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Montoya guardò di nuovo Colin, sempre più accigliata.

— Hanno detto che non avevo il permesso di informarlo — spiegò Colin, guardando l'archeologa con aria di sfida.

— Informarmi di cosa? Gilchrist è malato? — chiese Dunworthy. Ricordava di aver guardato gli schermi spenti e di essere crollato nelle braccia di Gilchrist, quindi forse lo aveva infettato nel crollargli addosso.

— Il Signor Gilchrist è morto d'influenza tre giorni fa — mormorò Montoya.

Dunworthy spostò lo sguardo su Colin.

— Che altro ti hanno ordinato di tenermi nascosto? — domandò. — Chi altri è morto mentre io ero malato?

Montoya sollevò la mano sottile come la carta per fermare il ragazzo, ma ormai era troppo tardi.

— La prozia Mary — aveva già risposto Colin.

ESTRATTO DAL DOMESDAY BOOK
(064996-065537)

Maisry è fuggita. Roche e io l'abbiamo cercata dappertutto, temendo che si fosse ammalata e si fosse nascosta in un angolo, ma il castaldo l'ha vista dirigersi verso i boschi mentre era impegnato a scavare la tomba per Walthef, e ha detto che era in sella al pony di Agnes.

Maisry otterrà soltanto di diffondere il contagio, o di finire in qualche villaggio dove la peste è già arrivata. Adesso è tutt'intorno a noi e le campane suonano una dopo l'altra come per i vespri ma senza un ritmo preciso, come se i campanari fossero impazziti, tanto che è impossibile determinare se i colpi sono nove oppure tre. Questa mattina le campane doppie di Courcy hanno scandito un solo colpo. Mi chiedo se sia morto un neonato o una di quelle ragazzine chiacchierone.

Rosemund è ancora in stato d'incoscienza e il suo polso è molto debole. Agnes grida e lotta in preda al delirio e continua a chiedermi di venire ma poi non mi permette di avvicinarmi. Quando cerco di parlarle urla e si dibatte come se avesse un attacco epilettico.

Eliwys si sta distruggendo cercando di accudire Agnes e Lady Imeyne, che mi urla contro «Demonio!» quando cerco di provvedere a lei e che per poco non mi ha procurato un occhio nero, questa mattina. L'unico che mi lascia avvicinare è il segretario, che è ormai alla fine e non può durare un altro giorno. Il puzzo che esala è tale che ho dovuto spostarlo all'estremità opposta della stanza e il suo bubbone ha ripreso a suppurare.

(Pausa)

Gunni, il secondogenito del castaldo.

La donna con le cicatrici di scrofola sul collo.

Il padre di Maisry.

Il chierichetto di Padre Roche, Cob.

(Pausa)

Lady Imeyne sta molto male. Padre Roche ha cercato di somministrarle l'estrema unzione, ma lei ha rifiutato di confessarsi.

— Devi rappacificarti con Dio prima di morire — le ha detto Roche.

— La colpa di tutto questo è sua — ha ribattuto però lei, girando la faccia verso il muro.

(Pausa)

Trentuno casi, oltre il settantacinque per cento del villaggio. Questa mattina Roche ha consacrato parte della piazza perché il cortile della chiesa è quasi pieno.

Maisry non è tornata. Probabilmente starà dormendo sull'alto seggio di qualche maniero i cui abitanti sono fuggiti tutti, e quando questa pestilenza sarà finita diventerà l'antenata di qualche vecchia e nobile famiglia.

Forse è questo che non va nella nostra epoca, Signor Dunworthy, e cioè che è stata fondata da Maisry e dall'inviato del vescovo e da Sir Bloet. Mentre tutte le persone che sono rimaste ed hanno cercato di essere d'aiuto, come Roche, hanno contratto la peste e sono morte.

(Pausa)

Lady Imeyne è priva di conoscenza e Padre Roche le sta somministrando l'estrema unzione. Sono stata io a dirgli di farlo.

— È la malattia a parlare, la sua anima non si è rivoltata contro Dio — ho detto, il che non è vero e forse lei non merita il perdono, ma non merita neppure quello che le sta succedendo, di morire con il corpo corroso dalla peste, e non posso certo biasimarla di dare la colpa a Dio quando io stessa la do a lei. E nessuno dei due è responsabile, questa è soltanto una malattia.

Il vino consacrato è finito, e anche l'olio di oliva. Adesso Padre Roche sta usando l'olio delle cucine che ha un odore rancido. Quando le tocca con esso le tempie e il palmo delle mani, la pelle si tinge di nero.

È una malattia.

(Pausa)

Agnes sta peggio. È terribile vederla lì distesa ad ansimare come il suo povero cucciolo e a urlare:

— Dite a Kivrin di venire a prendermi! Questo posto non mi piace!

Perfino Roche non riesce a sopportarlo.

— Perché Dio ci punisce così? — mi ha chiesto.

— Non è una punizione, è una malattia — ho ripetuto, ma non è una risposta valida e lui lo sa.

Tutta l'Europa lo sa, e lo sa anche la Chiesa. Cercherà di accampare scuse ancora per qualche secolo ma non potrà sorvolare il fatto essenziale… che Lui ha permesso che succedesse, che non è venuto a salvare nessuno.

(Pausa)

Le campane hanno smesso di suonare e Roche mi ha chiesto se pensavo che volesse dire che la peste era finita.

— Forse Dio è riuscito a venirci in aiuto, dopo tutto — ha detto.

Io non lo credo. A Tournai, i funzionari ecclesiastici avevano mandato l'ordine di smettere di suonare le campane perché spaventavano la gente, e forse il vescovo di Bath ha fatto la stessa cosa.

Il suono era spaventoso, ma il silenzio è ancora peggiore. È come la fine del mondo.

30

Mary era morta quasi subito dopo che lui si era ammalato. Aveva contratto il virus il giorno in cui era arrivato l'analogo e aveva sviluppato una polmonite… e dopo due giorni il suo cuore aveva smesso di battere. Il sei di gennaio, il giorno dell'Epifania.

— Avresti dovuto dirmelo — rimproverò Dunworthy.

— Io gliel'ho detto — protestò Colin. — Non lo ricorda?

Lui non ricordava assolutamente nulla e non si era insospettito neppure quando la Signora Gaddson aveva ottenuto libero accesso alla sua stanza o quando Colin aveva commentato che «non gli dicevano niente». Non gli era neppure parso strano che Mary non fosse venuta a trovarlo.

— Le ho detto quando si è ammalata — insistette Colin, — e anche quando è morta, ma lei stava troppo male per darmi retta.

Dunworthy pensò a come Colin dovesse aver aspettato fuori della stanza della prozia in attesa di notizie e fosse poi venuto da lui per cercare di informarlo.

— Mi dispiace, Colin — mormorò.

— Non poteva farci nulla se era malato — replicò il ragazzo. — Non è stata colpa sua.

Dunworthy aveva detto quelle stesse parole alla Signora Taylor, che però non vi aveva creduto neppure per un momento, proprio come ora lui non riusciva a credere a Colin. E riteneva che non ci credesse neppure il ragazzo stesso.

— Non si preoccupi — insistette Colin. — Sono stati tutti gentili, tranne l'infermiera decrepita, che non voleva permettermi di vederla neppure quando ha cominciato a migliorare, e l'Arpia che continuava a leggermi passi delle Scritture che parlavano di come Dio abbatte gli empi. Il Signor Finch ha telefonato a mia madre e siccome lei non poteva venire ha provveduto di persona a prendere gli accordi per il funerale. È stato molto gentile e anche gli Americani lo sono stati… hanno continuato a regalarmi dei dolci.

— Mi dispiace — mormorò ancora Dunworthy, e tornò a ripeterlo dopo che Colin se ne fu andato, espulso dalla stanza dall'infermiera decrepita. — Mi dispiace.

Da allora il ragazzo non era più tornato, e Dunworthy non sapeva se l'infermiera gli aveva proibito l'accesso alla stanza o se nonostante tutto Colin non lo aveva perdonato.

Lui gli era venuto meno e lo aveva abbandonato, se n'era andato lasciandolo alla mercé della Signora Gaddson, dell'infermiera e dei dottori che non volevano dirgli nulla, era andato in un posto dove non poteva essere raggiunto, incontattabile quanto lo era Basingame, intento a pescare salmoni in qualche fiume della Scozia. E indipendentemente dalle sue affermazioni, Colin era certo convinto che se lo avesse voluto davvero lui sarebbe stato lì ad aiutarlo nonostante la malattia.