Lasciò scorrere lo sguardo su di loro, dalla figlia maggiore bruna e massiccia come il padre al bambino più giovane che aveva il volto affilato della madre, al neonato ossuto.
Vi ammalerete tutti, pensò, e poi ce ne vorranno soltanto altri otto per arrivare al cinquanta per cento.
Le sembrava di non riuscire più a provare emozioni di sorta, neppure quando il neonato cominciò a piangere e la ragazza più grande se lo prese sulle ginocchia, infilandogli in bocca il dito sporco.
Speriamo che ci siano soltanto tredici casi, pregò dentro di sé. Venti al massimo.
Non riuscì a provare nessun sentimento neppure per il segretario, anche se era evidente che non avrebbe superato la notte. Adesso aveva la lingua e le labbra coperte di una sostanza viscida e marrone e tossendo sputava una sostanza acquosa striata di sangue. Kivrin continuò ad accudirlo in maniera automatica, svuotata di ogni sentimento.
Siamo tutti intorpiditi dalla mancanza di sonno, si disse, sdraiandosi accanto al fuoco e cercando di dormire… ma ormai sembrava aver raggiunto un punto in cui non era più capace di riposare, o di avvertire la stanchezza.
Altre otto persone, pensò, sommandole mentalmente. La madre del ragazzo prenderà il contagio, e anche la moglie e i figli dell'intendente… ne restano ancora quattro. Speriamo che non si tratti di Agnes o di Eliwys. O di Roche.
Il mattino successivo Roche trovò la cuoca che giaceva semicongelata nella neve davanti alla sua capanna, tossendo e sputando sangue.
Nove, sommò mentalmente Kivrin.
La cuoca era una vedova che non aveva nessuno che potesse accudirla, quindi la portarono nella sala e l'adagiarono accanto al segretario che… sorprendentemente… era ancora vivo. Ormai l'emorragia sottocutanea si era estesa a tutto il corpo e il suo petto era solcato da una rete di segni purpurei, le braccia e le gambe erano di un nero quasi assoluto, mentre le guance si andavano scurendo sotto lo strato di barba bruna che sembrava anch'essa un sintomo del male.
Rosemund giaceva ancora pallida e silenziosa fra le sue coperte, in equilibrio precario fra la vita e la morte, ed Eliwys l'accudiva con attenzione e in silenzio, come se il minimo movimento o il minimo suono potessero alterare quell'equilibrio e causare la morte della figlia. Anche Kivrin cercava di fare meno rumore possibile, aggirandosi in punta di piedi fra i pagliericci… e avvertendo quell'esigenza di assoluto silenzio Agnes infine cedette completamente alla tensione.
La bambina si mise a piagnucolare, si aggrappò alla barricata, chiese a più riprese a Kivrin di portarla a vedere il suo cane, a trovare il suo pony, a prendere qualcosa da mangiare, o di finire di raccontarle la storia della ragazza cattiva che si era persa nel bosco.
— Come finisce? — piagnucolò, con un tono di voce che stridette sui nervi tesi di Kivrin. — La ragazza viene mangiata dai lupi?
— Non lo so — scattò Kivrin, dopo la quarta volta. — Va' a sederti vicino alla nonna.
Agnes scoccò un'occhiata piena di disprezzo in direzione di Lady Imeyne, che era sempre inginocchiata nel suo angolo, con le spalle rivolte a tutti loro e che era rimasta così per tutta la notte.
— La nonna non vuole giocare con me — replicò.
— Allora gioca con Maisry.
La bambina lo fece ma la cosa durò appena cinque minuti perché lei tormentò la serva in maniera tale da indurla a reagire e tornò di lì a poco urlando che Maisry l'aveva pizzicata.
— Non mi sento di biasimarla — ritorse Kivrin, e le mandò entrambe nel solaio.
Andò quindi a controllare le condizioni del ragazzo e scoprì che era migliorato al punto da riuscire a sedersi; al suo ritorno trovò Maisry raggomitolata nell'alto seggio e profondamente addormentata.
— Dov'è Agnes? — chiese.
— Non lo so — rispose Eliwys, guardandosi intorno con aria vacua. — Erano in solaio.
— Maisry, svegliati — ingiunse Kivrin, avvicinandosi al seggio alto. — Dov'è Agnes?
La ragazza la fissò sbattendo le palpebre con aria stupida.
— Non avresti dovuto lasciarla sola — la rimproverò Kivrin.
Salì quindi in solaio, ma Agnes non c'era, e non era neppure nella stanza di Rosemund. Quando ridiscese dabbasso trovò che Maisry aveva lasciato l'alto seggio e si era raggomitolata contro la parete con aria terrorizzata.
— Dov'è Agnes? — domandò ancora Kivrin.
Maisry si portò le mani agli orecchi in un gesto di difesa e la guardò stupidamente, a bocca aperta.
— Proprio così — dichiarò Kivrin, — ti picchierò sugli orecchi se non mi dici dove si trova.
Maisry cominciò ad ululare, emettendo un suono acuto che sembrava quello di un animale.
— Smettila! — ingiunse Kivrin. — Mostrami dov'è andata.
E spinse la serva verso i paravento.
— Cosa succede? — chiese Roche, entrando in quel momento.
— Si tratta di Agnes — spiegò Kivrin. — Dobbiamo trovarla. Potrebbe essere andata nel villaggio.
— Non l'ho vista — replicò il prete, scuotendo il capo. — È più probabile che sia qui fuori da qualche parte.
— Nelle stalle — esclamò Kivrin, sollevata. — Ha detto che voleva andare a vedere il suo pony.
Però la bambina non era nelle stalle.
— Agnes! — chiamò Kivrin, nell'oscurità impregnata dell'odore del letame. — Agnes!
Il pony della bambina nitrì e cercò di uscire dal suo stallo, e Kivrin si chiese quando fosse stato nutrito per l'ultima volta e dove fossero finiti i cani.
— Agnes! — chiamò ancora, cercando in ciascuna delle casse e dietro la mangiatoia, dovunque potesse essersi nascosta una bambinetta, magari finendo poi per addormentarsi.
Si disse quindi che forse Agnes era andata nel granaio e uscì dalla stalla, riparandosi gli occhi dall'improvviso bagliore della luce esterna. Roche stava emergendo proprio allora dalle cucine.
— L'hai trovata? — gli chiese, ma si accorse che il prete non l'aveva neppure sentita, perché stava guardando verso le porte con la testa piegata da un lato, come se fosse in ascolto.
Kivrin tese allora l'orecchio a sua volta, ma non riuscì a udire nulla.
— Cosa c'è? — domandò ancora. — La senti piangere?
— È il Signore — dichiarò il prete, e spiccò la corsa verso le porte.
Oh, no… non Roche, gemette interiormente Kivrin, lanciandosi al suo inseguimento. Intanto lui si era fermato e stava aprendo le porte.
— Padre Roche — chiamò Kivrin… poi sentì il cavallo.
Stava galoppando verso di loro e il rumore degli zoccoli era intenso sul terreno congelato.
Roche si stava riferendo al signore del maniero, pensò Kivrin. Crede che sia finalmente arrivato il marito di Eliwys… O forse è il Signor Dunworthy, si disse, con un'assurda ondata di speranza.
Roche intanto sollevò la pesante sbarra e la lasciò scivolare da un lato.
Abbiamo bisogno di streptomicina e di disinfettante, e bisognerà portare Rosemund in ospedale, perché ha bisogno di una trasfusione.
Roche aveva tolto la sbarra e stava aprendo le porte.
E ci serve anche il vaccino, pensò ancora Kivrin, assurdamente. È meglio che ci porti quello orale. Dov'è Agnes? Il Signor Dunworthy deve portare Agnes al sicuro, lontano da qui.
Il cavallo aveva già quasi raggiunto le porte quando lei ritrovò la chiarezza mentale.
— No! — gridò, ma ormai era troppo tardi, perché Roche aveva già spalancato i battenti.
— Non può entrare qui — gridò Kivrin, guardandosi intorno selvaggiamente alla ricerca di qualcosa con cui mettere in guardia chi stava arrivando. — Prenderà la peste.
Dopo aver seppellito Blackie aveva lasciato la pala vicino alla stia dei maiali ed ora corse a prenderla.
— Non lasciargli oltrepassare le porte — gridò, e Roche sollevò le mani in un gesto di avvertimento, ma ormai il cavaliere era già entrato nel cortile.