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C'erano alcuni storici che ritenevano che la Morte Nera non avesse ucciso tante persone quante risultava dai resoconti dell'epoca. Il Signor Gilchrist era dell'idea che quelle statistiche fossero state abbondantemente esagerate a causa della paura e della mancanza di cultura, e che anche se erano esatte la peste non potesse aver ucciso più della metà della popolazione di ogni villaggio. In alcuni c'erano stati soltanto un paio di casi, in altri non era addirittura morto nessuno.

Loro avevano isolato il segretario non appena si erano resi conto della natura del suo male, e lei era riuscita ad evitare che Roche gli si avvicinasse troppo e più del dovuto. Avevano preso ogni precauzione e il male non si era trasformato nella forma polmonare, quindi forse quanto avevano fatto era sufficiente ed erano intervenuti in tempo. Doveva dire a Roche che era necessario isolare il villaggio e impedire a chiunque altro di entrarvi, così forse la peste li avrebbe evitati. Era una cosa che in alcuni posti era stata fatta. Interi villaggi erano rimasti intatti e c'erano state parti della Scozia dove la peste non era giunta affatto.

Dovette assopirsi ancora perché quando si svegliò di nuovo il cielo cominciava a rischiararsi e Roche se n'era andato. Guardò in direzione del letto, su cui il segretario giaceva perfettamente immobile con gli occhi sgranati e fissi, e per un momento suppose che fosse morto e che Roche fosse andato a scavargli la tomba, ma nel momento stesso in cui formulava quel pensiero si accorse che le coltri si abbassavano e si alzavano sopra il suo petto. Gli controllò il polso, che risultò veloce e tanto debole che quasi non si percepiva.

Poi la campana cominciò a rintoccare e lei si rese conto che Roche era andato a suonare il mattutino. Tirandosi la maschera sul naso e sulla bocca si chinò sul letto.

— Padre — chiamò in tono sommesso, ma il segretario non mostrò di averla sentita.

Gli posò una mano sulla fronte e scoprì che la febbre era salita di nuovo e che la pelle non dava al tatto una sensazione normale ma risultava secca e fragile, mentre le emorragie sottocutanee sulle braccia e sulle gambe si erano scurite e allargate. La lingua gonfia sporgeva fra i denti, orribilmente purpurea.

Il malato aveva un odore terribile e nauseante che trapelava attraverso la maschera. Arrampicatasi sul sedile della finestra Kivrin sciolse i lacci del telo di lino incerato: l'aria fresca, tagliente e limpida, aveva un profumo meraviglioso che la invogliò a protendersi oltre il davanzale per respirare a fondo.

Nel cortile non c'era nessuno, ma mentre lei era intenta ad assaporare l'aria fredda e limpida Padre Roche apparve sulla porta della cucina con in mano una ciotola piena di qualcosa che fumava e si avviò attraverso il cortile lastricato in direzione della porta del maniero. Eliwys apparve sulla soglia in quel momento e disse qualcosa al prete, che accennò ad andarle incontro ma poi si fermò e tirò su la maschera prima di risponderle.

Se non altro sta cercando di tenersi alla larga dalla gente, si disse Kivrin, guardandolo entrare in casa mentre Eliwys andava al pozzo.

Kivrin legò il lino a un lato della finestra e si guardò intorno alla ricerca di qualcosa con cui smuovere l'aria nella stanza. Saltata giù prese uno dei panni provenienti dalle cucine e salì di nuovo sul sedile della finestra.

Eliwys era ancora accanto al pozzo, intenta ad attingere acqua e a lanciare di tanto in tanto un'occhiata verso le porte. Mentre stava tirando su il secchio Gawyn entrò nel cortile guidando a mano il cavallo.

Quando la vide si fermò così di colpo che Gringolet andò a sbattergli contro e agitò la testa con irritazione. L'espressione sul volto di Gawyn era quella di sempre, un misto di speranza e di desiderio, e Kivrin avvertì un'impeto di rabbia al pensiero che non fosse cambiata neppure adesso. Poi però si disse che Gawyn non sapeva ancora nulla, perché era appena tornato da Courcy, e provò un senso di pietà per lui e per il fatto che dovesse scoprirlo, che dovesse essere Eliwys a dirglielo.

Eliwys aveva intanto tirato su il secchio fino al bordo del pozzo e Gawyn mosse un altro passo verso di lei tenendo Gringolet per le briglie, ma subito si fermò di nuovo.

Lo sa, pensò Kivrin. In fin dei conti lo sa. L'inviato del vescovo doveva esersi ammalato a sua volta e lui era tornato a casa per dare l'allarme. D'un tratto Kivrin si rese conto che il giovane non aveva riportato indietro i cavalli.

È stato il frate ad ammalarsi, si disse, e gli altri sono fuggiti tutti.

Immobile, Gawyn guardò Eliwys issare il pesante secchio sul bordo di pietra del pozzo. Kivrin sapeva che sarebbe stato pronto a fare qualsiasi cosa per lei, a salvarla da cento tagliagole nel cuore del bosco… ma non poteva salvarla da questo.

Impaziente di andare nella stalla, Gringolet scosse ancora la testa. Gawyn gli mise una mano sul muso per calmarlo ma ormai era troppo tardi: Eliwys lo aveva visto.

La donna lasciò andare il secchio che ricadde con un tonfo che arrivò fino all'orecchio di Kivrin, poi Eliwys fu fra le braccia di lui… un gesto tanto audace da indurre Kivrin a portarsi una mano alla bocca.

Qualcuno bussò leggermente alla porta e Kivrin saltò giù per aprire. Era Agnes.

— Adesso mi racconti una storia? — domandò. Era molto arruffata perché dal giorno prima nessuno le aveva intrecciato i capelli che ora le sporgevano da ogni parte sotto la cuffietta, e doveva aver dormito accanto al focolare perché aveva una manica sporca di cenere.

Kivrin dovette imporsi di resistere al desiderio di spazzolargliela.

— Non puoi entrare — disse, tenendo la porta quasi chiusa. — Ti ammalerai anche tu.

— Non c'è nessuno che giochi con me — si lamentò la bambina. — La mamma non c'è e Rosemund dorme ancora.

— Tua madre è uscita a prendere acqua — replicò Kivrin, in tono fermo. — Dov'è la nonna?

— Sta pregando — rispose Agnes, allungando la mano verso la gonna di Kivrin.

— Non mi devi toccare — ammonì lei, brusca, ritraendosi di scatto.

— Perché sei arrabbiata con me? — domandò Agnes, assumendo un'espressione imbronciata.

— Non sono arrabbiata con te — garantì Kivrin, in tono più dolce. — Però non puoi entrare perché il segretario è molto malato e tutti quelli che gli si avvicinano possono… — Spiegare il concetto del contagio ad Agnes era un'impresa senza speranza. — Possono ammalarsi anche loro — concluse.

— Morirà? — insistette la bambina, cercando di vedere oltre il battente.

— Temo di sì.

— E tu?

— No — garantì Kivrin, e si rese conto soltanto allora di non essere più spaventata. — Rosemund si sveglierà fra poco. Chiedile di raccontarti una storia.

— Padre Roche morirà?

— No. Va' a giocare con il tuo carretto finché Rosemund si sveglia.

— Mi racconterai una storia dopo che il segretario sarà morto?

— Sì. Ora va' di sotto.

Agnes scese con riluttanza tre gradini, reggendosi alla parete.

— Moriremo tutti? — domandò ancora.

— No — rispose Kivrin, e dentro di sé aggiunse: No, se io posso impedirlo. Poi richiuse il battente e si appoggiò contro di esso.

Il segretario giaceva ancora inerte e inconsapevole di quanto gli accadeva intorno, con tutto il suo essere concentrato disperatamente sulla battaglia contro un nemico che il suo sistema immunitario non aveva mai visto e contro cui non aveva difese.

Bussarono di nuovo alla porta.

— Va' di sotto, Agnes — disse Kivrin, ma questa volta si trattava di Padre Roche, che aveva in mano una ciotola di brodo proveniente dalle cucine e un vassoio di carboni ardenti.

Il prete porse a Kivrin la ciotola, il cui contenuto era tiepido e aveva un odore orribile, tanto che lei si chiese quali fossero i suoi ingredienti che avevano il potere di abbassare la febbre.