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Il Console si alzò, vide Theo e sorrise. Gli strinse la spalla. — Theo, appena in tempo. Fra poco inizieremo i negoziati.

Theo Lane batté le palpebre. Tre Ouster atterrarono sulla loggia e ripiegarono dietro di sé le grandi ali. Ciascuno di loro aveva folta pelliccia maculata e striata in modo diverso, organica e convincente come quella di un animale selvatico.

— Delizioso come sempre — disse al Console l'Ouster più vicino. Aveva faccia da leone… naso largo, occhi di oro incorniciati da una gorgiera di pelo fulvo. — L'ultimo brano era la Fantasia in Re minore, op. 397, di Mozart, vero?

— Esatto — disse il Console. — Freeman Vanz, le presento Theo Lane, governatore generale del Protettorato dell'Egemonia Hyperion.

Lo sguardo da leone si spostò su Theo. — È un onore — disse Freeman Vanz, tendendo la mano irsuta.

Theo la strinse. — Piacere di conoscerla, signore — rispose. Si domandò se in realtà non fosse ancora nella vasca di ricupero e sognasse tutto. La luce del sole sul viso e la stretta decisa gli suggerirono altrimenti.

Freeman Vanz tornò a girarsi verso il Console. — A nome dell'Aggregato, la ringrazio per il concerto. Sono trascorsi troppi anni dall'ultima volta che l'abbiamo ascoltata suonare, amico mio. — Si guardò intorno. — Possiamo discutere qui o in uno dei complessi amministrativi, come preferisce.

Il Console esitò solo un secondo. — Noi siamo in tre, Freeman Vanz. Voi siete molti. Verremo da voi.

La testa leonina annuì e lanciò un'occhiata al cielo. — Vi manderemo una barca per la traversata — disse. Con gli altri due si accostò alla balaustra e saltò giù; cadde per diversi metri, prima di spiegare le ali complesse e prendere il volo verso l'orizzonte.

— Gesummio — mormorò Theo. Afferrò per il braccio il Console. — Dove siamo?

— Nello Sciame — rispose il Console, coprendo la tastiera dello Steinway. Li precedette all'interno, attese che Arundez si scostasse e ritirò la loggia.

— E cosa negozieremo? — domandò Theo.

Il Console si strofinò gli occhi. Aveva l'aspetto di chi ha dormito poco o niente nelle ultime dodici ore.

— Dipende dal prossimo messaggio del PFE Gladstone — disse; con un cenno indicò la piazzuola già annebbiata da colonne di dati. La nave stava decodificando una raffica astrotel.

Meina Gladstone entrò nella clinica della Casa del Governo e fu scortata da medici in attesa nel reparto dov'era ricoverato padre Paul Duré. — Come sta? — chiese al primario, medico personale del PFE.

— Ustioni di secondo grado su un terzo del corpo — rispose la dottoressa Irma Androneva. — Ha perduto le sopracciglia e parte dei capelli… non che ne avesse molti… e ha riportato alcune ustioni terziarie da radiazioni sul lato sinistro del viso e del corpo. Abbiamo completato la rigenerazione epidermica e gli abbiamo fatto iniezioni di stampo RNA. Non soffre ed è cosciente. C'è la faccenda del parassita crucimorfo che ha sul petto, ma non rappresenta un pericolo immediato per il paziente.

— Ustioni terziarie da radiazioni — disse Gladstone, fermandosi un momento appena fuori portata di orecchio dello scompartimento di Duré. — Bombe al plasma?

— Sì — rispose un altro medico che Gladstone non riconobbe. — Siamo sicuri che quest'uomo si è teleportato qui da Bosco Divino un paio di secondi prima che il collegamento fosse tagliato.

— Bene — disse Gladstone, accostandosi al materassino galleggiante sul quale Duré riposava. — Per favore, vorrei parlargli in privato.

I medici si scambiarono un'occhiata, chiamarono dal deposito a parete un'infermiera meccanica, uscirono e chiusero la porta del reparto.

— Padre Duré? — disse Gladstone. Lo riconobbe dalle olografie e dalle descrizioni di Severn. Ora il prete aveva il viso arrossato e chiazzato, luccicava per il gel di rigenerazione e per il velo di analgesico. Ma era sempre un uomo di notevole presenza.

— Signora — mormorò Duré; cercò di alzarsi a sedere.

Gladstone lo bloccò con gentilezza, posandogli la mano sulla spalla. — Stia comodo — disse. — Si sente di raccontarmi cos'è accaduto?

Duré annuì. C'erano lacrime, negli occhi dell'anziano gesuita. — La Vera Voce dell'Albero Mondo non credeva che avrebbero attaccato sul serio — mormorò, rauco. — Sek Hardeen pensava che i Templari avessero una sorta di accordo con gli Ouster… una sorta di compromesso. Ma gli Ouster hanno attaccato. Lance tattiche, ordigni al plasma, esplosivi nucleari, credo…

— Sì — disse Gladstone. — Dalla Sala di Guerra abbiamo seguito l'attacco. Devo sapere tutto, padre Duré. Tutto, a partire dal momento in cui su Hyperion lei è entrato nella Tomba Grotta.

Padre Duré concentrò lo sguardo sul viso della donna. — Ne è al corrente?

— Sì. E sono informata di molte altre cose accadute fino a quel momento. Ma devo saperne di più. Molto di più.

Duré chiuse gli occhi. — Il labirinto…

— Prego?

— Il labirinto — ripeté il prete in tono più alto. Si schiarì la voce e le parlò del viaggio nei tunnel pieni di cadaveri, della traslazione in una nave della FORCE, dell'incontro con Severn su Pacem.

— Ed è certo che Severn fosse diretto qui? Alla Casa del Governo? — domandò Gladstone.

— Sì. Severn e l'uomo che lei ha mandato a chiamarlo… Hunt. Tutt'e due intendevano teieportarsi qui.

Gladstone annuì e con cautela toccò una zona non ustionata della spalla del prete. — Padre, qui gli eventi si susseguono molto in fretta. Severn è scomparso, e anche Hunt. Ho bisogno di consigli a proposito di Hyperion. Vuole restare con me?

Per un momento Duré parve confuso. — Devo tornare. Tornare su Hyperion, signora. Sol e gli altri mi aspettano.

— Capisco — disse Gladstone, in tono consolatorio. — Appena sarà possibile andare su Hyperion, affretterò il suo ritorno. In questo momento però la Rete è sotto attacco. Milioni di persone muoiono o corrono il rischio di morire. Mi serve il suo aiuto, padre. Posso contare su di lei, nel frattempo?

Con un sospiro Paul Duré si lasciò ricadere. — Sì, signora. Ma non ho idea di come…

Bussarono piano; Sedeptra Akasi entrò e porse a Gladstone la velina di un messaggio. Il PFE sorrise. — Ho detto che gli eventi si susseguivano rapidamente, padre. Ecco l'ultimo. Un messaggio da Pacem: il Collegio dei Cardinali si è riunito nella Cappella Sistina… — Gladstone inarcò il sopracciglio. — Non ricordo, padre: è proprio la vera Cappella Sistina?

— Sì. La Chiesa l'ha smontata pietra per pietra, affresco per affresco, e l'ha trasportata su Pacem, dopo il Grande Errore.

Gladstone guardò la velina. — … si è riunito nella Cappella Sistina e ha eletto un nuovo pontefice.

— Così presto? — mormorò Paul Duré. Chiuse gli occhi. — Immagino che sentissero la necessità di fare in fretta. Pacem è a soli dieci giorni dall'ondata di invasione degli Ouster. Però, arrivare a una decisione così rapidamente…

— Le interessa sapere chi è il nuovo Papa?

— Il cardinale Antonio Guarducci o il cardinale Agostino Ruddell, penso. Nessuno degli altri otterrebbe la maggioranza, al momento.

— No — disse Gladstone. — Secondo il messaggio del vescovo Edouard della Curia Romana…

— Vescovo Edouard! Mi scusi, signora. Continui, prego.

— Secondo il vescovo Edouard, il Collegio dei Cardinali ha eletto un prelato al di sotto del rango di monsignore per la prima volta nella storia della Chiesa. Qui si dice che il nuovo Papa è un prete gesuita… un certo padre Paul Duré.

Duré balzò a sedere, nonostante le ustioni. — Cosa? — L'incredulità era totale.

Gladstone gli passò la velina.

Duré fissò il foglio. — Impossibile. Non hanno mai eletto papa chi non era almeno monsignore, se non simbolicamente, e anche quello fu un caso unico… si trattava di San Belvedere, dopo il Grande Errore e il Miracolo del… no, no, è impossibile.

— Il vescovo Edouard ha chiamato, a quanto mi dicono. Faremo passare qui la chiamata immediatamente, padre. O dovrei dire, Santità? — Non c'era ironia, nel tono di Gladstone.