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«Per favore, non è il momento di prendersela per delle sciocchezze. Inserisci il video!»

«Permetti che ti faccia notare» dichiarò freddamente Holt «che sei stato tu a chiamarmi. Secondo le regole dell’etichetta sta a me decidere come debba esser condotta la trasmissione, e io preferisco che tu non mi veda. Aggiungo inoltre che preferisco non parlarti. Ti concedo trenta secondi per esporre le tue proteste, perché ho degli affari importanti che mi aspettano.»

Seguì un lungo silenzio, durante il quale Holt si accorse, con sua gran rabbia, che gli tremavano le mani. Fissava lo schermo con occhi di fuoco, come se avesse voluto incenerire il nemico colla potenza dello sguardo.

Finalmente, McDermott disse: «Non ho nessuna protesta da fare, Holt, ma solo un invito».

«Per il tè?» replicò beffardo Holt.

«Chiamalo come vuoi. Voglio che tu venga da me, Holt.»

«Ti ha dato di volta il cervello?»

«Non ancora. Vieni. Facciamo una tregua» supplicò McDermott. «Siamo tutti e due vecchi, malati e sciocchi. È tempo di finirla con questo inutile odio.»

Holt scoppiò a ridere. «Sì, siamo vecchi, ma io non sono malato, e sciocco lo sarai tu. Non è un po’ tardi per porgere il ramoscello d’olivo?»

«Non è mai troppo tardi.»

«Sai bene che non può esserci pace tra noi» ribatté Holt «almeno finché la vista della mostruosità che hai costruito offende il mio sguardo. È un pugno in un occhio per me, McDermott, e non ti perdonerò mai di averla costruita.»

«Vuoi starmi a sentire?» disse McDermott. «Quando me ne sarò andato potrai far saltare in aria la mia casa, se vuoi. Ma adesso ti prego di venire da me. Ho… ho bisogno di te, Holt.»

«E allora perché non vieni tu da me?» replicò Holt. «Ti spalancherò la porta della mia casa e ci sederemo accanto al fuoco a ricordare tutti i lunghi anni del nostro odio.»

«Se fossi in grado di venire, non avrei bisogno di vederti» fu la risposta dell’altro.

«Come sarebbe a dire?»

«Inserisci il video, e capirai.»

Michael Holt aggrottò la fronte, pensoso. Sapeva di esser diventato molto brutto col passar degli anni, e non ci teneva a farsi vedere in quello stato dal suo nemico. Tuttavia non poteva vedere McDermott senza mostrarsi a lui. Con gesto brusco e improvviso, premette un pulsante inserito nel bracciolo della poltrona, e sullo schermo apparve un’immagine.

Tutto quello che Holt riuscì a vedere fu un viso raggrinzito, rugoso, disfatto. McDermott aveva più di duecent’anni e li dimostrava tutti. La sua faccia era ridotta a pelle, anzi pergamena, e ossa, e il lato sinistro era contorto, con la narice dilatata, l’angolo della bocca piegato in basso a scoprire i denti, la palpebra cascante. Di più non si vedeva, ma Holt intuì che McDermott doveva stare immerso fino al collo in un bagno nutritivo. Doveva essere proprio conciato male.

«Ho avuto un colpo, Holt» disse «e sono paralizzato dal collo in giù. Non posso farti del male.»

«Quando è successo?»

«L’anno scorso.»

«Non ne avevi mai parlato.»

«Non credevo che ti interessasse saperlo. Ma adesso è diverso, Holt, perché sto per morire, e voglio vederti a tu per tu una volta ancora. Tu pensi che sia pazzo a chiederti di venire da me… toglierò gli schermi difensivi, manderò i miei robot di là dal fiume e, se vuoi, puoi anche venire alla testa di un esercito, ma mi troverai solo e indifeso. Credi che ti voglia attirare in una trappola, non è vero? Io penserei la stessa cosa, al tuo posto, ma non è così. Vuoi credermi? Ti spalancherò la porta della mia casa, e tu potrai venire a insultarmi senza che io possa far niente per difendermi. Ma vieni! Devo dirti qualcosa di importanza capitale per te, e devo dirtela a quattr’occhi. Non ti pentirai di essere venuto, te lo assicuro, Holt.»

Holt fissava quella larva di uomo, sullo schermo, e tremava per il dubbio e la confusione.

McDermott doveva essere pazzo. Erano anni che Holt non oltrepassava la zona protetta dai propri schermi, e adesso quello gli chiedeva non solo di uscire allo scoperto, dove avrebbe potuto colpirlo con la massima facilità, ma addirittura di entrare nella sua casa, di andare a mettere la testa nelle fauci del leone! Era semplicemente assurdo!

«Lascia almeno che ti dimostri che sono sincero» insisté McDermott. «Ho tolto gli schermi, prova a sparare un colpo contro la casa, in un punto qualsiasi. Avanti!»

Profondamente turbato e dubbioso, Holt si puntellò coi gomiti per alzarsi dalla poltrona, e si diresse verso il quadro dei comandi, che si trovava fuori dalla visuale dello schermo. Quante volte aveva premuto quei pulsanti e spinto quelle leve, nei suoi sogni a occhi aperti, senza tuttavia mai osare di sparare un colpo, se non quelli di prova che erano diretti ai bersagli nell’interno della sua proprietà! Gli pareva di sognare adesso che finalmente poteva dirigere i tiri contro la scintillante torre in cui abitava McDermott. Era talmente eccitato che temette di avere un attacco di cuore.

Strinse con le mani che gli tremavano i pulsanti, indeciso se scagliare contro McDermott un raggio da mille megawatt o uno di minore intensità. Se il suo nemico aveva detto la verità, anche uno dei raggi più deboli avrebbe potuto causare enormi danni.

Diresse il tiro non contro la casa, ma contro l’albero che si trovava immediatamente all’interno delle linee di difesa di McDermott, e fece fuoco. L’albero si incenerì all’istante.

«Ecco!» esclamò dallo schermo la voce di McDermott. «Avanti, mira pure alla casa, abbatti la torre, tanto gli schermi non funzionano.»

“Demenza senile”, pensò Holt. Sconcertato, alzò la mira e diresse il raggio contro uno degli edifici che circondavano l’abitazione di McDermott. La parete blindata fiammeggiò, poi si sgretolò sotto l’effetto distruttore del raggio, disintegrandosi in una nube di protoni che si dispersero nell’aria gelida.

Stupito e incredulo, Holt si rese conto che nulla gli impediva di distruggere l’odiata dimora di McDermott facendola sparire per sempre. Non c’era pericolo che il nemico passasse al contrattacco. Non avrebbe dovuto nemmeno ricorrere all’artiglieria pesante che aveva approntato con tanta gelosa cura in vista di quell’occasione. Per ottenere il risultato, bastava un raggio leggero.

Ma così, sarebbe stato troppo facile. Un attacco di quel genere non gli avrebbe procurato alcun piacere. McDermott non lo aveva provocato, anzi, se ne stava là immobile e impotente e lo aveva pregato di andare a trovarlo.

Holt tornò davanti allo schermo. «Devo esser pazzo quanto te» dichiarò. «Manda via i robot e lascia inattivi gli schermi. Verrò. Non ci capisco niente, ma verrò lo stesso.»

3

Michael Holt convocò la sua famiglia. Aveva tre mogli, di cui la maggiore era sua coetanea, mentre la minore contava solamente settant’anni, e sette figli, che andavano dai sessanta ai centotredici anni, e poi nipoti e pronipoti e infine la scelta schiera dei robot.

Li radunò nella grande sala del Maniero Holt, e prese posto a capotavola, fissando una per una quelle facce così simili alla sua. Poi, disse calmo: «Vado a fare una visita a McDermott».

Erano tutti troppo ben disciplinati per esternare a parole la sorpresa, ma l’espressione dei loro volti fu abbastanza eloquente. Lui era il Sire e la sua parola era legge; se avesse voluto, avrebbe potuto mandarli alla morte anche subito. Una volta, molti anni prima, era stato appunto costretto a dimostrare la sua autorità in quel modo crudele, e nessuno se n’era dimenticato.

«Penserete che sia rimbambito a causa dell’età» proseguì sorridendo «e forse non avete tutti i torti. Ma McDermott ha avuto una paralisi che lo tiene immobilizzato dal collo in giù e vuol dirmi qualcosa d’importante, per questo andrò da lui. Ha abbassato gli schermi e allontanato i robot. Se avessi voluto, avrei potuto incenerire la sua dimora con un colpo solo.»