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— Avevi promesso che mi avresti portata a vedere la tomba del mio cane — insistette.

— Abbassa la voce, o sveglierai tua sorella — replicò Kivrin.

Agnes si mise a piangere, ma non nella maniera acuta e rumorosa che usava quando voleva ottenere qualcosa… questi erano singhiozzi sommessi che indicavano come la bambina avesse raggiunto il limite della resistenza.

Non ce la fa più neppure lei, poverina, pensò Kivrin. È rimasta sola tutto il giorno senza poter raggiungere né me, né Roche né Rosemund, mentre tutti eravamo troppo distratti, occupati e spaventati per darle retta.

— Hai promesso — ripeté Agnes, con le labbra che le tremavano.

— Adesso non ti posso portare a vedere il tuo cucciolo — rispose Kivrin, in tono gentile, — però ti posso raccontare una storia… ma dovrai essere molto quieta — aggiunse, accostandosi un dito alle labbra, — perché non dobbiamo svegliare Rosemund o il segretario.

— Mi racconterai la storia della fanciulla nel bosco? — chiese Agnes, con un sussurro decisamente udibile, asciugandosi il naso gocciolante con una mano.

— Sì.

— Può ascoltare anche Carretto?

— Sì — confermò Kivrin, in tono sommesso.

Subito la bambina attraversò a precipizio la sala per andare a prendere il suo carro giocattolo, poi salì su una panca, pronta a scavalcare la barricata.

— Devi sederti per terra a ridosso del tavolo — avvertì Kivrin, — ed io farò lo stesso da questa parte.

— Ma così non riuscirò a sentirti — protestò Agnes, rannuvolandosi di nuovo in volto.

— Certo che ci riuscirai, se non farai rumore.

Agnes scese dalla panca e si sedette, sistemandosi a ridosso del tavolo e posando Carretto per terra accanto a sé.

— Non devi fare rumore — lo ammonì.

Dopo essere andata a dare una rapida occhiata ai suoi pazienti, Kivrin sedette a sua volta contro l'altro lato del tavolo e si appoggiò all'indietro, nuovamente assalita dalla spossatezza.

— Una volta in una terra lontana — la incitò Agnes.

— Una volta, in una terra lontana, viveva una fanciulla, che abitava vicino ad una grande foresta…

— Suo padre le aveva detto di non andare nel bosco, ma lei era cattiva e non l'ha ascoltato — interloquì Agnes.

— Era cattiva e non lo ha ascoltato — convenne Kivrin. — Si è messa il suo mantello…

— Un mantello rosso con il cappuccio — precisò Agnes, — ed è andata nel bosco, anche se suo padre le aveva raccomandato di non farlo.

Anche se suo padre le aveva raccomandato di non farlo.

— Non mi succederà niente — aveva detto lei al Signor Dunworthy. — Sono in grado di badare a me stessa.

— Non sarebbe dovuta andare nel bosco, vero? — domandò Agnes.

— Voleva vedere cosa c'era e ha pensato che avrebbe fatto soltanto poca strada — replicò Kivrin.

— Ma non avrebbe dovuto — dichiarò la bambina, in tono di condanna. — I boschi sono bui.

— Sono bui e pieni di rumori che fanno paura.

— E di lupi — rincarò Agnes, addossandosi maggiormente al tavolo per cercare di portarsi il più vicina possibile a Kivrin, che se la immaginò raggomitolata contro il legno e con il carretto stretto fra le braccia.

— La fanciulla si disse che quel posto non le piaceva e cercò di tornare indietro, ma non riusciva più a vedere il sentiero, era tanto buio e all'improvviso qualcosa le balzò davanti.

— Un lupo — sussurrò Agnes.

— No — la corresse Kivrin, — era un orso. E l'orso disse: 'Cosa ci fai nella mia foresta?'

— La fanciulla era spaventata — commentò Agnes, con voce sommessa e piena di timore.

— Certamente. 'Oh, ti prego, Orso, non mi mangiare,' disse la fanciulla. 'Mi sono persa e non riesco a trovare la strada di casa.' Ora, quell'orso era gentile nonostante il suo aspetto crudele, quindi rispose: 'Ti aiuterò io a trovare la strada per uscire dal bosco.' 'Come farai?' volle sapere la fanciulla. 'Qui è così buio.' E l'orso replicò: 'Lo chiederemo al gufo, che riesce a vedere al buio.'

Kivrin continuò a parlare, inventando la storia a mano a mano che andava avanti, e dopo un po' Agnes cessò di interromperla. Senza smettere di parlare, Kivrin si alzò allora in piedi per dare un'occhiata oltre la barricata.

— 'Conosci la strada per uscire dal bosco?' domandò l'orso al corvo, e questi rispose: 'Certamente.'

Agnes stava dormendo addossata al tavolo, con il mantello allargato tutt'intorno e il carretto stretto contro il petto.

Kivrin pensò che avrebbe dovuto coprirla, ma non osava farlo perché tutte le coltri erano piene di germi della peste. Spostò quindi lo sguardo su Lady Imeyne, che sedeva in ginocchio in un angolo, intenta a pregare con la faccia rivolta verso il muro.

— Lady Imeyne — chiamò in tono sommesso, ma la vecchia non mostrò di aver sentito.

Kivrin ammucchiò altra legna sul fuoco e tornò a sedere dall'altro lato della barricata, appoggiando la testa all'indietro contro il tavolo rovesciato.

— 'Conosco la strada per uscire dal bosco,' rispose il corvo — riprese a narrare in tono sommesso, — ma poi volò via oltre le cime degli alberi, così veloce che non poterono seguirlo.

A quel punto dovette addormentarsi, perché quando riaprì gli occhi il fuoco si era consumato e il collo le doleva. Rosemund e Agnes dormivano ancora ma il segretario era sveglio e la chiamò con suoni inarticolati. Adesso la peluria bianca gli copriva tutta la lingua e il suo respiro era così immondo che Kivrin dovette girare la testa di lato per poter respirare, mentre il bubbone aveva ripreso ad emettere un liquido denso e scuro che puzzava di carne marcia. Kivrin vi applicò una nuova benda serrando i denti per non vomitare, poi portò la vecchia fasciatura nell'angolo più lontano della sala e andò al pozzo a lavarsi le mani, rovesciando dal secchio l'acqua gelida prima su una mano e poi sull'altra e traendo profondi respiri.

Roche entrò nel cortile.

— Ulric, il figlio di Hal, e il figlio maggiore del castaldo, Walthef — annunciò, rientrando con lei in casa e inciampando nella panca più vicina alla porta.

— Sei sfinito — osservò Kivrin. — Dovresti sdraiarti e riposare.

Dall'altro lato della sala Imeyne si alzò faticosamente in piedi, come se le gambe le si fossero intorpidite, e si diresse verso di loro.

— Non mi posso fermare, sono soltanto venuto a prendere un coltello per tagliare dei rami di salice — replicò il prete, ma si sedette accanto al fuoco, fissandolo con espressione vacua.

— Riposa almeno un momento — lo incitò Kivrin, — mentre vado a prenderti un po' di birra.

E spinse di lato una panca accennando ad allontanarsi.

— Tu hai causato questa malattia — dichiarò Lady Imeyne.

Kivrin si volse. La vecchia era ferma nel centro della sala e stava fissando Roche con occhi roventi, tenendo stretto al petto il Libro delle Ore con entrambe le mani da cui pendeva il suo reliquiario.

— Sono stati i tuoi peccati a portare qui la malattia — continuò la vecchia, e rivolgendosi verso Kivrin elencò: — Ha recitato la litania per la festa di San Martino nel Giorno di Sant'Eusebio, e la sua alba è sporca. — Il suo tono era lo stesso che aveva usato quando si era lamentata con la sorella di Sir Bloet, e le sue mani stavano armeggiando con il reliquiario, contando le colpe del prete sulla catena come fossero state le avemarie del rosario. — Spegne le candele pizzicando lo stoppino e spezzandolo.

Osservandola, Kivrin si disse che la vecchia stava cercando di giustificare il proprio senso di colpa: era stata lei a contattare il vescovo dicendogli dove si trovavano e chiedendo un nuovo cappellano, e non riusciva a sopportare la consapevolezza di aver contribuito a far giungere lì la pestilenza. Nonostante tutto, però, Kivrin non riuscì a provare compassione per lei.