— Come vanno le cose laggiù?
Roic accennò un inchino. — Non troppo bene, Milord. Il ba è caduto in uno strano stato confusionale. Delira, ma niente di coerente, e i tipi dello spionaggio dicono che anche il suo stato fisiologico è scombinato. Stanno cercando di stabilizzarlo.
— Il ba deve sopravvivere! — Miles fece per alzarsi, considerando l’idea di farsi trasportare nella camera vicina per assumere il controllo della situazione. — Dobbiamo riportarlo a Cetaganda. Per provare l’innocenza di Barrayar.
Ricadde sul cuscino e lanciò un’occhiata all’apparecchio ronzante che filtrava il suo sangue. Quella macchina estraeva i parassiti, ma contemporaneamente prosciugava anche l’energia che i parassiti gli avevano rubato per riprodursi. Risucchiava l’acume mentale di cui aveva disperatamente bisogno in questo momento.
Riordinò di nuovo i suoi pensieri confusi, e comunicò a Roic le informazioni ottenute da Bel. — Torna da quelli che lo stanno interrogando e informali di quello che ho detto. Vedi inoltre se riescono a farsi dire dove ha nascosto la bomba nell’Auditorium, ma anche se possono ricavare qualsiasi indizio per capirete ce n’è più di una.
— D’accordo. — Roic annuì. Spostò lo sguardo sull’assortimento crescente di appendici mediche di Miles. — A proposito, Milord. Ha per caso già informato l’ufficiale medico del suo disturbo convulsivo?
— Non ancora. Non c’è stato tempo.
— Capisco. — Le labbra di Roic si contorsero, un’espressione che Miles decise di ignorare. — Me ne occuperò io, allora, va bene, Milord?
Miles acconsentì: — Sì, okay.
Roic uscì.
La comconsolle richiesta arrivò; un infermiere portò un carrello girevole davanti a Miles, ci appoggiò sopra la piastra video, e lo aiutò a rialzarsi, mettendogli altri cuscini dietro la schiena. Stava ricominciando a tremare. Bene, ottimo, l’apparecchio era un modello militare barrayarano. Ora aveva di nuovo un collegamento visivo adeguatamente sicuro. Inserì i codici.
Il viso di Vorpatril impiegò qualche secondo a comparire; stava seguendo tutta questa situazione dalla sala tattica della Prince Xav, e c’erano sicuramente molte cose che richiedevano l’attenzione dell’ammiraglio. Alla fine apparve.
— Sì, Milord! — I suoi occhi ispezionarono l’immagine video di Miles. Evidentemente quello che vide non lo rassicurò. Strinse la bocca con sgomento. — Tutto be… — iniziò, ma corresse al volo quella stupidaggine: — Come si sente, Milord?
— Posso ancora parlare. E finché posso parlare, devo dare degli ordini. Mentre aspettiamo che i quad trovino la biobomba… ha sentito le ultime notizie in proposito? — Miles aggiornò l’ammiraglio con le informazioni di Bel sull’Auditorium, e proseguì: — Nel frattempo, ho bisogno che lei mi prepari la nave più veloce della sua scorta, che abbia una capacità sufficiente per il carico che dovrà trasportare. Cioè me, il portomastro Thorne, una squadra medica, il nostro prigioniero cetagandano, Gupta il jacksoniano, se riesco a districarlo dalle grinfie dei quad, e mille replicatori uterini funzionanti, con tutto il personale medico qualificato che possa occuparsi di loro.
— E io? — interloquì con decisione la voce fuori campo di Ekaterin. Comparve brevemente nel raggio della telecamera di Vorpatril, e aggrottò la fronte. Aveva già visto suo marito più morto che vivo in passato: forse non era sconvolta quanto l’ammiraglio. Fare ridurre un Ispettore Imperiale in poltiglia fumante sotto il proprio comando avrebbe comportato una nota di biasimo, non che la carriera di Vorpatril non fosse già sufficientemente andata in rovina con tutta questa faccenda.
— La mia nave corriere farà da scorta, con Lady Vorkosigan a bordo. — Disse Miles, bloccando sul nascere l’obiezione della moglie. — Sarà utile avere almeno un portavoce che non sia in quarantena.
Ekaterin non disse altro.
— Ma voglio essere assolutamente sicuro che nessun guaio rallenti il viaggio, ammiraglio, quindi metta immediatamente al lavoro l’ufficio legale della flotta per procurarci autorizzazioni di transito di tutte le autorità spaziali locali che dovremo attraversare. Velocità. La velocità è essenziale. Voglio partire appena siamo sicuri che l’ordigno del ba sia stato eliminato dalla Stazione Graf. Spero che con tutti i contaminanti biologici che ci portiamo dietro, nessuno oserà fermarci per un’ispezione a bordo.
— Per Komarr, Milord? O Sergyar?
— No. Calcoli la rotta più diretta per Rho Ceta.
Vorpatril alzò la testa di scatto, allarmato. — Se gli ordini che ho ricevuto dal Quartier Generale del Settore Cinque significano ciò che pensiamo, non otterrà certo un permesso per andarci. Sarà accolto da fuoco al plasma e missili a fusione appena mette la testa fuori dalla galleria di transito.
— Spiega, Miles — sospirò la voce di Ekaterin.
Miles sorrise brevemente alla familiare nota di esasperazione nella sua voce. — Prima del nostro arrivo, avrò provveduto a ottenere le autorizzazioni dall’Impero cetagandano.
Lo spero. Altrimenti si sarebbero trovati tutti in un guaio più grosso di quanto Miles potesse immaginare. — Barrayar gli sta riportando i loro embrioni haut rapiti. — Chiarì Miles.
— Ah — disse Vorpatril, sollevando le sopracciglia grigie in segno di comprensione.
— Avvisi il pilota del mio corriere di ImpSec. Intendo partire non appena tutto e tutti saranno trasferiti a bordo. E può cominciare subito.
— D’accordo, Milord. — Vorpatril si alzò e uscì dal raggio del video, sostituito da una Ekaterin sorridente.
— Be’, finalmente facciamo progressi — le disse Miles, sperando che quel sorriso fosse di buonumore, e non isterismo represso.
Le labbra di Ekaterin si piegarono in una smorfia, ma i suoi occhi erano affettuosi. — Progressi? Mi chiedo come definiresti un iceberg che si rovescia.
— Niente metafore artiche, per favore. Ho già abbastanza freddo. Se i medici riescono a mettere sotto controllo questa… infestazione durante il viaggio, forse mi permetteranno di ricevere visite.
Comparve un infermiere che prelevò un campione di sangue dal tubo e aggiunse una fleboclisi all’assortimento. Poi si chinò a legare al letto il suo braccio sinistro.
— Ehi — protestò Miles. — Come posso lavorare con una mano legata dietro la schiena?
— Ordini del capitano Clogston, Milord Ispettore. — Con fermezza, l’infermiere finì di bloccargli il braccio. — Procedura standard per il rischio di convulsioni.
Miles strinse le mascelle, innervosito.
— Il tuo apparecchio per sedare le convulsioni è a bordo della Kestrel — osservò pacatamente Ekaterin. — Appena mi trasferiscono nella nostra cabina, te lo faccio portare.
Prudentemente, Miles si limitò a rispondere: — Grazie. Richiamami prima di mandarlo, potrebbe servirmi qualche altra cosa. Fammi sapere quando sarai a bordo.
— Sì, amore. — Si portò le dita alle labbra e poi le sollevò, facendole passare davanti al suo viso. Miles restituì il gesto. Per un attimo provò un senso di vuoto quando la sua immagine scomparve. Quanto tempo sarebbe passato prima che osassero di nuovo toccarsi? E se non fosse stato mai più possibile? Maledizione ho freddo.
L’infermiere se ne andò. Miles si raggomitolò nel letto per riscaldarsi con il calore del suo stesso corpo. Immaginò minuscole biobombe pronte a esplodere dentro di lui: immaginò la decomposizione della sua carne in una melma corrosiva mentre lui ancora la abitava. Aveva bisogno di pensare a qualcos’altro.
Due imperi indignati tra loro, che manovrano per superarsi, ammassando forze letali dietro una dozzina di gallerie di transito, ogni galleria un punto di contatto, conflitto, catastrofe… no, così non era molto meglio.