Le tute militari anticontaminazione che indossavano i medici potevano anche servire da tute a pressione, con la circolazione d’aria completamente interna. Lo stesso non poteva dirsi per la tuta di Miles, anche prima che perdesse i guanti; traeva la propria atmosfera dall’ambiente esterno, attraverso filtri e sterilizzatori termici. In caso di depressurizzazione, la sua tuta sarebbe diventata un pallone rigido e goffo, e forse si sarebbe anche rotta in un punto debole.
C’erano naturalmente i baccelli individuali negli armadietti. Miles s’immaginò di restare intrappolato in un baccello, mentre attorno a lui si scatenava l’azione, senza che potesse intervenire.
Visto che era già stato esposto a… qualunque cosa fosse, uscire dalla tuta per entrare in un’altra della sua misura non poteva peggiorare le cose. Si guardò le mani e si chiese come mai non fosse ancora morto. Possibile che la sostanza che aveva toccato fosse semplicemente corrosiva?
Miles tirò fuori a fatica il suo storditore dalla tasca sulla coscia, e attraversò le strisce azzurre della barriera molecolare. — Roic. Voglio che tu corra al reparto macchine e mi prenda la più piccola tuta a pressione che riesci a trovare. Farò io la guardia a questa porta fino a che non torni.
— Sì, Milord — rispose prontamente Roic anche se il suo tono era dubbioso.
— Tieni lo storditore pronto e guardati le spalle. Noi siamo tutti qui, quindi se vedi qualcosa muoversi e non è verde come i quad, spara.
— Sì, Milord. Ma lei non se ne vada in giro senza di me!
— Neppure per sogno — promise Miles.
Roic partì di corsa. Miles si sistemò meglio lo storditore in mano, si assicurò che fosse sulla massima potenza, e si mise di guardia, fissando il corridoio e guardando la sua guardia del corpo che rimpiccioliva allontanandosi. Accigliato.
Non capisco.
C’era qualcosa che non tornava; se solo avesse avuto cinque minuti consecutivi per riflettere, senza nuove crisi potenzialmente letali, forse gli sarebbe venuto in mente… cercò di non pensare alle mani che pizzicavano, e all’ingegnoso assalto di microbi che forse proprio in questo momento stava entrando nel suo corpo, e forse facendosi strada verso il cervello.
Un ba normale, un servitore dell’Impero, sarebbe morto prima di abbandonare un carico di feti haut. E, anche se questo era stato addestrato come agente speciale, perché passare tutto quel tempo a prelevare i campioni di quei feti che stava per abbandonare e forse anche per distruggere? Ogni haut concepito aveva il suo DNA in qualche archivio nella banca genetica centrale del Nido Celeste. Ne potevano fare altri, senza problemi. Cosa rendeva questa nidiata tanto preziosa?
Sentendosi impotente, cominciò a immaginare piccoli parassiti geneticamente modificati che si moltiplicavano freneticamente nel suo circolo sanguigno. Non era certo di essere stato infettato con lo stesso orribile parassita di Bel. Sì, come no, potrebbe anche essere qualcosa di peggio. Ma una neurotossina di progetto cetagandano, o anche un normale veleno, di certo avrebbe dovuto agire più in fretta di così. Sicuro, se è una droga progettata per spingere la vittima verso la paranoia, sta funzionando proprio bene. Che il diabolico repertorio del ba fosse limitato? E se ne possedeva uno, perché non molti altri? Qualunque stimolante o ipnotico fosse stato usato su Bel, non doveva essere qualcosa di inconsueto, in termini di armamentario spionistico.
Quanti altri sofisticati trucchi biologici nascondeva come assi nella manica? E sarebbe toccato a lui dimostrare qual era il prossimo?
Vivrò abbastanza a lungo da poter dire addio a Ekaterin? Un bacio d’addio era da escludere, a meno che non premessero le labbra sui lati opposti di una lastra di vetro. Aveva così tanto da dirle, che non avrebbe saputo da dove cominciare. E ancora più impossibile farlo solo a voce, su un canale aperto e pubblico. Prenditi cura dei bambini. Dagli il bacio della buonanotte per me ogni sera, e digli che li ho amati anche se non li ho mai visti. Non sarai sola… i miei genitori ti aiuteranno. Di’ ai miei genitori… raccomanda…
Che quella maledetta cosa stesse già cominciando a fare effetto, oppure il panico ardente e le lacrime che gli soffocavano la gola erano solo opera della sua suggestione?
Canale aperto oppure no, io adesso la chiamo…
Invece, gli giunse la voce di Venn. — Lord Vorkosigan, passi sul canale dodici. L’ammiraglio Vorpatril la vuole, urgentemente.
Miles sibilò fra i denti e cambiò la sintonia nel comunicatore del casco. — Qui parla Vorkosigan.
— Vorkosigan, idiota…! — Nell’ultima ora l’ammiraglio si era perso per strada qualche titolo onorifico. — Che diavolo sta succedendo lì? Perché non risponde al comunicatore da polso?
— È all’interno della mia tuta di contenimento biologico e in questo momento non è raggiungibile. L’avverto, signore, che questo è un canale aperto e pubblicamente accessibile. — Dannazione, e da dove veniva quel signore? Abitudine, vecchia e cattiva abitudine. — Può chiedere al capitano Clogston di aggiornarla attraverso il collegamento a fascia stretta della sua tuta militare, ma che sia un aggiornamento breve. Il capitano è molto occupato in questo momento e non voglio che venga distratto.
Vorpatril imprecò, forse in direzione dell’Ispettore Imperiale o forse genericamente, la cosa era ambigua, e chiuse la comunicazione.
Nella nave si propagò finalmente il suono che Miles aspettava: il tonfo e il sibilo delle porte stagne che si chiudevano, dividendo l’intero scafo in compartimenti. Bene! I quad erano arrivati al ponte di comando. Ma Roic non era ancora tornato. L’armiere avrebbe dovuto mettersi in contatto con Venn e Greenlaw per farsi aprire il passaggio fino a…
— Vorkosigan — chiamò Venn con voce tesa. — È stato lei?
— Sono stato io cosa?
— A chiudere i compartimenti.
— Non siete… — Miles cercò, senza successo, di abbassare la sua voce fino a un timbro più ragionevole. — Non siete ancora arrivati sul ponte di comando?
— No, siamo tornati alla zona Due per prendere il nostro equipaggiamento. Stavamo proprio per andarcene.
Con il cuore che batteva, Miles sentì spuntare un’ultima speranza. — Roic — chiese urgentemente. — Dove sei?
— Non sul ponte di comando, Milord — rispose Roic.
— Ma se noi siamo qui, e lui è lì, chi sta facendo questo? - disse la voce infelice di Leutwyn.
— Chi pensi che sia? — ringhiò Greenlaw. E con un sospiro di angoscia: — Siamo in cinque, e non uno che abbia pensato a chiudersi la porta alle spalle quando siamo usciti… maledizione!
Un lieve grugnito desolato, come di un uomo colpito da una freccia, suonò all’orecchio di Miles: Roic.
Miles ordinò: — Chiunque controlli il ponte di comando, ha accesso anche a questi canali, o lo avrà fra poco. Chiudiamo subito le comunicazioni.
I quad avevano tra loro un collegamento indipendente; e così Vorpatril, attraverso le loro tute, con i medici. Miles e Roic sarebbero stati gli unici a rimanere isolati.
Poi, all’improvviso, ogni suono nel suo casco cessò. Dunque il ba aveva trovato i controlli delle comunicazioni!
Miles balzò verso il pannello del controllo ambientale dell’infermeria, lo aprì e azionò freneticamente ogni controllo manuale. Con la porta esterna chiusa, avrebbero potuto mantenere la pressione atmosferica, anche se la circolazione era bloccata. I medici nelle loro tute non avrebbero avuto problemi. Guardò con riluttanza il compartimento dei baccelli. Il dormitorio biosigillato già funzionava su una circolazione interna, grazie a Dio, e avrebbe continuato a funzionare così… fintanto che la nave era alimentata. Ma come potevano mantenere al freddo Bel, se dovevano rinchiuderlo in un baccello?