— Devo sentire la sua confessione — dichiarò.
— No! — esclamò Kivrin. — Non prima che tu abbia ascoltato quello che ti devo dire. Il segretario ha la peste bubbonica — proseguì, traendo un profondo respiro e ascoltando attentamente la versione fornita dal traduttore. — Si tratta di una malattia terribile che uccide quasi tutti coloro che la prendono. Viene diffusa dai ratti e dalle mosche e dal respiro di quanti si ammalano, dai loro vestiti e dalle loro cose — spiegò, fissando con ansia il prete e cercando di imporgli di capire con la forza di volontà. Anche lui appariva ansioso, e sconcertato.
— È una malattia terribile — disse. — Non è come la febbre tifoidea o il colera, e ha già ucciso centinaia di migliaia di persone in Italia e in Francia… in alcuni posti ne ha uccise tante che non è rimasto vivo nessuno a seppellire i morti.
— Hai ricordato da dove sei venuta — affermò il prete, con espressione indecifrabile.
Crede che stessi fuggendo dalla peste quando Gawyn mi ha trovata nel bosco, pensò Kivrin. Se rispondo di sì crederà anche che sia stata io a portarla qui.
Però non c'era traccia di accusa nell'espressione di Roche, e lei doveva riuscire a fargli capire la situazione.
— Sì — affermò, e attese.
— Cosa dobbiamo fare? — chiese lui.
— Devi tenere gli altri lontani da questa stanza e dire loro di non uscire di casa e di non far entrare nessuno. Devi avvertire la gente del villaggio di restare a sua volta in casa e di non avvicinarsi se dovesse vedere un topo morto. Non ci devono essere altri festeggiamenti o danze sulla piazza, le persone del villaggio non devono entrare nel maniero o nel cortile o nella chiesa. Non si devono riunire da nessuna parte.
— Chiederò a Lady Eliwys di tenere dentro Rosemund ed Agnes — annuì Roche, — e dirò alla gente del villaggio di stare in casa.
Dal letto il segretario emise un suono soffocato ed entrambi si girarono a guardarlo.
— Non c'è nulla che possiamo fare per aiutare coloro che prendono questa peste? — domandò il prete, pronunciando con fatica la parola.
Durante la sua assenza lei aveva cercato di ricordare quali rimedi la gente del tempo avesse impiegato contro il contagio. Aveva portato indosso mazzolini di fiori e bevuto polvere di smeraldi e applicato sanguisughe ai bubboni, ma erano stati tutti rimedi peggio che inutili e la Dottoressa Ahrens aveva detto che comunque qualsiasi loro tentativo sarebbe risultato inutile perché nulla tranne antimicrobici come la tetraciccina e la streptomicina poteva ottenere qualche effetto, ma quelle sostanze erano state scoperte soltanto nel ventesimo secolo.
— Dobbiamo dargli da bere e tenerlo caldo — disse infine.
— Di certo Dio lo aiuterà — commentò Roche, guardando il segretario.
Non lo farà, pensò Kivrin. Non lo ha fatto. Non ha aiutato mezza Europa.
— Dio non ci può aiutare contro la Morte Nera — replicò.
Roche annuì e prese l'olio santo.
— Devi rimetterti la maschera — avvertì Kivrin, inginocchiandosi e raccogliendo l'ultima striscia di tessuto che gli legò intorno al naso e alla bocca. — Devi portarla sempre quando ti prendi cura di lui — avvertì, sperando che Roche non si accorgesse del fatto che lei non aveva indosso la sua.
— È Dio che ha mandato questa cosa su di noi? — domandò il prete.
— No — assicurò Kivrin. — No.
— È stato il diavolo, allora?
Kivrin si sentì tentata a rispondere di sì. La maggior parte della popolazione europea aveva creduto che fosse Satana il responsabile della Morte Nera ed aveva cercato gli agenti del demonio, torturando ebrei e lebbrosi, lapidando vecchie innocue e bruciando giovani donne sul rogo.
— Non l'ha mandata nessuno — disse invece. — È una malattia, la colpa non è di nessuno. Dio ci aiuterebbe se potesse, ma Lui…
Lui cosa? Non ci può sentire? Se n'è andato? Non esiste?
— Lui non può venire — concluse alla meglio.
— E noi dobbiamo agire in Sua vece? — insistette Roche?
— Sì.
Roche s'inginocchiò accanto al letto, chinò il capo sulle mani congiunte poi tornò a sollevarlo.
— Sapevo che Dio ti aveva mandata fra noi per una buona causa — dichiarò.
Kivrin s'inginocchiò a sua volta, giungendo le mani.
— Mittere digneris sanctum Angelum — pregò Roche. — Degnati di mandare il Tuo santo angelo dal cielo per custodire e proteggere tutti coloro che sono riuniti in questa casa.
— Non lasciare che Roche resti contagiato — mormorò Kivrin, nel registratore. — Non permettere che Rosemund prenda il contagio. Fa' che il segretario muoia prima che l'infezione gli arrivi ai polmoni.
La voce di Roche che stava cantilenando i riti era la stessa che Kivrin aveva sentito quando era malata, e sperò che desse al segretario lo stesso conforto che aveva dato a lei, ma non era in grado di stabilirlo. L'uomo risultò incapace di confessarsi e l'unzione parve causargli dolore perché sussultò quando l'olio gli toccò il palmo delle mani e il suo respiro sembrò divenire più stentoreo mentre Roche pregava. Quando ebbe finito il prete sollevò lo sguardo sul malato, le cui braccia cominciavano ad essere segnate da piccoli lividi fra l'azzurro e il porpora, segno che i capillari sottocutanei si stavano rompendo uno dopo l'altro.
— Questi sono gli ultimi giorni? — chiese allora Roche, girandosi verso Kivrin. — È la fine del mondo che gli apostoli di Dio hanno predetto?
Sì, pensò Kivrin.
— No — rispose però. — È soltanto un brutto periodo, un tempo terribile, ma non moriranno tutti e dopo questo verranno tempi meravigliosi. Il Rinascimento e la riforma sociale e la musica. Tempi meravigliosi. Ci saranno nuove medicine e le persone non dovranno più morire di questo o di vaiolo o di polmonite. Tutti avranno abbastanza da mangiare e le loro case saranno calde anche d'inverno. — Ripensò ad Oxford, decorata per il Natale, con strade e vetrine illuminate. — Ci saranno luci dovunque e campane che suonano senza che si debba tirare la corda.
Il suo discorso aveva calmato il segretario, che cominciò a respirare meglio e scivolò in un sonno leggero.
— Adesso ti devi allontanare da lui — ordinò Kivrin, conducendo Roche vicino alla finestra. — Dopo averlo toccato devi sempre lavarti le mani — aggiunse, portandogli una bacinella nella quale c'era però ben poca acqua. — Inoltre dobbiamo sempre lavare le ciotole e i cucchiai che usiamo per nutrirlo — continuò, osservando il prete lavarsi le grandi mani, — e dobbiamo bruciare i suoi vestiti e le bende, perché sono intrisi di peste.
Roche si asciugò le mani con un angolo della tonaca e scese a riferire ad Eliwys quello che doveva fare; al ritorno portò con sé una pezza di lino e una bacinella di acqua pulita. Kivrin lacerò il lino in ampie strisce e se ne legò una intorno al naso e alla bocca.
L'acqua non durò a lungo, perché adesso il segretario era emerso dalla sonnolenza e continuava a chiedere da bere. Kivrin provvide a reggere di persona la coppa e cercò di impedire il più possibile a Roche di avvicinarglisi.
Il prete andò poi a recitare i vespri e a suonare la campana, e Kivrin sbarrò la porta alle sue spalle cercando al tempo stesso di cogliere i suoni che provenivano dal basso, ma non riuscì a sentire nulla e pensò che forse stavano dormendo, o si erano già ammalati. Ripensò ad Imeyne china sul segretario con il suo impiastro in mano e ad Agnes ferma ai piedi del letto, a Rosemund distesa a terra con il malato che le gravava addosso.
È troppo tardi, si disse, camminando avanti e indietro accanto al letto. Sono già stati tutti esposti al contagio. Quanto era lungo il periodo di incubazione? Due settimane? No, quello era il tempo che impiegava il vaccino a fare effetto. Tre giorni? Due? Non riusciva a ricordarlo. E poi, da quanto tempo il segretario era contagioso? Cercò di ricordare chi gli avesse seduto vicino durante il banchetto di Natale, chi gli avesse parlato, ma non lo aveva neppure guardato perché la sua attenzione era concentrata su Gawyn. Il solo ricordo nitido che aveva era quello del segretario che afferrava Maisry per la gonna.