L’inquadratura era cambiata e la voce di Lassiter si trovò a fare da sottofondo a delle riprese aeree. Vista dall’alto, la scena era ancora più straziante. L’edificio, una costruzione in mattoni rossi di ventidue piani, era stato stroncato a metà in senso longitudinale dall’esplosione. La parte destra aveva collassato ma, invece di far implodere l’edificio, era scivolata di lato lasciando uno spuntone eretto come un dito a indicare il cielo. La linea di frattura era netta al punto tale che su quel fianco si vedevano le stanze senza la parete esterna e residui di mobili e di quegli oggetti che significavano per gli essere umani la vita di tutti i giorni.
All’ultimo piano, un lenzuolo bianco era rimasto infilato su un traliccio e adesso si muoveva desolato al vento e allo spostamento d’aria delle pale dell’elicottero, come una bandiera di resa e di lutto. Fortunatamente la parte che si era staccata era scivolata verso una zona alberata, un piccolo parco con giochi per i bambini, un campo da basket e due da tennis, che aveva accolto le macerie evitando di colpire altri edifici e di far aumentare il numero delle vittime. L’esplosione, sfogandosi verso il lato dell’East River, aveva ignorato gli edifici dalla parte opposta, anche se tutti i vetri, per un discreto raggio, erano stati polverizzati dallo spostamento d’aria.
Intorno al palazzo ferito e fra le sue macerie, era un delirio colorato di mezzi di soccorso e di uomini che si affannavano pieni di vigore e di speranza in quella lotta contro il tempo.
Il commentatore tornò in primo piano sostituendo il proprio viso a quelle immagini di desolazione e morte.
«Il sindaco Wilson Gollemberg ha decretato lo stato di emergenza e si è precipitato sulla scena del disastro. Ha partecipato attivamente per tutta la notte alle operazioni di soccorso. Abbiamo una sua prima dichiarazione, registrata ieri sera subito dopo il suo arrivo sul posto.»
Ancora un cambio di inquadratura, con quel tanto di perdita di qualità che una registrazione fatta in quelle condizione comportava. Il sindaco, un uomo alto e dal viso aperto che dava l’impressione di vibrare di ansia e nello stesso tempo trasmettere fiducia e fermezza, era illuminato dalle luci bianche e immobili delle telecamere, che combattevano il controluce di fiamme senza legge alle sue spalle. In quel momento di confusione e di emergenza aveva rilasciato poche parole a commento di quello che era appena successo.
«Per ora non è possibile fare bilanci e trarre conclusioni. Una sola cosa posso promettere, da sindaco a tutti miei cittadini e da americano a tutti gli americani. Se esistono uno o più responsabili di questo atto nefando, voglio che sappiano fin da ora che per loro non ci sarà scampo. La loro viltà e la loro ferocia avranno la punizione che si meritano.»
Ancora il telecronista in diretta da un luogo che per molta gente non sarebbe stato mai più lo stesso.
«Per il momento è tutto dal Lower East Side di New York. Una conferenza stampa è prevista a breve. Vi chiederò la linea se ci saranno ulteriori sviluppi. Qui Mark Lassiter, a voi studio.»
L’immagine e la risposta degli anchorman seduti alla scrivania nello studio arrivarono in contemporanea allo squillo del cellulare, posato su un tavolino accanto alla poltrona. Il sacerdote tolse l’audio al televisore e rispose alla chiamata. Dall’apparecchio uscì la voce leggermente sfocata dall’emozione di Paul Smith, il parroco di Saint Benedict.
«Michael, stai vedendo la televisione?»
«Sì.»
«È terrificante.»
«Sì, lo è.»
«Tutta quella gente. Tutti quei morti. Tutta quella disperazione. Non riesco a capacitarmi. Cosa può avere in mente chi ha fatto una cosa del genere?»
Padre McKean si trovò vittima di una strana e desolata stanchezza, quella che colpisce l’umanità di un uomo quando è costretta a fronteggiare la completa assenza di umanità in altri uomini.
«C’è una cosa della quale temo dobbiamo renderci conto, Paul. L’odio non è più un sentimento. Ormai sta diventando un virus. Quando arriva a infettare l’animo, la mente si perde. E le difese delle persone sono sempre più deboli.»
Dall’altra parte ci fu un attimo di silenzio, come se il vecchio sacerdote stesse riflettendo sulle parole che aveva appena udito. Poi espresse un dubbio, che forse era il vero motivo della sua chiamata.
«Con quello che è appena successo credi sia il caso di celebrare la messa solenne? Non pensi che una cosa in tono più dimesso sarebbe meglio, viste le circostanze?»
Nella parrocchia di Saint Benedict, quella delle dieci e quarantacinque era la più importante delle messe della domenica. Per questo negli orari in bacheca era definita messa solenne. Sulla tribuna sopra l’ingresso della chiesa, dove era sistemato l’organo a canne, prendeva posto il coro. Altri vocalist durante la funzione cantavano salmi direttamente sull’altare.
L’inizio della funzione comprendeva una piccola processione alla quale, oltre l’officiante e quattro chierichetti in tunica bianca, partecipavano anche alcuni fedeli, sempre diversi, scelti fra i parrocchiani.
McKean ci pensò un attimo e scosse la testa, come se dall’altra parte il parroco lo potesse vedere.
«Non credo, Paul. Io penso che la messa solenne, proprio oggi, sia nello stesso tempo una presa di posizione e una risposta precisa a questa barbarie. Da qualunque parte arrivi. Non smetteremo di pregare Dio nel modo che riteniamo più degno. E nello stesso modo solenne renderemo onore alle vittime innocenti di questa tragedia.»
Fece una breve pausa, prima di proseguire.
«L’unica cosa che credo si potrebbe fare è cambiare la lettura. Nella liturgia di oggi è previsto un passo dal Vangelo secondo Giovanni. Io lo sostituirei con il Discorso della Montagna. Le Beatitudini, intendo. Fa parte del vissuto di tutti, anche dei non credenti. Io penso sia molto significativo in una giornata come questa, in cui la misericordia non deve essere sopraffatta dall’ansia istintiva di rivalsa. La vendetta è la giustizia imperfetta di questo mondo. Noi parliamo alla gente di una giustizia che non è terrena e dunque non contaminata dall’errore.»
Dall’altra parte ci fu un istante di silenzio.
«Luca o Matteo?»
«Luca. Il passaggio di Matteo comprende una parte di ritorsione che non è in linea con quelli che sono i nostri sentimenti. E le cantate potrebbero essere The whole world is waiting for love e Let the valley be raised. Ma per questo ritengo giusto consultarsi anche con il maestro Bennett, il direttore del coro.»
Ancora una pausa e poi il sollievo del dubbio fugato nella risposta del parroco.
«Sì, penso che tu abbia ragione. C’è solo una cosa che ti chiederei. E sono certo di interpretare il parere di tutti.»
«Dimmi.»
«Vorrei fossi tu a tenere il sermone, durante la messa.»
Padre McKean ebbe un istintivo moto interiore di tenerezza. Il reverendo Smith era una persona sensibile e fragile, facile alla commozione. Sovente la sua voce si spezzava, quando doveva affrontare argomenti che coinvolgevano a fondo la sua sensibilità.
«Va bene, Paul.»
«A fra poco, allora.»
«Parto fra pochi minuti.»
Appoggiò il cellulare sul tavolino, si alzò e andò alla finestra. Rimase con le mani nelle tasche a guardare senza vederlo il giornaliero panorama della sua finestra. Forme e colori di sempre, familiari, mare vento alberi, che quel giorno sembravano estranei spettatori di un mondo a parte, immagini senza comprensione e difficili da comprendere. Il servizio che aveva appena visto in televisione continuava a sovrapporsi a quello che aveva davanti agli occhi. Gli tornarono in mente i tempi feroci intorno all’11 Settembre, il giorno che aveva cambiato il tempo e il mondo da prima a dopo.
Ripensò a quanti crimini erano stati commessi in nome di Dio, quando Dio non c’entrava per nulla. Di qualunque dio si stesse parlando. D’istinto, a Michael McKean, l’uomo e non il sacerdote, venne da chiedersi una cosa.