— Che è ancora attaccata al portello, sì — lo rassicurò Venn intuendo dall’espressione di Miles cosa stava per chiedere.
— Grazie — gli rispose Miles. Avrebbe voluto strofinarsi il viso e pulirsi gli occhi che gli prudevano, ma non poteva. Cosa rimaneva da fare adesso? Aveva preso tutte le precauzioni necessarie per contenere la contaminazione?
— Milord? — lo chiamò Roic.
— Sì, armiere?
— Hanno visto entrare il portomastro e il ba sulla nave, però nessuno ha riferito di averli visti uscire. Abbiamo trovato Thorne, ma come ha fatto il ba a scendere dalla nave?
— Certo, Roic. È un’ottima domanda cui dedicarsi subito.
— Ogni volta che i portelli della Idris si aprono, le telecamere cominciano automaticamente a registrare. Dovremmo essere in grado di vedere le registrazioni video da qui. — Roic fece girare lo sguardo sull’imponente schieramento di monitor della consolle. — Da qualche parte ci dev’essere.
— In effetti, sì. — Miles abbandonò la sedia del pilota per quella dell’ingegnere di volo. Dopo un po’ di tentativi, e con l’aiuto dell’archivio codici di Roic, Miles fu in grado di recuperare le registrazioni dei portelli che aveva già trovato nell’ufficio di Solian e passato tante ore a studiare.
Programmò la ricerca in modo che apparissero le registrazioni più recenti.
Apparve una bella inquadratura di una capsula attraccata al portello pedonale esterno, dove si vedeva Venn nel suo flottante che con aria ansiosa andava dentro e fuori passando tute verdi in involucri di plastica a mani in attesa, oltre a un assortimento di altri oggetti: una grossa scatola con provviste di emergenza, una borsa di attrezzi, un decontaminatore uguale a quello che Roic aveva a tracolla, e quelle che sembravano armi più autorevoli di uno storditore. Miles interruppe la riproduzione e tornò indietro.
Pochi minuti prima i medici militari barrayarani erano arrivati con una piccola navetta dalla Prince Xav, ed erano entrati nella Idris attraverso il portello della stiva numero Quattro. Nella registrazione apparivano tre medici e Roic che scaricavano l’equipaggiamento.
Subito dopo apparve uno dei portelli di carico della sezione motori. Miles trattenne il fiato. Una figura in una voluminosa tuta da riparazioni extraveicolari e il numero di serie della sezione macchine della Idris passò pesantemente di fronte alla telecamera, e sparì nel vuoto con un breve sbuffo dei jet della tuta. Greenlaw trattenne un’esclamazione, e Venn soffocò un’imprecazione.
La registrazione precedente in ordine di tempo era di loro cinque, i tre quad, Miles e Roic, che entravano nella nave per effettuare l’ispezione. Ma questo non interessava, allora Miles tornò immediatamente alla figura misteriosa nella tuta.
Roic esclamò: — Guardi, Milord! Se n’è andato… neanche venti minuti prima che trovassimo il portomastro. Il ba doveva essere ancora a bordo quando siamo arrivati! — Anche attraverso il casco, il suo volto appariva verdastro.
Possibile che avesse sistemato Bel nel baccello per creare un diversivo? Miles si chiese se quella sensazione di avere lo stomaco annodato e la gola stretta potesse essere il primo segno di un’infezione.
— È il nostro sospetto? — chiese Leutwyn. — Dov’è andato?
— Sa qual è il raggio di azione delle vostre tute pesanti, Lord Ispettore? — chiese Venn.
— Non ne sono sicuro, ma sono fatte per permettere di lavorare all’esterno della nave per diverse ore, quindi direi, se sono a pieno carico di ossigeno, propellente e batterie… potrebbero avere l’autonomia di una capsula personale.
La tuta per riparazioni esterne assomigliava a una corazza militare spaziale, con la differenza che aveva incorporati degli attrezzi da lavoro invece di armi. Troppo pesanti perché anche un uomo forte fosse in grado di portarle in giro. Il ba poteva averla usata per raggiungere qualunque punto della Stazione Graf. Peggio ancora, poteva essersi allontanato nello spazio per venire raccolto da un altro agente cetagandano, o semplicemente da un locale corrotto. A quel punto poteva essere lontano migliaia di chilometri, diretto verso un altro habitat quad con un’identità fasulla, oppure anche verso una nave iperspaziale che lo avrebbe fatto fuggire per sempre dallo Spazio Quad.
— La Sicurezza della Stazione è in piena allerta d’emergenza — confermò Venn. — Tutti i miei uomini e tutta la milizia della Sigillatrice stanno cercando quel tizio… quella persona. Dubauer non può essere tornato a bordo senza essere stato visto. — Un tremito di dubbio nella voce di Venn minava la sicurezza della sua affermazione.
— Ho ordinato di istituire una completa quarantena biologica in tutta la Stazione — disse Greenlaw. — Tutte le navi in arrivo e tutti i veicoli sono stati allontanati o deviati verso Union, e nessuno che sia attraccato può andarsene. Se il fuggitivo è tornato… non se ne può andare. — A giudicare dall’espressione gelida della Sigillatrice, non era affatto sicura che questa fosse una buona cosa. Miles capiva come si doveva sentire. Cinquantamila potenziali ostaggi… — Se è fuggito da qualche altra parte, e se la vostra gente non è in grado di localizzarlo in fretta, dovrò estendere la quarantena a tutto lo Spazio Quad.
Qual era il compito più importante per il ba, ora che aveva capito che il segreto su cui aveva fatto affidamento per la sua missione era compromesso? Aveva ancora intenzione di eliminare Gupta, oppure avrebbe tentato di salvare il salvabile e cercato il modo di fuggire, ammesso che potesse? E se invece era già fuori dalla Stazione, in che direzione stava cercando di muoversi?
L’attenzione di Miles si concentrò sull’immagine video della tuta da lavoro. Aveva lo stesso tipo di telemetria delle corazze spaziali? Possedeva un congegno automatico di comando che consentiva di evitare l’uso manuale?
— Roic! Quando sei andato nella sezione macchine a cercare la tuta a pressione, hai per caso visto una consolle di controllo automatico per quelle unità da lavoro esterno?
— Sì, ho visto una sala controllo laggiù, Milord. Ci sono passato davanti, ma non so cosa ci sia dentro.
— Ho un’idea. Seguitemi.
Si alzò e uscì dal ponte di comando correndo goffamente, la tuta che gli scivolava da ogni parte in modo molto fastidioso. Roic e i quad seguirono, incuriositi.
La sala controllo era una cabina minuscola, ma aveva una postazione di telemetria per la manutenzione e la riparazione. Miles scivolò nella sedia, imprecando tra sé contro lo sconosciuto di alta statura che l’aveva regolata in modo che i suoi stivali ondeggiassero in aria. Diverse parti esterne della nave erano inquadrate in permanenza, fra cui le antenne, il generatore dello scudo di massa e i motori principali da spazio normale. Miles dovette passare in rassegna un’incredibile quantità di dati riportati dai sensori di tutta la nave che riferivano il suo stato di integrità e sicurezza. Finalmente, riuscì a trovare il programma di controllo della tuta.
C’erano sei tute a disposizione. Miles azionò la ripresa visiva dalle telecamere sistemate nei loro caschi. Cinque trasmisero le immagini delle pareti spoglie dei rispettivi armadietti. La sesta mostrò un’immagine più chiara, e più curiosa, di una parete curva, che però era statica come quelle delle altre tute.
Miles azionò gli impulsi per ottenere una situazione completa. La tuta era funzionante, ma ferma. I sensori fisici attivi erano pochi: solo battito cardiaco e respirazione, ma erano anch’essi spenti. I dati del supporto vitale confermavano che il riciclo dell’aria era perfettamente funzionante, così come la temperatura e l’umidità interne, e che il sistema non sembrava dover sopportare alcun peso.
— Non può essere molto lontano — osservò Miles. — Ho un ritardo temporale zero sul collegamento.
— Questo sì che è un sollievo — sospirò Greenlaw.