Ekaterin restituì il sorriso, e se ne andò appoggiandosi al braccio che Bel cavallerescamente le aveva offerto. A Miles venne in mente solo allora che i gusti sessuali di Bel erano notoriamente indifferenziati, e che forse avrebbe dovuto avvertire Ekaterin di non farsi scrupolo a essere educata nel respingere eventuali avance. Ma di certo Bel non avrebbe… d’altra parte, forse si sarebbero semplicemente alternati nello stesso camerino a provarsi abiti.
Tornò, con una certa riluttanza, a rivolgere l’attenzione al suo compito.
I prigionieri barrayarani erano alloggiati a tre per tre in celle che avrebbero dovuto ospitare solo due occupanti, circostanza che indusse Venn un po’ a lamentarsi e un po’ a scusarsi. Il Posto di Sicurezza Tre, fece capire a Miles, non era preparato a un tale afflusso di terricoli recalcitranti. Miles mormorò qualcosa, cercando di sembrare comprensivo ma senza esagerare, e si guardò bene dal rivelare che le celle dei quad erano di gran lunga più ampie delle cabine da quattro cuccette della Prince Xav.
Miles iniziò con l’interrogare il comandante della squadra mandata da Brun. L’uomo era così sorpreso di dover subire l’interrogatorio di un Ispettore Imperiale, che per reazione espresse la sua versione degli eventi in un rigido gergo militare. L’immagine che Miles ricavò da espressioni tipo: ’penetrazione del perimetro’ o ’la massa delle forze nemiche’ gli fecero accapponare la pelle. Ma anche tenendo conto del diverso punto di vista, la sua testimonianza non contraddiceva sostanzialmente la versione degli eventi fatta dalle autorità della Stazione. Purtroppo.
Miles confrontò quello che gli aveva detto il comandante con quello che gli raccontarono altri ragazzotti, i quali aggiunsero dettagli sgradevoli, ma non sorprendenti. Erano i membri di una squadra della Prince Xav, nessuno di loro conosceva il tenente Solian, che era di stanza sull’Idris.
Miles uscì dal reparto di detenzione e si rivolse alla Sigillatrice Greenlaw, che era rimasta fuori ad attenderlo. — È molto scorretto da parte vostra continuare a tenere in cella questi uomini. Se i loro ordini fossero stati di saccheggiare, stuprare o massacrare dei civili quad, avrebbero avuto l’obbligo legale, secondo la legge militare, di disobbedire, ma in realtà avevano ricevuto ordini specifici di non uccidere, quindi si sono trovati fra l’incudine e il martello.
— Prenderò in considerazione questa osservazione — disse Greenlaw asciutta, lasciando che restasse molto chiaramente sospeso in aria un ’la terrò presente per circa dieci secondi, dopo la scaraventerò fuori dal più vicino portello stagno’.
— Non potete certo alloggiare nelle vostre celle questi uomini indefinitamente — continuò Miles — sono sicuro che sarebbe molto meglio se quando partiamo da qui ve li togliessimo… — e riuscì aconvertire velocemente un ’dai coglioni’ in: — dalle mani.
L’espressione di Greenlaw divenne ancora più asciutta; Venn emise uno sconsolato piccolo grugnito. Miles comprese che Venn sarebbe stato felicissimo se l’Ispettore Imperiale si fosse portato via tutti gli uomini seduta stante, ed erano solo considerazioni politiche che gli impedivano di spedirglieli dietro con un calcio. Miles non insistette, ma mise da parte questa intuizione per il futuro. Per un attimo accarezzò la felice idea di scambiare Brun con il resto dei suoi uomini, e lasciarlo lì, con un netto vantaggio per l’Esercito Imperiale.
Il colloquio con i due uomini della polizia militare mandati a recuperare Corbeau lo fece ancora più innervosire. Erano entrambi intimiditi dal suo rango di Ispettore Imperiale per rendere un resoconto franco e completo, anche se espresso in borbottìi. Ma la comparsa di espressioni infelici come: ’Non volevo rompere il braccio a quella puttana mutante, stavo solo cercando di tenerla ferma contro il muro, ma tutte quelle mani che mi agguantavano come bisce mi facevano venire la pelle d’oca’, convinse Miles che sarebbe stato meglio non farli parlare, soprattutto se ad ascoltarli fossero stati dei quad. Comunque, fu in grado di accertare il fatto importante che, al momento dello scontro, anche loro erano convinti che il tenente Solian fosse appena stato assassinato da uno sconosciuto quad.
Terminato l’interrogatorio, uscì dalla cella e disse a Venn: — Penso che sarebbe meglio se parlassi con il guardiamarina Corbeau in privato. Può trovarci un luogo appartato?
— Corbeau è già in una cella tutta per sé — lo informò Venn freddamente. — Lo abbiamo messo da solo dopo aver sentito le minacce che gli indirizzavano i suoi compagni.
— Ah. Allora, se non le dispiace, mi porti da lui.
La porta della cella scivolò di lato e Miles vide un giovane alto che sedeva in silenzio sulla branda, gomiti sulle ginocchia, testa fra le mani. I circoletti metallici dei contatti di un impianto neurale da pilota iperspaziale, visibili sulle tempie e in mezzo alla fronte, fecero di colpo triplicare a Miles la stima di quanto era costato il suo addestramento nell’Esercito Imperiale. Il giovane alzò lo sguardo e si accigliò, perplesso. Era un barrayarano abbastanza tipico: capelli scuri, occhi castani, pelle olivastra resa pallida dalla lunga permanenza nello spazio. I suoi lineamenti regolari ricordarono a Miles suo cugino Ivan com’era stato alla stessa irresponsabile età. Un grosso livido, che ormai volgeva al gialloverde, gli circondava un occhio. La camicia dell’uniforme era aperta sulla gola, le maniche arrotolate. Si vedevano sulla pelle scoperta alcune cicatrici irregolari, rosa, che stavano impallidendo, segno che il giovane aveva sofferto qualche anno prima dell’epidemia del verme sergyano. Evidentemente era cresciuto, o perlomeno aveva risieduto, nella più lontana delle colonie barrayarane durante il periodo di quella peste, prima che venissero trovati gli antidoti orali.
Venn disse: — Guardiamarina Corbeau, questo è l’Ispettore Imperiale barrayarano Lord Vorkosigan. Inviato come rappresentante diplomatico ufficiale, perché tuteli i suoi interessi nella disputa con l’Unione. Desidera conferire con lei.
Corbeau schiuse le labbra, allarmato, e si alzò precipitosamente, chinando nervosamente la testa verso Miles. La loro differenza di altezza ne fu improvvisamente sottolineata, e Corbeau apparve ancora più confuso.
Venn aggiunse, non tanto per pietà quanto per amore di precisione: — Date le accuse ancora pendenti contro di lei, e la sua richiesta di asilo, la Sigillatrice Greenlaw non permetterà in nessun caso all’Ispettore di sottrarla dalla nostra custodia, almeno per il momento.
Corbeau esalò un lieve sospiro, ma continuò a guardare Miles con l’aria di qualcuno a cui è appena stato mostrato un serpente velenoso.
Venn aggiunse, con una punta sardonica: — Ha anche promesso di non ordinarle di spararsi.
— Grazie, Capo Venn — disse Miles. — Posso procedere io, se non le dispiace.
Venn colse l’allusione e se ne andò. Roic si mise silenziosamente di guardia alla porta della cella, che si chiuse con un lieve sibilo.
— Si sieda, guardiamarina — lo invitò Miles indicando la branda. Poi lui stesso si sedette sulla cuccetta di fronte, osservando per un momento il giovane. — Può smettere di iperventilare — aggiunse.
Corbeau ansimò e riuscì a dire, con cautela: — Sì, Milord.
Miles intrecciò le dita. — Sergyano, vero?
Corbeau abbassò lo sguardo sulle sue braccia e fece il gesto di abbassarsi le maniche. — Non ci sono nato, Milord. I miei genitori sono emigrati quando avevo cinque anni. — Con un’occhiata al silenzioso Roic e alla sua uniforme marrone e argento, aggiunse: — Lei è… — e poi inghiottì qualunque cosa avesse avuto intenzione di dire.