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Kivrin non poteva avere idea di cosa era successo. Avrebbe pensato di essere nel posto sbagliato nel momento sbagliato, di aver perso in qualche modo il conto dei giorni durante la pestilenza o che qualcosa fosse andato storto con la transizione. Avrebbe pensato che l'avevano abbandonata.

— Allora? — domandò la Signora Gaddson. — Altre richieste?

— No.

La Signora Gaddson tornò subito al Vecchio Testamento.

— «Perché essi periranno di spada, di carestia e di pestilenza» — lesse. — «Anche colui che è lontano morirà di pestilenza.»

Nonostante tutto riuscì ad addormentarsi e finalmente al risveglio trovò un'atmosfera che non era quella del solito interminabile pomeriggio uniforme. Fuori pioveva ancora, ma adesso nella stanza c'erano delle ombre e le campane stavano suonando le quattro del pomeriggio. L'infermiera amica di William lo aiutò ad arrivare in bagno. Il libro era spanto e lui si chiese se Colin fosse tornato a prenderlo senza che se ne accorgesse, ma quando l'infermiera aprì lo sportello inferiore del comodino per prendergli le pantofole vide che era stato riposto lì. Chiese quindi all'infermiera di sollevare il letto in modo da poter stare seduto e non appena se ne fu andata si mise gli occhiali e ricominicò a leggere.

La peste si era diffusa così a casaccio e con tale violenza che la gente dell'epoca non era riuscita a credere che fosse una malattia naturale e aveva accusato i lebbrosi, le vecchie e i ritardati mentali di avvelenare i pozzi e di gettare maledizioni su di loro. Qualsiasi persona strana o sconosciuta era subito ritenuta sospetta. Nel Sussex avevano lapidato due viandanti e nello Yorkshire avevano bruciato sul rogo una giovane donna.

— Così è qui che era finito… credevo di averlo perso. — commentò Colin, entrando nella stanza; aveva indosso la sua giacca verde ed era molto bagnato. — Ho dovuto trasportare le cassette delle campane a mano fino alla chiesa Riformata per conto della Signora Taylor, e fuori sta diluviando — spiegò.

Dunworthy si sentì assalire dal sollievo nel sentire il nome della Signora Taylor, e si rese conto di essersi trattenuto dal fare domande sul conto degli «ospiti» forzati di Balliol per timore di sentire cattive notizie.

— Allora la Signora Taylor sta bene?

Colin toccò il bottone di fondo della sua giacca, che si aprì di scatto spruzzando acqua da tutte le parti.

— Sì. Devono tenere un concerto di campane di qualche tipo per conto della Santa Chiesa Riformata il giorno quindici — replicò, sporgendosi in avanti in modo da poter vedere il passo che lui stava leggendo.

— E gli altri suonatori di campane? — domandò Dunworthy, chiudendo il volume e porgendoglielo. — La Signora Piantini?

— È ancora in ospedale, tanto magra che non la si riconosce — rispose Colin, aprendo il libro. — Stava leggendo la parte che riguarda la Morte Nera, non è così?

— Sì — ammise Dunworthy. — Finch non ha contratto il virus, vero?

— No. Ha continuato a sostituire la Signora Piantini come tenore. Adesso è molto agitato perché fra le cose che hanno mandato da Londra non c'era la carta igienica, e lui sostiene che è quasi finita. Ha litigato con l'Arpia a questo proposito — spiegò Colin, poi chiuse il libro e aggiunse: — Che ne sarà della sua allieva?

— Non lo so — ammise Dunworthy.

— Non c'è niente che lei possa fare per tirarla fuori?

— No.

— La Morte Nera è stata terribile — osservò Colin. — Sono morte tante persone che non sono riusciti neppure a seppellirle e le hanno lasciate in mucchi per le strade.

— Non posso recuperarla, Colin. Abbiamo perso i dati necessari quando Gilchrist ha disattivato la rete.

— Lo so, ma non c'è qualche altra cosa che si possa fare?

— No.

— Ma…

— Ho intenzione di parlare con il suo dottore perché impedisca le visite — intervenne l'infermiera, prendendo Colin per il colletto della giacca.

— Allora cominci con l'impedire quelle della Signora Gaddson — ritorse Dunworthy. — E dica a Mary che vorrei vederla.

Mary non venne, ma Montoya passò a trovarlo, ovviamente appena rientrata dai suoi scavi, visto che era infangata fino alle ginocchia e i suoi capelli neri erano incrostati di chiazze di fanghiglia grigia. Con lei c'era Colin, la cui giacca verde era fradicia.

— Siamo dovuti sgusciare dentro quando lei non stava guardando — lo informò Colin.

Montoya aveva perso parecchio peso: le mani con cui stringeva la testata del letto erano molto magre e l'orologio le girava intorno al polso.

— Come si sente? — gli chiese.

— Meglio — mentì lui, guardandole le mani… c'era del fango anche sotto le unghie. — E lei?

— Meglio.

Non appena l'avevano rilasciata dall'ospedale doveva essere tornata immediatamente agli scavi per cercare il registratore, e adesso era venuta direttamente qui.

— Lei è morta, vero? — chiese Dunworthy.

Le mani di Montoya serrarono la testata del letto, poi si rilassarono.

— Sì.

Kivrin si era trovata nel posto giusto, dopo tutto, le coordinate locazionali erano state spostate soltanto di qualche chilometro, o forse di qualche metro, e lei era riuscita a trovare la strada fra Oxford e Bath, a raggiungere Skendgate. E vi era morta, vittima dell'influenza contratta prima di partire, o uccisa dalla carestia successiva alla peste, o dalla disperazione. Era morta da settecento anni.

— Allora lo ha trovato — disse, e la sua non era una domanda.

— Trovato cosa? — domandò Colin.

— Il registratore di Kivrin.

— No — rispose Montoya.

— Ma lo troverà — ribatté Dunworthy, senza provare sollievo.

Le mani di lei tremarono un poco, intorno alla testata del letto.

— Mi ha chiesto Kivrin di cercarlo — spiegò. — Il giorno della transizione. È stata lei a suggerire che il registratore somigliasse ad una sporgenza ossea, in modo che i dati registrati potessero sopravvivere anche se lei non ce l'avesse fatta. 'Il Signor Dunworthy si preoccupa inutilmente,' ha detto, 'ma se qualcosa dovesse andare storto cercherò di farmi seppellire nel cortile della chiesa in modo che lei… che lei non debba scavare in giro per mezza Inghilterra' — concluse, con un nodo in gola.

Dunworthy chiuse gli occhi.

— Però non può sapere che è morta se non ha trovato il registratore — intervenne Colin. — Ha detto di non sapere neppure dove sia, quindi come può dire che è morta?

— Agli scavi abbiamo condotto degli esperimenti con delle cavie di laboratorio. Basta un quarto d'ora di esposizione per contrarre l'infezione, e Kivrin è stata esposta direttamente alla tomba per oltre tre ore. Esiste una probabilità del 75 per cento che abbia contratto il virus, e con gli scarsi supporti medicinali esistenti nel quattordicesimo secolo è probabile che abbia sviluppato delle complicazioni.

Scarsi supporti medicinali. Quello era un secolo in cui le persone venivano curate con i salassi e la stricnina, in cui non si era mai sentito parlare di sterilizzazione, di germi o di linfociti. L'avrebbero coperta di orribili impiastri e avrebbero borbottato preghiere e le avrebbero praticato salassi.

«E i dottori praticavano salassi, ma molti morivano lo stesso» c'era scritto nel libri di Gilchrist.

— Senza gli antimicrobici e il rinforzo dei linfociti T la percentuale di mortalità è del quarantanove per cento. La Sezione Statistiche…

— La Sezione Statistiche — la interruppe Dunworthy, in tono amaro. — Questi sono i dati di Gilchrist?

Montoya scoccò un'occhiata a Colin e si accigliò un poco.

— Esiste una probabilità del 75 per cento che Kivrin abbia contratto il virus e del 68 per cento che sia stata esposta alla peste. La percentuale di contagiosità della peste bubbonica è del 91 per cento e il livello di mortalità…

— Non può aver contratto la peste perché era stata immunizzata — interruppe Dunworthy. — La Dottoressa Ahrens o Gilchrist non l'hanno informata al riguardo?