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«Non avrei mai creduto di doverti vedere qui» disse Holt.

«Nemmeno io. Ma sono contento che tu sia venuto, Holt. Hai una bella cera, per la tua età.» Le sue labbra cadenti si piegarono in un sorriso grottesco. «Oh, ma tu sei ancora un giovanotto: io ho trent’anni più di te!»

Quei discorsi non interessavano Holt, che disse: «Perché mi hai fatto venire? Ti ho accontentato, ma non ho intenzione di fermarmi tutto il giorno. Hai detto che avevi qualcosa di enorme importanza da raccontarmi».

«No, non ho niente da raccontarti» lo corresse McDermott «ma piuttosto ho da chiederti un favore. Voglio che tu mi uccida, Holt.»

«Che cosa?»

«È semplicissimo. Basta che togli i cavi che mi alimentano. Sono lì, ai miei piedi. Strappali, ed entro un’ora sarò morto. Oppure gira quell’interruttore e non potrò più respirare. Morrò più in fretta e sarebbe più umano farmi morire così.»

«Hai uno strano senso dell’umorismo» disse Holt.

«Credi davvero? Prova a girare quell’interruttore.»

«Mi hai fatto venire fin qui perché ti uccida?»

«Sì» confermò McDermott. «Sono paralizzato da un anno e mi sembra di essere un vegetale. Me ne sto qui, un giorno dopo l’altro, senza poter far nulla. Pure, sto bene, e potrei campare altri cent’anni. Ti rendi conto della mia situazione, Holt? Sì, ho avuto un colpo e sono paralizzato, ma il mio corpo è ancora sano, e questo maledetto bagno mi mantiene in vita, nutrendomi e massaggiandomi… credi che voglia continuare a vivere ancora per molto a questo modo, Holt? Tu come ti comporteresti al mio posto?»

«Se vuoi davvero morire» rispose Holt «perché non chiedi a qualcuno della tua famiglia di ucciderti?»

«Non ho famiglia.»

«Non è vero. Hai cinque figli…»

«Quattro sono morti, Holt, e l’ultimo è andato sulla Terra. Sono un sopravvissuto, Holt, eterno come il cielo. Duecentotrent’anni sono lunghi, sai… Le mie mogli sono morte, e i miei nipoti se ne sono andati. Torneranno solo dopo la mia morte, per spartirsi l’eredità. Quindi, non c’è nessuno che possa manovrare quell’interruttore.»

«Ci sono i tuoi robot» suggerì Holt.

«I tuoi devono essere dei robot speciali, Holt» replicò McDermott con un sorriso mesto. «Io non ne ho nessuno che sia stato preparato a uccidere il suo padrone. Sanno quello che accadrebbe se il bagno vitale non funzionasse più, e si guarderebbero bene dal danneggiarlo. Sei tu che devi farlo, Holt! Ti supplico, uccidimi, distruggi la mia torre se ti dà tanto fastidio. Hai vinto la partita, ti spetta un premio.»

Holt aveva la gola secca e gli pareva che una mano di ferro gli stringesse il cuore. Barcollò, e i suoi robot, addestrati a percepire qualunque mutamento nelle condizioni fisiche del padrone, accorsero per aiutarlo ad adagiarsi in una poltrona. Non era abituato a stare in piedi così a lungo. Rimase seduto tranquillo fin quando non tornò a sentirsi meglio poi disse: «No, non sono disposto a farlo».

«Ma perché?»

«Perché sarebbe troppo semplice, McDermott. Ti ho odiato troppo a lungo per liberarmi di te con un semplice gesto.»

«Allora bombarda la torre, e distruggimi.»

«Senza esser provocato? Mi prendi per un delinquente?»

«E allora, che cosa dovrei fare?» domandò con voce stanca McDermott. «Ordinare ai miei robot di sconfinare nel tuo territorio? Incendiare i tuoi frutteti? Che cosa potrei fare per provocarti, Holt?»

«Niente. Non ti ucciderò. Trova qualcun altro disposto a farlo.»

«Diavolo d’un uomo!» esclamò McDermott con gli occhi che mandavano lampi. «Non mi ero reso conto di quanto mi odiassi. Ti chiamo perché ho bisogno del tuo aiuto e sono solo e infelice, e tu rifiuti la mia richiesta. Di punto in bianco, ti scopri un animo nobile e rifiuti di uccidermi! Diavolo di un uomo, leggo chiaro nella tua mente, sai? Te ne tornerai nel tuo maniero, felice di sapere che sono qui, solo e moribondo; ma non è giusto, Holt, odiare fino a questo punto. Ammetto di averti offeso: ho costruito la torre solo per ferire il tuo orgoglio. Dunque, puniscimi, toglimi la vita, distruggi la torre… ma non abbandonarmi così…»

Holt non rispose. Si passò la lingua sulle labbra secche, aspirò una profonda boccata di aria, e si alzò dalla poltrona, torreggiando con la sua alta e scarna figura sul nemico.

«Gira quell’interruttore» tornò a supplicare McDermott.

«No.»

«Demonio!»

Holt si rivolse ai suoi robot. «È ora di andare» disse. «Non occorre che ci insegni la strada, ormai la sappiamo.»

5

La macchina scura correva veloce sulla distesa di neve. Holt non aprì bocca durante tutto il tragitto; continuava a rivedere con gli occhi della mente la figura immobile di McDermott, e non riusciva a pensare ad altro. Aveva ancora nelle narici l’odore di morte e di decadimento, e negli occhi il bagliore folle dello sguardo del suo nemico che lo implorava di ucciderlo.

Trovò la sua famiglia radunata all’ingresso. Erano tutti pallidi e tesi e avrebbero voluto subissarlo di domande, ma non osavano; toccava a lui parlare per primo.

«McDermott» disse «è vecchio, malato e pazzo. I suoi familiari sono morti o se ne sono andati. Fa pena e disgusto a guardarlo. Non voglio parlare più di lui.»

Senza aggiungere altro, salì in sala comando, e andò subito alla finestra: sulla distesa di neve si scorgevano le tracce lasciate dalla sua macchina, e la torre di McDermott scintillava al sole.

D’un tratto, Holt sentì i muri tremare e udì un sibilo lacerante. Si affrettò a chiedere spiegazioni ai robot di guardia, e uno di essi rispose: «Il Maniero McDermott ci sta attaccando, signore. Abbiamo appena respinto un bombardamento ad alta tensione».

«Gli schermi hanno subito qualche danno?»

«No, signore. Dobbiamo preparare il contrattacco?»

«No» rispose Holt mentre un sorriso gli si dipingeva sul volto. «Limitatevi a prendere le misure difensive. Estendete gli schermi fino al confine e manteneteli costantemente in funzione. Fate in modo che McDermott non possa danneggiarci. Vuole provocarmi, ma non ci riuscirà.»

Si avviò verso il quadro dei comandi, e le sue mani nodose carezzarono i congegni con un gesto pieno di affetto. Finalmente, pensava, erano scesi in guerra; i cannoni del Maniero McDermott sparavano a tutto spiano. Ma i colpi venivano subito deviati dagli schermi, le armi del nemico erano troppo deboli per danneggiarlo.

Adesso avrebbe potuto impunemente distruggere McDermott e il suo Maniero, ma non l’avrebbe fatto, come non aveva girato l’interruttore che avrebbe permesso ad Andrew McDermott di morire subito.

Quel vecchio pazzo non aveva capito: non era crudeltà, ma solo l’egoismo a impedirgli di ucciderlo. In tutti quegli anni, Holt aveva evitato di sferrare un attacco che gli avrebbe dato la vittoria. Provava un vago senso di compassione per quel paralitico imprigionato nel bagno vitale, ma era certo che non l’avrebbe mai ucciso.

“Quando te ne sarai andato tu, Andrew, chi mi resterà da odiare?”

Questo, e nessun altro, era il motivo per cui non lo aveva ucciso.

Michael Holt sbirciò attraverso il grosso vetro di sicurezza e vide lo spiazzo di terra bruna, la distesa di neve interrotta dalle impronte della sua macchina e l’orrenda bruttezza del Maniero McDermott. Gli si torsero le viscere allo spettacolo di quell’odiata costruzione di metallo che si stagliava sull’orizzonte, e rammentò com’era bello il panorama, cent’anni prima, quando McDermott non aveva ancora costruito il suo Maniero.

Holt accarezzò i comandi delle sue armi come se fossero i seni di una fanciulla, poi, rigido e lento, si allontanò dal quadro, e sprofondò in poltrona ad ascoltare il rombo dei colpi che inutilmente McDermott lanciava contro le difese del Maniero Holt, mentre cadeva il crepuscolo invernale.