Ambrotos si prese una ventina di secondi prima di rispondere, quasi che dovesse innanzitutto contemplare l’eternità. — É… rilassante. Suppongo che questa sia la parola migliore per descriverla. — Ancora una pausa. Nessun rumore in sottofondo. — Sai, quando ero mortale non mi rendevo conto di quale pressione l’invecchiamento ponesse su di noi. Oh, so che talvolta le donne dicono di sentir ticchettare il loro orologio biologico. Ma c’è un orologio più grosso che opprime tutti noi… o almeno tutti quelli come te e me, la gente attiva, la gente che ha bisogno di realizzare qualcosa subito. Noi sappiamo di avere a disposizione un tempo limitato, mentre le cose che vorremmo portare a termine sono tante. E odiamo ogni minuto di tempo perduto. Un’altra pausa. — Be’, questo non mi opprime più. Non sento più la necessità di fare le cose in fretta. Voglio ancora raggiungere i miei obiettivi, ma ci sarà sempre un domani. Ci sarà sempre tutto il tempo di farlo.
Peter rifletté su quelle parole. — Non credo che sentire meno il bisogno di realizzare qualcosa subito mi farebbe star meglio. A me piace fare le cose e vedere il risultato.
La risposta di Ambrotos fu infinitamente calma. — E a me piace rilassarmi. È bello sapere che, se voglio dedicare tre settimane o tre anni a un’attività improduttiva che mi stimola, posso farlo senza sottrarre tempo ai miei anni di vita attiva. Se oggi mi viene voglia di leggere un libro invece che lavorare su qualche progetto pratico, posso farlo tranquillamente.
— D’accordo — disse Peter. — Ma tu oggi sai, come abbiamo scoperto, che c’è una vita di qualche genere dopo la morte. Questo non ti incuriosisce?
Il simulacro rise. — Tu e io non abbiamo mai creduto che l’aldilà esista davvero. Neppure oggi, neppure sapendo che qualcosa, sì, sopravvive al decesso del corpo fisico, io non sono attratto dalla vita dopo la morte, qualunque cosa sia. Anche nel migliore dei casi sarebbe una cosa diversa dall’esistenza fisica… coinvolgerebbe l’intelletto ma non il corpo. Io non mi sono mai considerato un materialista, realizzato nei suoi appetiti fisici, e noi sappiamo di non essere molto atletici. Ma il sesso mi piace. Amo sentire il sole e il vento sulla pelle. Sto bene quando mangio un buon pranzo. Mi piace perfino il cibo scadente. Sentirei la mancanza del mio corpo, se non lo avessi più. Mi mancherebbero le percezioni fisiche. Mi mancherebbe… mi mancherebbe tutto. Avere la pelle d’oca, essere accarezzato o pizzicato, camminare con un buon paio di scarpe comode, e passarmi una mano sulla faccia quando ho la barba lunga. Tutto quanto. Sicuro, la vita dopo la morte sarebbe per sempre… ma anche l’immortalità. E a me piace la parte fisica.
Peter gettò un’occhiata a Sarkar, che stava registrando e ascoltava con estrema attenzione. — Cosa provi… e cosa mi dici allora del nostro rapporto con Cathy? Suppongo che tu sia del parere che un matrimonio è solo un brevissimo episodio, in una vita così lunga.
— Oh, no — disse Ambrotos. — Strano… alla luce di fallimenti come quello di Colin Godoyo, io avrei supposto che un immortale dovrebbe pentirsi di aver preso un impegno valido «finché la morte non ci separi.» Ma non sento affatto questo impulso. Anzi, al contrario, la cosa aggiungerebbe al matrimonio una dimensione nuova. Se anche Cathy diventasse immortale io avrei finalmente una possibilità, una vera possibilità, di arrivare a conoscerla a fondo. Nei nostri quindici anni di vita in comune ho avuto modo di conoscerla meglio di chiunque altro. So quale genere di barzelletta sporca riesce a divertirla, e quale offende troppo il suo pudore per farla ridere. So quant’è importante la ceramica per lei. So che non fa sul serio nel dire che i film dell’orrore non le piacciono, ma che va presa alla lettera quando afferma che detesta la musica rock del 1950. E so quanto sia intelligente… più intelligente di me, per molte cose. Dopotutto io non riesco mai a fare le parole incrociate del New York Times.
«Eppure, nonostante ciò, io conosco solo una piccola frazione di lei. Senza dubbio Cathy è complessa e profonda quanto me. Cosa pensa in realtà dei miei genitori? E di sua sorella? Le capita mai di pregare in silenzio? Si diverte davvero in certe cose che facciamo insieme, oppure finge per accontentarmi? Quali sono i pensieri che, perfino dopo tutto questo tempo, considera troppo intimi per dividerli con me? Certo, lei e io ci scambiamo piccole parti di noi stessi ogni volta che comunichiamo, ma se la cosa continuasse per decenni e per secoli ci conosceremmo sempre meglio. E niente mi fa piacere quanto questo pensiero.
Peter aggrottò le sopracciglia. — Ma la gente cambia. Tu non puoi dedicare mille anni del tuo tempo a conoscere una persona, così come non butteresti via mille anni per conoscere una città. Una volta trascorso tutto questo tempo, le informazioni iniziali sarebbero completamente obsolete, cosicché dovresti ricominciare daccapo.
— E questo sarebbe l’aspetto più eccitante — affermò il simulacro, stavolta senza la solita pausa per pensare. — Io potrei vivere con Cathy per sempre, e non resterei mai a corto di cose nuove da imparare su di lei.
Peter si appoggiò allo schienale e rifletté in silenzio. Sarkar approfittò di quel momento per rivolgersi al microfono: — Ma non è noiosa l’immortalità?
Il simulacro rise. — Scusa, amico mio, ma questa è una delle idee più sciocche che io abbia mai sentito. Noiosa, quando hai la totalità della creazione da contemplare? Io non ho mai letto una commedia di Aristofane. Non ho mai studiato le lingue asiatiche. Non capisco niente di balletto classico, di hockey, di meteorologia. Non so leggere la musica. Non so suonare il pianoforte. — Un’altra breve risata. — Io voglio scrivere un romanzo, una poesia, una canzone. Sicuro, dapprima farò delle cose stupide, ma alla fine imparerò a esprimermi meglio. Voglio imparare a dipingere, ad apprezzare l’opera lirica, a capire davvero la fisica dei quanta. Voglio leggere tutti i libri più importanti, e anche un bel po’ di quelli insignificanti. Voglio conoscere il buddismo, la religione ebraica, gli Avventisti del Settimo Giorno. Voglio visitare la Cina, l’Australia e le Galapagos. Voglio volare nello spazio. Voglio scendere nelle profondità dell’oceano. Voglio imparare tutto, vedere tutto, vivere ogni esperienza. Noiosa l’immortalità? Impossibile! Neppure l’intero tempo che resta all’universo fisico basterebbe per tutte le cose che io voglio fare.
Peter e Sarkar furono interrotti dallo squillo del videotelefono. Era il receptionist della Mirror Image. — Scusatemi, signori — disse dallo schermo il giovanotto di origine asiatica, — c’è una chiamata video intercontinentale per il Dr. Hobson.
Peter inarcò le sopracciglia. Sarkar gli accennò di prendere posto davanti alla telecamera del telefono. Lui aspettò di avere la luce verde dal controllo-inquadratura e disse: — Sono pronto, Mr. Chin.
— Bene. La metto in linea.
L’immagine a schermo cambiò e apparve il volto di una donna di mezz’età dai capelli rossi. Era Brenda MacTavish, del Glasgow Chimpanzee Retirement Home. — Ah, Peter, salve! — disse. — Ho chiamato il suo ufficio, e mi hanno detto che l’avrei trovata lì.
— Ehilà, Brenda — rispose Peter. Guardò meglio lo schermo e gli parve che la donna avesse pianto. — È successo qualcosa?
— Scusi se sono un po’ agitata — disse lei. — Abbiamo appena perso Cornelius, uno dei nostri ospiti più anziani. Ha avuto un attacco cardiaco. Di solito gli scimpanzè non ne vanno soggetti, ma lui era stato impiegato a lungo nelle ricerche sul fumo. — Ebbe un sospiro per quelle crudeltà. — Quando lei ci ha mandato le apparecchiature ancora non mi rendevo conto della portata delle sue ricerche. Oggi qui in Scozia sappiamo tutto di lei, e se ne continua a parlare sui giornali e alla TV. Comunque, ho la registrazione che lei mi aveva chiesto di fare. Le trasmetto i dati su Internet oggi pomeriggio.