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— Voglio parlare a quelle persone — disse Meina Gladstone. — Ho una cosa da dare loro.

Van Zeidt scosse la testa. Gli ufficiali della FORCE che dalle feritoie del bunker fissavano la folla ora guardarono Gladstone, con la stessa incredulità e lo stesso orrore.

— Devo sentire il PFE Kolchev — disse il generale Van Zeidt.

— No — replicò Meina Gladstone, con voce stanca. — Lui governa un impero che non esiste più. Io governo ancora il mondo che ho distrutto. — Fece segno ai Pretoriani, che estrassero la neuroverga da sotto la veste a strisce arancione e nero.

Nessuno degli ufficiali della FORCE si mosse. Il generale Van Zeidt disse: — Meina, la prossima nave di evacuazione ce la farà.

Gladstone annuì, come distratta. — Il giardino interno, direi. Per qualche minuto la folla non saprà che fare. La ritrazione dei campi esterni la prenderà alla sprovvista. — Si guardò intorno, come per assicurarsi di non avere dimenticato niente; poi tese la mano a Van Zeidt. — Addio, Mark — disse. — E grazie. La prego, si prenda cura del mio popolo.

Il generale Van Zeidt le strinse la mano; la guardò aggiustarsi la fascia, toccare con aria assente il bracciale comlog quasi fosse un portafortuna e uscire dal bunker, seguita da quattro Pretoriani. Il gruppetto attraversò i giardini calpestati e si diresse lentamente verso i campi di contenimento. Al di là della barriera, la folla parve reagire come un singolo organismo privo di intelligenza e si gettò contro il campo di interdizione urlando come impazzita.

Gladstone si girò, alzò la mano quasi in un saluto e mandò indietro i Pretoriani. I quattro si affrettarono ad allontanarsi sull'erba calpestata.

— Proceda — disse il più anziano dei Pretoriani rimasti nel bunker. Indicò il telecomando del campo di contenimento.

— Vaffanculo — rispose chiaro e tondo il generale Van Zeidt. Nessuno si sarebbe avvicinato al telecomando, finché lui fosse stato vivo.

Van Zeidt aveva dimenticato che Gladstone aveva ancora accesso ai codici e ai collegamenti tattici a raggio compatto. Vide la donna alzare il comlog, ma reagì troppo lentamente. Le luci spia del telecomando brillarono, rosse e poi verdi; i campi esterni si spensero e si riformarono cinquanta metri più indietro; per un secondo Meina Gladstone rimase da sola, con niente fra sé e la folla di milioni di individui, tranne pochi metri di erba e innumerevoli cadaveri che il ritiro delle pareti schermanti aveva abbandonato di colpo alla forza di gravità.

Gladstone alzò le braccia come ad abbracciare la folla. Il silenzio e la mancanza di movimento si protrassero per tre secondi che parvero eterni, poi la marmaglia ruggì con la voce di una belva immane e migliaia di pazzi si lanciarono avanti, con bastoni e pietre e coltelli e pezzi di bottiglia.

Per un momento parve a Van Zeidt che Gladstone stesse ferma come una roccia incrollabile sotto l'onda di folla inferocita; il generale vide l'abito nero e la fascia colorata, vide la donna restare ben dritta, con le braccia ancora alzate; ma poi altre centinaia di esagitati si lanciarono avanti, la folla si chiuse e Gladstone fu perduta.

I Pretoriani abbassarono le armi e furono immediatamente messi agli arresti dai marines di guardia.

— Rendere opachi i campi di contenimento — ordinò Van Zeidt. — Comunicare alle navette di atterrare nel giardino interno a intervalli di cinque minuti. Sbrigarsi!

Girò le spalle alla scena.

— Sant'Iddio — disse Theo Lane, mentre rapporti frammentari continuavano ad arrivare via astrotel. Le raffiche della durata di millisecondi erano talmente numerose che il computer non riusciva a separarle. Il risultato era un mélange di follia.

— Facci rivedere la distruzione della sfera di contenimento — ordinò il Console.

— Sissignore — rispose la nave; interruppe i messaggi astrotel per mostrare di nuovo un improvviso scoppio di luce bianchissima, seguito da una breve fioritura di detriti e dall'improvviso collasso della sfera di anomalia che inghiottiva se stessa e ogni cosa in un raggio di seimila chilometri. Alcuni strumenti mostrarono l'effetto delle maree gravitazionali: alla distanza cui si trovava la nave del Console non era difficile tenerle a bada, ma scatenarono la devastazione fra le navi dell'Egemonia e degli Ouster ancora impegnate in battaglia nelle vicinanze di Hyperion.

— Va bene così — disse il Console. Il flusso di rapporti astrotel riprese.

— Non c'è dubbio? — domandò Arundez.

— No. Hyperion è di nuovo un mondo della Periferia. Ma stavolta non c'è una Rete di cui essere la Periferia.

— Incredibile — disse Theo Lane. L'ex governatore generale beveva scotch: l'unica volta che il Console l'aveva visto indulgere agli alcolici. Theo se ne versò altre quattro dita. — La Rete… sparita. Cinquecento anni di espansione spazzati via.

— Non spazzati via — disse il Console. Posò sul tavolo il bicchiere, ancora mezzo pieno. — I mondi rimangono. Le civiltà saranno lontane l'una dall'altra, ma abbiamo ancora il motore Hawking. L'unico progresso tecnologico che abbiamo ottenuto da soli, non preso in affitto dal Nucleo.

Melio Arundez si sporse in avanti, a mani giunte come in preghiera. — Possibile che il Nucleo sia davvero scomparso? Distrutto?

Il Console ascoltò un momento la confusione di voci, di grida, di implorazioni, di rapporti militari e di richieste di aiuto che proveniva dalle bande audio dell'astrotel. — Distrutto forse no — disse. — Ma tagliato fuori, isolato.

Theo vuotò il bicchiere e con cura lo posò sul tavolo. Negli occhi aveva uno sguardo placido, velato. — Pensa che abbiano altre… ragnatele? Altri sistemi teleporter? Nuclei di riserva?

— Sono riusciti a creare l'Intelligenza Finale. Forse quest'ultima ha permesso la… come dire… la scrematura del Nucleo. Forse mantiene in funzione, a capacità ridotta, alcune vecchie IA… nello stesso modo in cui queste ultime progettavano di tenere di riserva alcuni miliardi di esseri umani.

All'improvviso la confusione di messaggi astrotel cessò di colpo, come tagliata di netto.

— Nave? — domandò il Console, pensando a un sovraccarico del ricevitore.

— Tutti i messaggi astrotel sono cessati, per lo più a metà trasmissione — disse la nave.

Il Console si sentì mancare il cuore. "La neurobomba" pensò. Ma subito si rese conto che l'ordigno non poteva colpire tutti i mondi nello stesso istante. Anche se centinaia di quelle bombe fossero esplose simultaneamente, ci sarebbe stato un tempo di ritardo e le navi della FORCE e altre fonti assai lontane avrebbero trasmesso gli ultimi messaggi. E allora?

— Sembra che i messaggi siano stati troncati da un disturbo nel mezzo di trasmissione — disse la nave. — Cosa, per le mie conoscenze attuali, impossibile.

Il Console si alzò. "Un disturbo nel mezzo di trasmissione?" L'astrotel, per quanto l'uomo ne capiva, era la topografia iperstringa quanticamente infinita dello spazio-tempo stesso: quello a cui le IA si riferivano misteriosamente con il termine "Vuoto Legante". Non potevano esserci disturbi, in questo mezzo.

A un tratto la nave disse: — Messaggio astrotel in arrivo… fonte della trasmissione, dovunque; base di codificazione, infinito; rapporto di raffica, tempo reale.

Il Console aprì la bocca per dire alla nave di smetterla di sputare scempiaggini, quando l'aria sopra la piazzuola di proiezione si annebbiò in qualcosa che non era né immagine né colonne dati e risuonò una voce.

NON CI SARÀ PIÙ USO SCORRETTO DI QUESTO CANALE. VOI DISTURBATE ALTRI CHE LO USANO PER SCOPI SERI. L'ACCESSO SARÀ RIPRISTINATO QUANDO CAPIRETE A COSA SERVE. ADDIO.