Non hai il diritto di biasimare Roche, pensò. Lui ha fatto tutto il possibile mentre tu te ne sei stata inginocchiata nel tuo angolo a pregare.
— Dio non ha mandato la peste per punirci — le rispose in tono gelido. — È soltanto una malattia.
— Lui ha dimenticato il Confiteor Deo — insistette Imeyne, ma tornò zoppicando nel suo angolo e si rimise in ginocchio. — Ha messo le candele dell'altare sulla parete divisoria.
— La colpa non è di nessuno — garantì Kivrin, avvicinandosi a Roche.
— Se Dio ci sta punendo — mormorò lui, con lo sguardo fisso nel fuoco, — deve essere a causa di qualche terribile peccato.
— I peccati non c'entrano — insistette Kivrin, — e questa non è una punizione.
— Dominus! — urlò il segretario, cercando di sollevarsi a sedere, poi fu assalito da un nuovo accesso di tosse, così violento e devastante da dare l'impressione che il petto gli si stesse lacerando.
Il rumore svegliò Rosemund che cominciò a lamentarsi, e Kivrin si disse che anche se quella non era una punizione, di certo sembrava tale.
Il sonno non era stato di nessun aiuto a Rosemund, che aveva di nuovo la febbre alta e gli occhi che cominciavano ad apparire infossati; al minimo movimento sussultava come se l'avessero fustigata.
Sta morendo, si rese conto Kivrin. Devo fare qualcosa.
Quando Roche rientrò lo mandò nella stanza di sopra a prendere il cofanetto con i medicinali di Imeyne. La vecchia seguì ogni cosa con lo sguardo, continuando a muovere le labbra nella preghiera, ma quando Kivrin le posò davanti il cofanetto chiedendole cosa ci fosse nei diversi sacchetti lei si accostò le mani giunte al volto e chiuse gli occhi.
Kivrin riconobbe da sola alcune di quelle erbe, perché la Dottoressa Ahrens le aveva fatto studiare un po' di medicina officinale: nel cofanetto c'erano consolida e polmonaria e foglie di tanaceto. C'erano inoltre un sacchettino di solfuro di mercurio in polvere, una sostanza che nessuno sano di mente avrebbe somministrato a qualcuno, e un pacchetto di digitale, che era quasi altrettanto pericolosa.
Fatta bollire un po' d'acqua vi mise in infusione ogni erba che conosceva, ottenendo una bevanda dalla fragranza meravigliosa, simile ad un alito di aria estiva, e dal sapore non più amaro di quello dell'infuso di corteccia di salice, ma neppure questo fu di qualche aiuto. Al tramonto il segretario tossiva ormai senza requie e chiazze rosse avevano cominciato ad apparire sullo stomaco e sulle braccia di Rosemund, mentre il suo bubbone aveva raggiunto le dimensioni di un uovo ed era altrettanto duro. Quando Kivrin lo toccò la ragazza lanciò un grido di dolore.
Durante la Morte Nera i dottori avevano applicato impiastri sui bubboni o li avevano incisi… ma del resto avevano anche effettuato salassi e somministrato arsenico. Il segretario era parso stare un po' meglio dopo che il suo bubbone si era rotto, ed era ancora vivo, ma d'altro canto c'era il rischio che l'incisione del bubbone causasse un allargarsi dell'infezione o, peggio ancora, la diffondesse nel sangue.
Kivrin riscaldò dell'acqua e preparò dei panni bagnati da mettere sul bubbone, ma anche se l'acqua era appena tiepida Rosemund urlò al primo contatto e Kivrin fu costretta a fare di nuovo ricorso all'acqua fredda, che non serviva a nulla.
Non c'è niente che serva a qualcosa, pensò sconsolata, mentre teneva il panno freddo contro l'ascella di Rosemund. Niente.
Doveva trovare il sito… ma i boschi si allargavano tutt'intorno per chilometri e c'erano centinaia di querce, dozzine di radure, e non sarebbe mai riuscita a individuare quella giusta. E poi, non poteva lasciare Rosemund.
Forse Gawyn sarebbe tornato. Durante la peste alcune città avevano sbarrato le porte, quindi forse lui non era riuscito a entrare a Bath o forse aveva incontrato dei profughi lungo la strada e parlando con loro si era reso conto che Lord Guillaume doveva essere morto.
Torna indietro, implorò mentalmente. Spicciati a tornare indietro.
Per l'ennesima volta esaminò il contenuto del cofanetto di Imeyne, assaggiando quello che c'era nei singoli sacchetti. La polvere gialla era zolfo… durante le epidemie i dottori lo avevano bruciato per purificare l'aria con il suo fumo, e lei ricordava di aver studiato nel corso di Storia della Medicina che lo zolfo uccideva certi batteri, anche se non ricordava se questo avvenisse soltanto in alcuni composti dello zolfo. In ogni caso, era una misura meno pericolosa che incidere il bubbone.
Per fare una prova lasciò cadere un pizzico di polvere sul fuoco ed essa esalò immediatamente una nube gialla che le bruciò la gola anche attraversola maschera. Il segretario annasò per respirare e Imeyne cominciò a tossire violentemente nel suo angolo.
Kivrin si era aspettata che il puzzo di uovo marcio si disperdesse in pochi minuti, ma il fumo giallo rimase sospeso nell'aria come una cortina, bruciando gli occhi. Maisry corse fuori tossendo con la faccia nascosta nel grembiule ed Eliwys portò Imeyne e Agnes nel solaio per sottrarsi a quella puzza.
Kivrin puntellò la porta della sala in modo che restasse aperta e smosse l'aria con uno dei panni di cucina, riuscendo a disperdere il fumo a poco a poco anche se si sentiva ancora la gola in fiamme. Il segretario continuò a tossire, ma Rosemund smise e il suo battito rallentò al punto che non si riusciva quasi più ad avvertirlo.
— Non so più cosa fare — ammise Kivrin, tenendo fra le mani il polso secco e rovente della ragazza. — Ho tentato di tutto.
Roche entrò tossendo nella sala.
— È colpa dello zolfo — spiegò Kivrin, poi aggiunse: — Rosemund sta peggio.
Roche guardò la ragazza e controllò il suo polso, poi tornò ad uscire e Kivrin interpretò la cosa come un segno positivo… di certo il prete non se ne sarebbe andato se Rosemund fosse stata davvero grave.
Roche tornò però di lì a poco con indosso i paramenti e portando con sé l'olio e il viatico per il rito estremo.
— Cosa è successo? — domandò Kivrin. — La moglie del castaldo è morta?
— No — replicò lui, e spostò lo sguardo su Rosemund.
— No — sussurrò Kivrin, alzandosi in piedi per interporsi fra lui e la ragazza. — Non te lo permetterò.
— Non deve morire senza essere stata confessata — affermò il prete.
— Rosemund non sta morendo — insistette lei.
Poi però seguì con lo sguardo quello del prete e si accorse che la ragazza sembrava già morta, con le labbra screpolate semiaperte e gli occhi vacui e fissi; la sua pelle aveva assunto una tonalità giallastra ed era tesa al massimo sul volto sottile.
No, pensò disperatamente Kivrin. Devo fare qualcosa per impedire che muoia. Ha soltanto dodici anni.
Roche venne avanti con il calice e Rosemund sollevò un braccio come in un gesto di supplica, lasciandolo poi ricadere.
— Dobbiamo incidere il bubbone e far uscire il veleno — disse Kivrin.
Per un momento credette che Roche avrebbe rifiutato e avrebbe insistito per sentire prima la confessione della ragazza, ma lui posò invece il contenitore dell'olio e il calice sul pavimento di pietra e andò a prendere un coltello.
— Bada che sia affilato — gli gridò dietro Kivrin, — e porta del vino. Mentre aspettava rimise sul fuoco la pentola dell'acqua e quando Roche fu di ritorno lavò il coltello con l'acqua del secchio, grattando via con l'unghia la porcizia incrostata vicino all'impugnatura, poi lo tenne sul fuoco dopo aver avvolto l'elsa in un angolo della sua sopravveste e infine vi versò sopra in successione acqua bollente, vino e ancora acqua.
Spostarono quindi Rosemund più vicina al fuoco con il fianco dove c'era il bubbone rivolto verso di esso in modo che fosse illuminato al massimo, e Roche s'inginocchiò accanto alla testa della ragazza mentre Kivrin le sfilava con delicatezza il braccio dalla camicia e le appallottolava la stoffa sotto la testa come un cuscino. Infine Roche afferrò il braccio di Rosemund e lo tenne girato in modo da esporre il gonfiore.