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— Bene — approvò Kivrin, anche se in quelle notizie non c'era nulla di buono. No, questo non era esatto… se non altro si trattava della forma bubbonica e non di quella polmonare, quindi c'era pur sempre una probabilità che la moglie e i due figli dell'uomo non restassero contagiati. Ma quante altre persone erano già state contagiate da Ulf, e chi aveva infettato lui? Ulf non poteva aver avuto nessun contatto con il segretario, quindi doveva aver contratto la malattia da uno dei servitori.

— Ci sono altri malati? — domandò.

— No.

Questo non significava nulla, perché la gente mandava a chiamare il prete soltanto quando era spaventata, quindi nel villaggio ci potevano già essere altri due o tre casi. O una dozzina.

Sedette sotto la finestra, cercando di pensare a cosa poteva fare… ma non c'era proprio nulla, nessun rimedio da adottare. La peste si era diffusa villaggio dopo villaggio, uccidendo intere famiglie e interi centri abitati. Da un terzo a metà della popolazione europea.

— No! — urlò Rosemund, e si agitò per cercare di alzarsi.

Kivrin e Roche scattarono entrambi verso di lei, ma la ragazza si era già accasciata di nuovo sul giaciglio; la coprirono, però lei allontanò subito le coltri scalciando.

— Lo dirò alla mamma, Agnes, bambina cattiva — mormorò. — Fammi uscire.

Con il calare della notte il freddo divenne più intenso. Roche portò su una scorta di carboni per il braciere e Kivrin si arrampicò sul sedile sotto la finestra per richiudere il telo di lino incerato, ma il gelo rimase spaventoso; Kivrin e Roche si raggomitolarono a turno vicino al braciere nel tentativo di dormire un poco, svegliandosi scossi da brividi violenti quanto quelli che squassavano Rosemund.

Il segretario non tremava ma si lamentò per il freddo con voce impastata da ubriaco. In effetti aveva mani e piedi gelidi e privi di sensibilità.

— Ci serve un fuoco — dichiarò Roche. — Dobbiamo portarli giù nella sala.

Non capisci, pensò Kivrin. La loro unica speranza consisteva infatti nel tenere i pazienti isolati per non permettere all'infezione di diffondersi. Essa però si era già diffusa, ricordò con preoccupazione, chiedendosi se anche Ulf aveva i piedi gelati e cosa avrebbe fatto per scaldarsi. Lei era stata in una di quelle capanne, vicino ad un fuoco che non avrebbe scaldato neppure un gatto.

Anche i gatti sono morti, pensò, guardando Rosemund. Il suo povero corpo era scosso dai brividi e lei appariva già più magra e devastata dalla malattia.

— La vita li sta abbandonando — osservò ancora Roche.

— Lo so — replicò lei, cominciando a raccogliere le coltri. — Dì a Maisry di spargere della paglia sul pavimento della sala.

Il segretario riuscì a scendere i gradini con le sue gambe, sorretto tanto da Kivrin che da Roche, ma il prete dovette trasportare Rosemund in braccio. Eliwys e Maisry stavano spargendo la paglia nell'area più lontana della sala, Agnes dormiva ancora e Imeyne era inginocchiata nello stesso punto della notte precedente, con le mani rigide congiunte davanti al volto.

Roche adagiò Rosemund al suolo ed Eliwys cominciò a coprirla.

— Dov'è mio padre? — domandò la ragazza, con voce rauca. — Perché non è qui?

Agnes si mosse. Entro un minuto si sarebbe svegliata e si sarebbe arrampicata sul pagliericcio della sorella per fissare il segretario con occhi sgranati… bisognava trovare il modo di tenerla al sicuro lontano da loro. Kivrin guardò verso le travature del tetto, che però erano troppo in alto anche nel punto sottostante il solaio perché si potessero appendere delle tende da esse, e poi ogni coperta e pelliccia disponibile era già stata impiegata per i letti. Iniziò quindi a rovesciare le panche e ad ammucchiarle in modo da formare una barricata, e Roche ed Eliwys vennero ad aiutarla, ribaltando i tavoli sui cavalletti e addossandoli alle panche.

Eliwys tornò quindi a sedersi accanto a Rosemund, che stava dormendo e appariva arrossata in volto alla luce del fuoco.

— Devi metterti una maschera — ammonì Kivrin.

Eliwys annuì ma non si mosse, allungando invece una mano a spingere indietro dal volto di Rosemund i lunghi capelli scuri e arruffati.

— Era la preferita di mio marito — disse.

Rosemund dormì quasi per metà della mattinata. Intanto Kivrin tirò da un lato del focolare i resti del ceppo natalizio e accumulò legna fresca sulle fiamme, lasciando scoperti i piedi del segretario in modo che il calore potesse raggiungerli.

Durante la Morte Nera i dottori del Papa lo avevano fatto stare seduto in una stanza fra due grandi fuochi e lui non aveva contratto la peste, per cui alcuni storici sostenevano che fosse stato il calore ad uccidere i bacilli della malattia; anche se più probabilmente il pontefice si era salvato tenendosi alla larga dal suo gregge altamente contagioso valeva la pena di tentare.

Vale la pena di tentare qualsiasi cosa, pensò Kivrin, guardando verso Rosemund, e ammucchiò altra legna nel focolare.

Sebbene si fosse già a metà mattina, Padre Roche andò a suonare il mattutino e il suono delle campane svegliò Agnes.

— Chi ha rovesciato le panche? — chiese, correndo verso la barricata.

— Non devi superare questo sbarramento — ordinò Kivrin, tenendosi lontano da esso, sull'altro lato. — Devi restare vicino a tua nonna.

Agnes si arrampicò su una panca e sbirciò oltre il bordo del tavolo.

— Vedo Rosemund — osservò. — È morta?

— È molto malata — replicò Kivrin, in tono severo, — e tu non devi avvicinarti a noi. Va' a giocare con il tuo carretto.

— Voglio vedere Rosemund — insistette la bambina, passando una gamba oltre il tavolo.

— No! — gridò Kivrin. — Va' a sederti vicino alla nonna!

Agnes rimase stupita per un momento, poi scoppiò in lacrime.

— Voglio vedere Rosemund — piagnucolò, ma andò a sedersi accanto a Imeyne con aria imbronciata.

— Il figlio maggiore di Ulf sta male — annunciò Roche, rientrando. — Ha i bubboni.

Nel corso della mattina si verificarono alti due casi, e un altro nel pomeriggio, compresa la moglie del castaldo: tranne lei, tutti presentavano i bubboni o piccoli rigonfiamenti simili a semi in corrispondenza delle ghiandole linfatiche.

Kivrin andò insieme a Roche a vedere la moglie del castaldo, che stava allattando il figlio neonato; il volto sottile della donna appariva ancora più affilato ma lei non tossiva né vomitava, quindi Kivrin si augurò che i bubboni non si fossero semplicemente ancora sviluppati.

— Indossa una maschera — disse al castaldo, — e nutrì il piccolo con il latte della mucca. E tieni gli altri bambini lontani da lei — aggiunse, sia pure senza nessuna speranza… sei bambini in due sole stanze.

Fa' che non sia peste polmonare, implorò dentro di sé. Non lasciare che si ammalino tutti.

Se non altro, Agnes era al sicuro. Da quando le aveva gridato contro non si era più avvicinata alla barricata; per un po' era rimasta seduta a fissare Kivrin con espressione così rovente che in altre circostanze sarebbe risultata comica, poi era andata in solaio a prendere il suo carretto e gli aveva apparecchiato un posto alla tavola alta, dove adesso stavano fingendo di banchettare insieme.

Rosemund era sveglia, e chiese da bere con voce rauca, tornando ad assopirsi non appena ebbe bevuto; perfino il segretario stava sonnecchiando, il ronzio nel suo respiro era meno acuto, e Kivrin si sedette accanto a Rosemund, grata di poter riposare un poco.

Sapeva che sarebbe dovuta andare ad aiutare Roche a prendersi cura dei figli del castaldo o almeno a controllare che avesse indosso la maschera e si lavasse le mani, ma improvvisamente si sentì troppo stanca per muoversi. Se soltanto potessi sdraiarmi per un momento, si disse, poi potrei escogitare qualcosa.

— Voglio andare a vedere Blackie — disse d'un tratto Agnes.

Kivrin si girò di scatto, scuotendosi con un sussulto da uno stato di dormiveglia, e vide che la bambina si era messa il mantello con il cappuccio rosso e si era avvicinata alla barricata quanto più osava.