Capitolo ventiseiesimo
In teoria, le nove in punto era l’ora ufficiale d’inizio della giornata alla Doowap Advertising. In pratica, questo significava che un po’ di tempo dopo le nove gli impiegati cominciavano a pensare all’eventualità di doversi mettere al lavoro.
Cathy Hobson era arrivata come al solito verso le 8:50. Ma invece delle chiacchiere standard nei corridoi o nell’atrio dove molti si fermavano a bere il caffè, quel giorno sembrava esserci un’atmosfera assai meno spensierata. Cathy attraversò il salone diviso in settori da séparé di plexiglass verso il suo piccolo ufficio e vide con stupore che, ferma sulla porta di quello accanto, Shannon Bergman stava piangendo. — Santo cielo, Shan, cos’è successo? — domandò Cathy.
La collega aveva gli occhi gonfi. Tirò su col naso. — Non hai saputo di Hans?
Lei scosse il capo.
— È morto — disse Shannon, e ricominciò a piangere.
Jonas, quello che il marito di Cathy chiamava «pseudointellettuale» stava passando di lì. Fu a lui che Cathy si rivolse. — Ma com’è possibile? Ha avuto un incidente?
Jonas si passò una mano fra i capelli lucidi di brillantina. — Dicono che è stato assassinato.
— Assassinato!
— Uh-hu. In casa sua. Non da un rapinatore, sembra.
Si avvicinò anche Toby Bayley, evidentemente pensando che quel gruppetto di colleghi fosse più interessante degli altri (lì c’era qualcuno che non aveva ancora sentito la storia).
— E proprio così — disse. — Ieri non è venuto al lavoro, no? Be’, Nancy Caulfield lo ha saputo per telefono ieri sera da sua… stavo per dire moglie, ma immagino che adesso si debba dire «vedova.» Comunque, la notizia era anche nel Sun di questa mattina. Il funerale ci sarà giovedì. Tutti quelli che vogliono partecipare avranno un paio d’ore di permesso.
— E non è stato un rapinatore? — domandò Cathy.
— No — la informò Jonas. — Sul giornale c’è scritto che la polizia esclude l’omicidio a scopo di rapina. Dalla casa non è stato rubato niente. Inoltre… — La faccia dell’uomo rivelò un’insolita eccitazione. — A quanto dice l’articolo, il corpo è stato mutilato.
— Oh, Dio — mormorò Cathy, stordita. — Mutilato come?
— Be’, la polizia ha rifiutato di rilasciare particolari sul tipo di mutilazione. Ma il motivo è evidente. — Jonas annuì fra sé, con quell’aria saputa che irritava tanto Peter. — Forse ne parleranno in seguito, ma per ora è chiaro che tengono segreti i particolari per evitare le confessioni false dei soliti mitomani.
Cathy scosse lentamente la testa.- Mutilato — mormorò ancora, come se quella parola le sembrasse incomprensibile.
Ambrotos, il simulacro immortale, sognava.
Peter stava camminando. C’era tuttavia qualcosa d’insolito nei suoi passi. Erano stranamente morbidi e silenziosi. Non come se sotto i piedi avesse dell’erba o del fango. Forse la superficie cedevole di una moquette elastica, gommosa. C’era appena un accenno di rumore quando la scarpa la toccava, e poi una leggera spinta che aggiungeva energia al suo passo.
Abbassò gli occhi. Era una superficie color celeste pallido. Si guardò attorno. Il luogo su cui stava avanzando, pavimentato da quel materiale, curvava verso il basso in tutte le direzioni. Non c’era un cielo. Soltanto il vuoto, il niente, uno spazio privo di colori dal quale ogni cosa era assente. Lui continuò a camminare lentamente su quella superficie elastica e morbida, ricurva.
All’improvviso in distanza vide Cathy che agitava le braccia verso di lui.
Indossava la sua vecchia blusa di cotone azzurro dell’Università di Toronto. Su una manica c’era scritto «9T5», l’anno in cui s’era laureata, e sull’altra «CHEM.» Peter ora poteva vedere che quella non era la Cathy attuale, ma piuttosto la Cathy dell’anno in cui l’aveva conosciuta: molto più giovane, col volto a forma di cuore privo di rughette, i lunghi capelli neri sciolti sulla schiena. Peter abbassò ancora lo sguardo. Lui indossava blue jeans color indaco… un tipo di pantaloni che non portava da vent’anni.
Cambiò direzione verso Cathy, che a sua volta gli venne incontro. Ad ogni passo i capelli e gli abiti di lei mutavano aspetto, e già dopo una dozzina di metri fu evidente che era un po’ invecchiata. Peter sentì una barba scaturire dalla sua faccia e poi dissolversi — un esperimento infelice che aveva abbandonato dopo qualche mese — e poco più avanti avvertì un senso di freddo sopra la testa mentre cominciava a perdere i capelli. Ma da lì a qualche altro passo capì che quei cambiamenti s’erano fermati, almeno in lui. I suoi capelli non si diradavano più, il suo corpo non si appesantiva, le sue gambe continuavano a muoversi con agile scioltezza.
Entrambi camminavano rapidamente uno verso l’altra, ma presto Peter si rese conto che non si avvicinavano affatto. Anzi, al contrario, si allontanavano sempre più.
Il terreno fra di loro si stava espandendo. Il morbido territorio azzurrino cresceva e s’ingigantiva. Peter cominciò a correre, e Cathy fece lo stesso. Ma questo non servì a niente. Si trovavano sulla superficie di un enorme pallone che andava gonfiandosi con energia impetuosa. Ad ogni istante la sua area esterna aumentava, e la distanza che li separava si faceva più grande.
Un universo in espansione. Un universo dove la distanza era tempo. Anche se Cathy era ormai lontana Peter poteva sempre distinguere i più minuti dettagli del suo volto, perfino le rughe intorno agli occhi e sul collo, il grigio dei capelli. Ben presto lei smise di correre, rinunciò anche a camminare. Si fermò là, sulla superficie in continua crescita. Agitava ancora un braccio verso di lui, ma Peter capì che adesso era un gesto di addio… non c’era immortalità per lei. La sfera continuò a dilatarsi, e infine Cathy sparì sotto la curva dell’orizzonte, fuori vista…
Quando Cathy arrivò a casa, quella sera, riferì l’accaduto a Peter. Alle sei guardarono insieme il CityPulse News, ma il breve servizio aggiunse molto poco a ciò che lei aveva saputo al lavoro.
Peter fu comunque sorpreso nel vedere quanto fosse piccola la casa di Hans… e non gli dispiacque constatare che, almeno in quanto a possibilità economiche, lui gli era stato notevolmente superiore.
Cathy sembrava ancora stordita, come incapace di digerire la realtà dietro quella notizia. Peter invece stupì se stesso accorgendosi di quanto… quanto soddisfacente fosse la cosa. E lo irritò sentire che Cathy si dispiaceva per la morte di Hans. Sì, d’accordo, erano colleghi e lavoravano insieme da anni. Ma nel profondo dell’animo di Peter c’era qualcosa che si sentiva offeso dal dispiacere di lei.
Anche se quel mattino aveva dovuto alzarsi prima per un’intervista televisiva alla Hobson Monitoring — certi giornalisti giapponesi interessati all’Onda dell’Anima — non finse neppure di voler andare a letto alla stessa ora di Cathy. Restò alzato, invece, guardò per una mezz’ora il programma di Jay Leno, quindi andò nel suo studio e ordinò al computer di chiamare la Mirror Image. Ricevette a schermo lo stesso menu dell’ultima volta:
[F1] Spirito (Vita Dopo La Morte)
[F2] Ambrotos (Immortalità)
[F3] Control (Non Modificato)