— Vita?!
— Con la vita delle macchine, si è liberi di esplorare altre morfologie, altre forme.
Guardai il Costruttore, inarcando un sopracciglio: — La morfologia della siepe di ligustro, per esempio!
— Inoltre, lui ha potuto riparare te. Ciò ti rende forse meno vivo?
La discussione stava diventando di gran lunga troppo metafisica per me. Cominciai a camminare intorno al Costruttore; — Ma se è vivo e consapevole… È forse una singola persona, oppure è diverse persone? Ha un nome? Ha un’anima?
Di nuovo, Nebogipfel si volse al Costruttore, lasciandosi inserire lo strumento ottico: — Un’anima? Questo è un tuo discendente, come lo sono io, seppure in un corso della storia diverso. Ho un’anima, io? E tu? — Ciò detto, mi ignorò, riprendendo a scrutare nel cuore del Costruttore.
4
La stanza da biliardo
Più tardi, Nebogipfel si unì a me in quella che avevo definito la Stanza da Biliardo.
Mentre Nebogipfel mangiava un piatto di cibo simile a formaggio, sedetti piuttosto mestamente sul bordo del biliardo, a far correre l’unica boccia, che aveva la tendenza a comportarsi in maniera alquanto peculiare. Miravo alla buca che avevo di fronte, spesso la centravo, e quindi dovevo poi girare intorno al biliardo per recuperare la boccia dalla reticella in cui era caduta. Talvolta, invece, si udiva una specie di schiocco al centro della superficie vuota, la boccia eseguiva di scatto una strana rotazione, troppo rapidamente perché l’occhio potesse percepirla, e poi proseguiva fino a destinazione, come avveniva di solito, oppure, in alcuni casi, subiva una deviazione accentuata. Una volta, persino, mi ritornò in mano.
— Hai visto, Nebogipfel? — chiesi. — È stranissimo. Il piano sembra sgombro, eppure, una volta su due, la boccia incontra un ostacolo. — Effettuai alcune dimostrazioni a beneficio del Morlock, il quale mi osservò distrattamente. — Be’, se non altro, sono contento di non giocare una partita. Conosco almeno un paio di persone che sarebbero capaci di venire alle mani, per disguidi del genere. — Stanco di giocherellare oziosamente, posai la boccia al centro del biliardo. — Mi chiedo per quale ragione i Costruttori abbiano collocato qui questo tavolo. Voglio dire, è l’unico nostro vero mobile, a meno che tu voglia contare anche il Costruttore che sta di là… Mi domando se sia destinato allo snooker, oppure al gioco normale…
Divertito, Nebogipfel domandò: — Fa differenza?
— Direi! Nonostante la sua popolarità, lo snooker è un gioco rudimentale. È un bel passatempo per gli ufficiali annoiati di stanza in India, che lo hanno inventato, ma a mio modesto parere non ha nulla in comune con la scienza del biliardo…
In quel momento, sotto i miei occhi, una seconda boccia schizzò fuori da una buca e rotolò verso la prima boccia, ferma al centro del biliardo.
Mi curvai ad osservare: — Che cosa diavolo sta succedendo?
Intanto che la seconda boccia rotolava lentamente, potei osservarla nei dettagli: aveva esattamente gli stessi graffi, in particolare una scalfittura unica e inconfondibile, che la mia boccia, non più liscia e bianca, si era procurata nel corso dei numerosi esperimenti a cui l’avevo sottoposta.
Finalmente, la seconda boccia urtò la prima con un solido clunk, poi si fermò, mentre l’altra iniziava a correre sul biliardo.
— Sai una cosa? — commentai. — Se non sapessi che è impossibile, giurerei che questa boccia spuntata dal nulla è la stessa con cui giocavo prima. — Mentre indicavo la lunga scalfittura peculiare che avevo individuato, Nebogipfel si avvicinò. — Vedi? Riconoscerei questo graffio anche al buio. Queste due bocce sono gemelle: assolutamente identiche.
— Forse — replicò calmo Nebogipfel — sono la stessa boccia.
Nel frattempo, la prima boccia urtò un bordo imbottito e rimbalzò, poi, a causa della geometria irregolare del biliardo, corse verso la buca da cui era spuntata la seconda boccia.
— Com’è possibile? Voglio dire, una macchina del tempo potrebbe trasportare nello stesso spazio due versioni del medesimo oggetto: basta pensare a me e a Mosè! Però qui non vedo nessun apparecchio temporale. E poi, a che cosa servirebbe?
Seppure rallentando sempre più, la prima boccia scivolò nella buca e scomparve.
Raccolsi la seconda boccia, apparsa misteriosamente, per esaminarla: mi sembrò una copia esattamente identica dell’altra. Quando frugai nella reticella della buca, scoprii che era vuota: la prima boccia era scomparsa, come se non fosse mai esistita.
— Be’, questo biliardo è più ingannevole di quanto immaginassi… Che cosa credi che sia accaduto? Credi che questo sia quello che succede quando la corsa della boccia viene disturbata e si verifica quella sorta di schiocco che ti ho indicato prima?
Sul momento, Nebogipfel non rispose: soltanto in seguito dedicò una parte del suo tempo a me e agli enigmi di quel biliardo strano.
Nella speranza di trovare un congegno nascosto, esaminai il biliardo, ma invano: non vi era nessun meccanismo segreto in grado d’inghiottire o di vomitare le bocce. Ma se anche si fosse trattato di un trucco tanto rozzo, non sarebbe bastato a spiegare l’apparente identità fra le due bocce.
Sul momento non capii, però rimasi colpito dalla strana luminosità verdastra dei bordi delle buche, che mi rammentò moltissimo la plattnerite.
Successivamente, Nebogipfel mi riferì ciò che aveva appreso sul conto dei nostri salvatori.
L’amico silenzioso che si trovava in soggiorno apparteneva ai Costruttori: una specie molto diffusa, che non abitava soltanto la Terra, bensì anche i pianeti rimodellati e persino le stelle.
— Devi sbarazzarti dei tuoi preconcetti, in modo da considerare questi esseri con mentalità aperta — esortò Nebogipfel. — Non sono simili agli umani.
— Questo posso accettarlo.
— No, non credo. Tanto per cominciare, non devi pensare che i Costruttori siano individui, come te o come me. Non sono esseri umani rivestiti di metallo! Sono qualitativamente differenti.
— Perché? A causa del fatto che sono composti di unità intercambiabili?
— In parte. Due Costruttori potrebbero fondersi come due gocce di liquido, così da formare un solo essere, e poi dividersi nuovamente, con la medesima facilità. Sarebbe impossibile, nonché futile, cercare di risalire alle origini dell’uno o dell’altro componente.
Tale spiegazione mi fece comprendere la ragione per cui sembrava che i Costruttori che avevo visto all’esterno della torre non si muovessero mai. Non avevano nessun bisogno di trascinare in giro i loro corpi grandi, goffi e pesanti, se non per un motivo eccezionale, come quando avevano riparato Nebogipfel e me: bastava che si dividessero nelle loro unità fondamentali, le quali erano in grado di strisciare sul ghiaccio come tanti vermi.
— Ma ciò che più conta è la coscienza dei Costruttori, i quali vivono in un mondo che possiamo immaginare a stento: si potrebbe dire che abitano un Mare d’Informazioni.
Mediante i fonografi e altre macchine, tutti i Costruttori Universali erano in comunicazione gli uni con gli altri, inclusi quelli che abitavano le stelle più remote, e si scambiavano costantemente informazioni, teorie, cognizioni, notizie, interpretazioni. Tale modo di comunicare era talmente rapido e onnicomprensivo, che in realtà non era affatto analogo al discorso umano.