La ragazza era sveglia, e quando Kivrin le si inginocchiò accanto sollevò su di lei lo sguardo con aria solenne e si protese per prenderle la mano.
— Oh, Rosemund — mormorò Kivrin, con le lacrime agli occhi. — Cara, come ti senti?
— Ho fame — rispose Rosemund. — Mio padre è arrivato?
— Non ancora — replicò Kivrin, pensando che pareva quasi possibile che potesse ancora giungere. — Vado a prenderti un po' di brodo, ma devi riposare finché non sarò di ritorno. Sei stata molto malata.
Obbediente, Rosemund chiuse gli occhi che apparivano meno infossati anche se erano ancora cerchiati di scuro.
— Dov'è Agnes? — chiese.
— Sta dormendo — rispose Kivrin, spingendole lontano dal volto gli arruffati capelli neri.
— Bene — annuì Rosemund. — Non vorrei proprio che si mettesse a giocare e a gridare. È troppo rumorosa.
— Vado a prenderti il brodo — ripeté Kivrin, poi si accostò ad Eliwys e la informò con entusiasmo: — Lady Eliwys, ho buone notizie. Rosemund si è svegliata.
Eliwys si sollevò su un gomito e lanciò un'occhiata in direzione di Rosemund ma rimase apatica, come se stesse pensando a qualcos'altro, e un momento più tardi tornò a sdraiarsi.
Allarmata, Kivrin le posò una mano sulla fronte: sembrava calda, ma lei aveva ancora le mani fredde per la permanenza all'esterno e non poteva esserne certa.
— Stai male? — chiese.
— No — replicò Eliwys, dando però ancora l'impressione di essere assorta in altri pensieri. — Cosa gli dirò?
— Puoi dirgli che Rosemund sta meglio — ribatté Kivrin, e questa volta Eliwys parve registrare il contenuto delle sue parole, perché si alzò e andò a sedersi accanto alla figlia. Quando però tornò dalla cucina con il brodo Kivrin scoprì che era già tornata sul pagliericcio di Agnes e si era raggomitolata nel mantello bordato di pelliccia.
Rosemund stava dormendo, ma non era più quello spaventoso sonno simile alla morte in cui era sprofondata in precedenza e il suo colorito era migliorato, anche se la pelle era ancora tesa sugli zigomi.
Eliwys stava dormendo a sua volta, o forse fingeva di essere addormentata, il che era lo stesso. Mentre Kivrin era in cucina il segretario era strisciato via dal suo pagliericcio ed era arrivato a metà strada dalla barricata, e quando Kivrin cercò di trascinarlo al suo posto prese a dibattersi selvaggiamente, tanto che lei dovette chiamare Padre Roche perché l'aiutasse a sottometterlo.
L'occhio destro dell'uomo si era ulcerato, perché la peste lo aveva divorato dall'interno, e lui cercava disperatamente di artigliarselo con le mani.
— Domine Jesu Christe — gridava, come se stesse imprecando, — fidelium defunctorium de poenis infernis. — Salva le anime dei fedeli defunti dalle pene dell'infermo.
Sì, pregò Kivrin, lottando con quelle mani simili ad artigli, salvalo adesso.
Ancora una volta frugò nel cofanetto dei medicinali di Imeyne alla ricerca di qualcosa per attenuare il dolore. Non c'era polvere di oppio, e del resto non sapeva neppure se il papavero da oppio fosse stato introdotto in Inghilterra nel 1348. Trovò comunque alcuni fragili frammenti arancione che sembravano petali di papavero e li mise in infusione nell'acqua calda, ma il segretario non riuscì a bere perché la sua bocca era un orrore di piaghe, i denti e la lingua erano impastati di sangue secco.
Non merita questo, pensò Kivrin. Anche se ha portato qui la peste, non lo merita. Nessuno merita una cosa del genere.
— Per favore — pregò, senza neppure sapere con certezza per cosa stesse pregando.
Quale che fosse la sua natura, la sua preghiera non venne esaudita. Il segretario cominciò a vomitare una bile scura striata di sangue e nevicò per due giorni di fila e le condizioni di Eliwys peggiorarono sempre di più. Non sembrava che il suo fosse un caso di peste, perché non aveva bubboni e non tossiva né vomitava quindi Kivrin si chiese se la sua fosse una vera malattia o soltanto una reazione al dolore e al senso di colpa.
— Cosa gli dirò? — continuava a ripetere Eliwys. — Ci ha mandate qui perché fossimo al sicuro.
Kivrin le controllò la fronte e appurò che era calda. Si sarebbero ammalati tutti… Lord Guillaume li aveva mandati lì perché fossero al sicuro ma si sarebbero ammalati tutti, ad uno ad uno. Doveva fare qualcosa, ma non le veniva in mente nulla… la sola protezione contro la peste era la fuga, ma loro erano già fuggiti fin lì e non era servito a proteggerli, e comunque non potevano mettersi in viaggio con Rosemund ed Eliwys malate.
Rosemund stava però ritrovando le forze ad ogni giorno che passava, ed Eliwys non aveva la peste ma solo una febbre. Forse la famiglia aveva un'altra tenuta dove potessero rifugiarsi. Una tenuta nel nord.
La peste non era ancora arrivata nello Yorkshire, e lei avrebbe provveduto perché durante il viaggio non entrassero in contatto con altra gente e non fossero esposte al contagio.
Chiese a Rosemund se la sua famiglia possedesse un maniero nello Yorkshire.
— No — rispose lei, sollevandosi a sedere con la schiena appoggiata a una delle panche. — L'abbiamo nel Dorset.
Questo però non serviva perché nel Dorset c'era già la peste e comunque pur stando meglio Rosemund era così debole che riusciva a stare seduta soltanto per pochi minuti per volta. Non sarebbe mai riuscita a montare su un cavallo… se lo avessero avuto.
— Mio padre ha una dimora anche nel Surrey — aggiunse Rosemund. — Abbiamo abitato là quando è nata Agnes. — Fissò quindi lo sguardo su Kivrin e chiese: — Agnes è morta?
— Sì — ammise lei.
— L'ho sentita urlare — commentò Rosemund, annuendo come se la notizia non l'avesse sorpresa.
Kivrin non seppe cosa replicare.
— Anche mio padre è morto, vero?
Come la precedente, quella era una domanda a cui non c'era da replicare. Lord Guillaume era quasi certamente morto e così anche Gawyn, considerato che erano trascorsi otto giorni da quando era partito per Bath.
— Arriverà adesso che la tempesta è passata — aveva detto Eliwys, ancora febbricitante, quella mattina… ma neppure lei sembrava crederci.
— Potrebbe ancora venire — rispose infine Kivrin. — Forse la neve lo ha fatto tardare.
Il castaldo entrò nella sala portando con sé la pala e si fermò davanti a loro, oltre la barricata. Era venuto ogni giorno a trovare suo figlio, restando a fissarlo con espressione intontita da oltre il tavolo rovesciato, ma questa volta gli dedicò soltanto uno sguardo e si girò invece a fissare Kivrin e Rosemund, tenendosi appoggiato alla pala.
Aveva il cappello e le spalle coperte di neve, e la pala ne era bagnata.
Ha scavato un'altra tomba, pensò Kivrin. Ma per chi?
— È morto qualcuno? — chiese.
— No — ribatté l'uomo, continuando a fissare Rosemund con aria riflessiva.
— Volevi qualcosa? — insistette Kivrin, alzandosi in piedi.
L'uomo la guardò con espressione vacua, come se non riuscisse a comprendere la sua domanda, poi riportò lo sguardo su Rosemund.
— No — ripeté, quindi prese la pala e uscì.
— Va' a scavare la tomba per Agnes? — domandò la ragazza, seguendolo con lo sguardo.
— No — replicò Kivrin. — Lei è già stata sepolta nel cortile della chiesa.
— Allora sta andando a scavare la mia?
— No! — esclamò Kivrin, sgomenta. — No! Non morirai, anzi, stai migliorando. Sei stata molto malata, ma adesso il peggio è passato e devi riposare e cercare di dormire in modo da guarire del tutto.
Obbediente Rosemund si distese e chiuse gli occhi, ma dopo qualche minuto li riaprì.
— Se mio padre è morto, sarà la corona a disporre della mia dote — affermò. — Credi che Sir Bloet sia ancora vivo?
Spero di no, pensò Kivrin, chiedendosi se quella povera ragazza si fosse preocucpata dell'imminente matrimonio per tutto quel tempo. Poveretta… la morte di Sir Bloet era la sola cosa buona che poteva derivare da quell'epidemia, a patto che fosse morto davvero.