— Ci provo, signore, anche se è difficile avendo la Signora Gaddson in circolazione — si schermì Finch, alzandosi. — Non voglio impedirle oltre di riposare. C'è qualcosa che posso portarle, qualcosa che posso fare per lei?
— No, non può fare nulla — disse Dunworthy.
Finch si avviò verso la porta, ma poi si fermò.
— La prego di accettare le mie condoglianze, Signor Dunworthy — mormorò, a disagio. — So quanto foste vicini lei e la Dottoressa Ahrens.
Vicini, pensò lui, dopo che Finch se ne fu andato. Non le sono stato affatto vicino.
Cercò di ricordare Mary che si chinava su di lui per somministrargli una capsula termometrica e che scrutava con ansia gli schermi con i suoi dati; cercò di ricordare Colin fermo accanto al suo letto con indosso la giacca nuova e la sciarpa grigia, mentre gli diceva: 'La prozia Mary è morta. Morta. Riesce a sentirmi?' Ma non trovò nessun ricordo. Nulla di nulla.
L'infermiera venne ad agganciare una nuova bottiglia alla flebo e il suo contenuto lo mandò nel mondo dei sogni. Al risveglio si sentì nettamente meglio.
— È l'inoculazione per rinforzare i linfociti T che sta attecchendo — lo informò l'infermiera amica di William. — È un fenomeno che abbiamo riscontrato in parecchi casi, alcuni dei quali hanno avuto un recupero davvero miracoloso.
Lo obbligò quindi ad arrivare alla toilette con le sue forze e dopo mangiato a fare una passeggiatina nel corridoio.
— Quanto più lontano riesce ad arrivare e meglio sarà — disse, chinandosi per infilargli le pantofole.
Non devo andare da nessuna parte, pensò lui. Gilchrist ha disattivato la rete.
L'infermiera gli fissò alla spalla con il nastro adesivo la bottiglietta della flebo e lo aiutò a infilare la vestaglia.
— Non si deve preoccupare per la depressione — commentò, mentre lo faceva alzare dal letto. — Si tratta di un sintomo comune dell'influenza e svanirà non appena il suo equilibrio chimico sarà stato ripristinato. Forse gradirà fare visita a qualcuno dei suoi amici — aggiunse, accompagnandolo nel corridoio. — Nella corsia in fondo al corridoio abbiamo due pazienti di Balliol. La Signora Piantini è nel quarto letto e avrebbe proprio bisogno di essere tirata su di morale.
— Il Signor Latimer è… — cominciò Dunworthy, poi s'interruppe prima di concludere. — Il signor Latimer è ancora ricoverato?
— Sì — replicò la ragazza, e dal suo tono Dunworthy comprese che Latimer non si era ripreso dal colpo apoplettico. — Lo troverà due porte più in giù.
Dunworthy si avviò lungo il corridoio strascicando i piedi e raggiunse la porta di Latimer. Non era andato a trovarlo quando si era ammalato in un primo tempo perché stava aspettando la chiamata di Andrews e poi perché l'ospedale aveva esaurito i set IPS. Comunque Mary gli aveva riferito che Latimer aveva riportato una paralisi completa con perdita di tutte le funzioni.
Spinse la porta ed entrò nella stanza di Latimer, che giaceva con le braccia distese lungo i fianchi, quello sinistro un po' piegato in modo da creare lo spazio necessario per l'ago della flebo; altri tubi erano collegati al naso e alla gola, fibre ottiche andavano dalla testa e dal petto agli schermi sopra il letto, e anche se quel reticolato di cavi gli oscurava in parte la faccia Latimer non mostrava di esserne infastidito.
— Latimer? — chiamò Dunworthy, fermandosi accanto al letto.
Non ci fu nessuna indicazione che il malato avesse sentito. I suoi occhi erano aperti ma non si spostarono in reazione al suono e la sua faccia rimase immutata sotto il groviglio di cavi e di tubi. Latimer aveva un'espressione vaga e remota, come se stesse cercando di ricordare qualche verso di Chaucer.
— Signor Latimer! — chiamò ancora Dunworthy, a voce più alta e sollevando lo sguardo sugli schermi. Neppure essi registrarono qualche cambiamento.
Non è consapevole di nulla, pensò Dunworthy, posando una mano sullo schienale della sedia.
— Lei non sa cosa è successo, vero? — domandò, fissando gli schermi. — Mary è morta, e Kivrin è nel 1348 e lei neppure lo sa. Gilchrist ha disattivato la rete!
Gli schermi non mutarono e le linee continuarono a fluire costanti e pacate sui display.
— Lei e Gilchrist l'avete mandata nell'epoca della Morte Nera — urlò Dunworthy, — e adesso lei se ne sta disteso lì…
S'interruppe e si lasciò cadere sulla sedia.
— Ho cercato di dirle che la prozia Mary era morta, ma lei era troppo malato — aveva affermato Colin.
Il ragazzo aveva provato ad avvertirlo, ma lui era rimasto disteso come Latimer, ignaro e tranquillo.
Colin non mi perdonerà mai, pensò. Non più di quanto perdonerà sua madre per non essere venuta al funerale. Cos'aveva detto Finch… che la donna aveva trovato difficile organizzarsi con un preavviso tanto breve? Si immaginò Colin che assisteva al funerale da solo, guardando i fiori mandati dalla madre e sapendo di essere alla mercé della Signora Gaddson e dei suonatori di campane.
— Mia madre non è potuta venire — aveva detto Colin, ma non ci aveva creduto… certo che avrebbe potuto venire, se soltanto avesse voluto.
Colin non mi perdonerà mai, si disse, e neppure Kivrin. Lei è più matura di Colin e immaginerà ogni sorta di circostanze attenuanti, forse addirittura quella vera, ma nel suo cuore, lasciata in balia di chissà quali tagliagole, ladri e pestilenze, non crederà davvero che io non sia potuto andare a prenderla. Se davvero lo volevo.
Si rialzò in piedi con difficoltà, tenendosi allo schienale della sedia ed evitando di guardare verso Latimer o verso gli schermi, e tornò nel corridoio. Addossata alla parete c'era una barella vuota e lui si appoggiò contro di essa per un momento.
— Eccola qui, Signor Dunworthy — esclamò la Signora Gaddson, uscendo nel corridoio. — Stavo proprio venendo per leggerle qualcosa… ma, dovrebbe essere in piedi? — aggiunse, aprendo la Bibbia.
— Sì — replicò lui.
— Bene. Devo dire che sono contenta che si stia finalmente rimettendo, perché le cose sono andate semplicemente di male in peggio mentre lei era ammalato.
— Sì — ripeté Dunworthy.
— Deve proprio fare qualcosa riguardo al Signor Finch, sa? Permette agli Americani di esercitarsi con le loro campane ad ogni ora del giorno e della notte e quando me ne sono lamentata con lui è stato decisamente scortese. Inoltre ha assegnato al mio Willy compiti di infermiere. Di infermiere! Quando il mio Willy è sempre stato suscettibile ad ammalarsi. È un miracolo che non abbia ancora contratto il virus.
Dunworthy pensò che doveva essere proprio un miracolo se si considerava il numero di giovani donne probabilmente infette con cui William era venuto a contatto durante l'epidemia, e si chiese quante probabilità di restare immune gli sarebbero state assegnate dalla Sezione Statistiche.
— E adesso il Signor Finch gli ha assegnato compiti di infermiere! — stava continuando la Signora Gaddson. — Naturalmente io ho protestato. 'Rifiuto di permetterle di mettere in pericolo la salute di Willy in questa maniera irresponsabile,' ho detto. 'Non posso restare passiva mentre il mio bambino corre un mortale pericolo.'
Un mortale pericolo.
— Devo andare a trovare la Signora Piantini — affermò Dunworthy.
— Dovrebbe tornare a letto, invece. Ha un aspetto spaventoso — ribatté la Signora Gaddson, agitando la Bibbia nella sua direzione. — Il modo in cui gestiscono quest'Infermeria è scandaloso… permettere ai pazienti di andarsene a zonzo! Di questo passo avrà una ricaduta, morirà e la colpa sarà soltanto sua.
— Sì — disse Dunworthy, e spalancò la porta della corsia, entrandovi.
Si era aspettato di trovarla quasi vuota e che la maggior parte dei pazienti fosse già stata mandata a casa, invece i letti erano tutti occupati. Per lo più i pazienti erano seduti e leggevano o guardavano un video portatile, e uno di essi sedeva su una sedia a rotelle accanto al letto, intento a guardare fuori.