciare la propria progenie verso le stelle!

— È vero che le nostre ambizioni erano limitate allo sfruttamento controllato di una singola stella. Ma tutto questo aveva una logica, perché in tal modo si poteva ottenere più spazio vitale per la specie, che non per mezzo di migliaia, o di un milione, di viaggi interstellari.

— Può darsi… Però non era altrettanto spettacolare, vero?

Dopo essersi risistemato la maschera di pelle sul viso, Nebogipfel osservò la Terra devastata intorno a noi: — Forse… A quanto pare, però, la tua Nuova Umanità non si è dimostrata capace di amministrare altrettanto bene una risorsa vasta, ma finita, come il pianeta.

Compresi che il Morlock aveva ragione. Mentre le luci delle fiamme delle navi spaziali illuminavano il mare, continuava la decadenza di ciò che restava di Prima Londra: le rovine parvero liquefarsi e bollire, il mare divenne più grigio e l’aria più sporca. Nel calore sempre più intenso, mi staccai dal petto la camicia, resa aderente dal sudore.

Cambiando posizione sulla panca, Nebogipfel guardò attorno con inquietudine: — credo… Se succederà, sarà molto rapidamente…

— Che cosa?

Il Morlock non rispose.

Il caldo aumentò talmente, che non ricordavo di averne mai sofferto tanto neppure nelle foreste del paleocene. Le rovine della città, sparse sulle spoglie colline marroni, scintillarono, diventando come irreali…

D’improvviso, con un lampo tanto abbacinante da oscurare il sole, la città esplose in fiamme.

21

Instabilità

Quel fuoco che tutto consumava c’inghiottì per un’infinitesimale frazione di secondo. Mentre un calore nuovo e del tutto insopportabile pulsava intorno alla scialuppa temporale, gridai. Misericordiosamente, però, tale calore scemò non appena l’incendio si fu estinto.

In quell’istante di fiamma, la città antica scomparve: Prima Londra fu spazzata dalla faccia della Terra, lasciando soltanto qualche mucchio di cenere e di mattoni fusi, nonché alcuni sparsi tracciati di fondamenta. Ancora una volta il suolo spoglio fu colonizzato dagli alacri processi vitali: lentamente la vegetazione scivolò sulle colline e sulla pianura, e gli alberi bassi sussultarono nel ciclo della crescita al bordo del mare. Tuttavia l’avanzare di questa nuova ondata di vita fu lento, e apparentemente destinato a una permanenza stentata: una nebbia grigio perla, infatti, gravava su ogni cosa, offuscando la luminosità paziente della Città Orbitale.

— Dunque Prima Londra è distrutta — commentai, sbalordito. — Credi che sia stata una guerra? Quell’incendio dev’essere durato per decenni, finché non c’è stato più nulla da bruciare.

— Non è stata una guerra — rispose Nebogipfel. — Comunque, credo che sia stata una catastrofe provocata dall’umanità.

In quel momento, assistetti al più strano dei fenomeni. I nuovi alberi sparsi cominciarono a morire, ma non avvizzendo rapidissimamente dinanzi al mio sguardo per effetto dell’accelerazione temporale, come in precedenza era accaduto ai dipterocarps, bensì scoppiando in fiamme, bruciando come fiammiferi giganteschi: in un solo istante scomparvero, una sorta di ustione gigantesca annerì l’erba e i cespugli, permanendo per numerose stagioni, tanto che alla fine l’erba non crebbe più, e il suolo rimase spoglio, fosco.

Nel cielo, le nubi grigio perla si addensarono maggiormente, e gli archi del sole e della luna furono oscurati.

— Credo che quelle nubi lassù siano cenere — congetturai. — È come se la Terra stesse bruciando… Nebogipfel… Che cosa sta succedendo?

— È come temevo. I tuoi dissoluti amici della Nuova Umanità…

— Ebbene?

— Con le loro attività importune e con la loro incuria, hanno distrutto l’equilibrio climatico del pianeta, che consentiva la vita.

Rabbrividii di freddo, perché la temperatura si era abbassata. Era come se il calore abbandonasse il mondo, assorbito in qualche maniera impercettibile. Dapprima accolsi con piacere questo sollievo dal caldo ardente, però il freddo non tardò a diventare sgradevole.