— Ci siamo separati.
— Oh, — disse lui. — Mi dispiace.
— Non avevo mai capito quanti dei nostri amici in realtà erano soltanto amici di lei — sospirò Colin. Il cameriere fece ritorno, mise due centrini di pizzo sul tavolo, poggiò i bicchieri su di essi e s’allontanò. — Sono contento che tu abbia trovato il tempo di venire a pranzo con me, così senza preavviso.
— Per te sono sempre libero — disse Peter. Non era mai stato molto esperto nel discutere quel genere di situazioni. Avrebbe dovuto chiedere a Colin cos’era andato male nel suo matrimonio? Anche coi suoi conoscenti più stretti lui parlava raramente di questioni coniugali, e non gli piaceva fare né sentirsi fare domande troppo personali. — Mi spiace sentire questo di te e Naomi. — Già che il suo dispensatore di luoghi comuni ne aveva forniti due, fu sul punto di aggiungerne un terzo: «Sembrava che andaste così d’accordo», ma si fermò prima di dargli voce. La sua recente esperienza gli aveva insegnato a non fidarsi di quelle apparenze.
— Avevamo qualche problema da un po’ di tempo — disse Colin.
Peter tolse la fetta di limone dal bordo del bicchiere e la strizzò meglio nella Diet Coke. — Capisco.
— Il fatto è che non eravamo più sulla stessa lunghezza d’onda. — Evidentemente anche Colin aveva un dispensatore di luoghi comuni. — Non parlavamo più.
— Vi stavate allontanando — disse Peter, senza farne una domanda. Non ci teneva a portare il discorso su quell’argomento.
— Proprio così — rispose Colin. Bevve un lungo sorso del suo drink, poi annuì come indugiando con masochistico piacere su quel pensiero. Proprio così.
— Eravate insieme da molto tempo — disse Peter, attento a mantenere il tono piatto per non stimolare una risposta troppo prolungata.
— Undici anni, se conti anche quelli in cui coabitavamo, prima di sposarci — disse Colin, stringendo il bicchiere con due mani.
Peter si chiese oziosamente cosa fosse andato storto fra loro. Non è affar mio pensò. — Undici anni non sono pochi — commentò.
— Io… io mi vedevo con un’altra, a Montreal — disse Colin. — Una ragazza che avevo conosciuto là. Dovevo andare a Montreal ogni tre settimane per affari, e la sera mi sentivo solo.
Peter era perplesso. Possibile che tutti quanti si prendessero delle divagazioni extra-coniugali, in quell’epoca? — Oh — disse.
— Non è che io volessi una vera relazione — spiegò Colin, agitando una mano. — Era soltanto, sai, soltanto un modo per mandare un messaggio a Naomi. — Rialzò lo sguardo. — Un grido d’aiuto, forse. Capisci quel che voglio dire?
No pensò Peter. Non lo capisco, no.
— Solo un grido d’aiuto. Ma lei si è incavolata di brutto quando gliene ho parlato. Ha detto che era l’ultima goccia. Quella che faceva traboccare il bicchiere. — Colin scosse il capo. Peter rifletté che evidentemente tutti avevano un dispensatore di luoghi comuni. — Io non volevo farle del male, ma un uomo ha pur sempre le sue necessità. Non credevo che mi avrebbe lasciato per una stupidaggine del genere. — Il cameriere arrivò col sandwich ordinato da Peter e la pasta primavera di Colin. — Tu cosa ne pensi? — volle sapere quest’ultimo.
Penso che sei un gran bastardo si disse Peter. Penso che tu sia un figlio di puttana che non merita niente da una moglie. — Sei stato sfortunato — rispose, sollevando uno dei bordi del sandwich per spremere un po’ di maionese sulla fetta di tacchino arrosto. — Non hai avuto fortuna.
— Uh, comunque — disse Colin, sentendo che era tempo di cambiare argomento. — Non ti ho chiesto di venire a pranzo qui per parlarti di me. In realtà vorrei il tuo consiglio professionale.
Peter lo guardò con serietà. — Di che si tratta?
— Be’, tu e Cathy eravate a quella conferenza della Life Unlimited. Che ne pensi?
— È gente che sa come presentare le sue proposte — rispose Peter.
— Voglio dire, cosa pensi del procedimento tecnico? Tu sei un esperto in ingegneria biomedica. Credi che la cosa funzioni?
Peter si strinse nelle spalle. — Jay Leno afferma che la Regina Elisabetta d’Inghilterra si è sottoposta al procedimento… il solo modo per salvare la monarchia e assicurarsi che nessuno dei suoi figli sieda mai sul trono.
Colin ridacchiò educatamente, ma lo guardò come se si aspettasse una risposta più seria. Peter masticò un boccone del sandwich, poi: — Non saprei. Le premesse basilari sembrano solide. Voglio dire, ci sono, se vogliamo dare ascolto agli ultimi studi, cinque modelli basilari di senescenza seguita infine dalla morte. — Li enumerò sulle dita: — Primo, abbiamo la teoria stocastica. Essa dice che i nostri corpi sono macchine complicate, e come in tutte le macchine complicate alla fine qualcosa si rompe.
«Secondo, il fenomeno Hayflick: le cellule umane sembrano in grado di scindersi soltanto cinquanta volte, al massimo.
«Terzo, l’ipotesi della Xerox macchia-copie: piccoli errori vengono introdotti nel DNA ogni volta che esso si replica, e alla fine le copie sono così piene di macchie che la cellula non funziona più. A questo punto uno va a far terra da vermi.
«La numero quattro è la teoria dei rifiuti tossici. Qualcosa, magari un accumulo di radicali liberi, avvelena il tuo organismo dall’interno.
«E alla fine l’ipotesi del sistema immunitario, secondo la quale le difese naturali del tuo corpo finiscono per confondersi e vanno ad attaccare le cellule sane.
Colin annuì. — E nessuno sa quale delle cinque sia giusta?
— Be’, io sospetto che lo siano un po’ tutte, dato che possono coesistere — rispose Peter. — Ma il fattore chiave è che i robot nanotecnologici della Life Unlimited… come li chiamano? Balie?… le loro balie sembrano capaci di pensare a tutte e cinque le cause. Perciò sì, direi che c’è una buona probabilità che il loro sistema funzioni. Nessuno potrà dirlo per certo, ovviamente, finché qualcuno che sia stato sottoposto al procedimento sarà sopravvissuto per qualche secolo.
— Allora… allora tu pensi che questo valga i soldi che chiedono? — volle sapere Colin.
Di nuovo lui si strinse nelle spalle. — Così a botta calda potrei risponderti di sì, suppongo. Del resto, chi non vorrebbe vivere per sempre? Ma se vogliamo dare ascolto alle religioni, sarebbe un vero peccato perdersi così le meraviglie… e in alcuni casi le delizie sibaritiche, del paradiso.
Colin lo guardò incuriosito. — Tu non sei mai stato religioso, se ricordo bene. Lo pensi davvero?
Peter si concentrò sul resto del sandwich. — Ma no. Era solo una riflessione oziosa, nient’altro.
— Cathy cosa ne pensa della Life Unlimited?
— Non mi è parsa molto interessata — disse Peter.
— Sul serio? — si stupì Colin. — A me sembra una cosa grandiosa. Mi piacerebbe moltissimo provarci.
— Costa una fortuna — commentò Peter. — Hai rapinato qualche banca, ultimamente?
— Non ne ho bisogno — sogghignò Colin. — Ma penso che varrebbe il prezzo fino all’ultimo penny.
Ci vollero tre settimane per ottenere altre due registrazioni nelle quali fosse visibile l’Onda dell’Anima che lasciava un corpo umano. Una di quelle registrazioni Peter la eseguì alla Carlson’s Chronic Care, la stessa clinica dove aveva conosciuto Mrs. Fennell. Stavolta il soggetto fu Gustav Reichhold, un uomo sulla cinquantina che stava morendo di complicazioni causate dall’AIDS e aveva deciso di metter fine alla sua vita con un suicidio clinicamente assistito.
L’altra registrazione, tuttavia, dovette essere fatta altrove; in caso contrario i critici avrebbero obiettato che l’Onda dell’Anima, lungi dall’essere un componente universale dell’esistenza umana, era soltanto un fenomeno elettrico collegato agli impianti di quella clinica, o alla vicinanza dell’edificio a una linea dell’alta tensione, o a qualche particolare trattamento medico usato sui degenti della Carlson’s. Così, per fare la terza registrazione, Peter decise di mettere un annuncio su Internet: