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— Forse.

— Tenetevelo e lasciatemi andare! — grida al cielo.

Nessuno risponde. Lontano, dall'altra parte del vigneto, un grosso uccello nero si alza in volo. Credo sia un corvo; ricordo il nome di questa specie estinta come se l'avessi imparato in un sogno.

Dopo un momento Hunt la smette di gridare al cielo e cammina avanti e indietro sulla strada. — Andiamo. Forse c'è un terminex, alla fine della strada.

— Forse — dico; spezzo lo stelo di erba per succhiare il dolce della parte superiore. — Ma da quale parte?

Hunt si gira, guarda la strada scomparire dietro le colline in tutt'e due le direzioni, torna a girarsi. — Siamo usciti dal portale puntando… da questa parte. — Tende il dito. La strada procede in discesa in un boschetto.

— Quanto tempo occorre? — domando.

— Maledizione, che importa? — sbraita lui. — Da qualche parte dobbiamo pur andare!

Trattengo un sorriso. — D'accordo. — Mi alzo, mi spazzolo i calzoni, sento sulla fronte e sul viso il sole caldissimo. Dopo l'oscurità permeata di incenso della basilica, è sconvolgente. L'aria è molto calda e i vestiti sono già umidi di sudore.

Hunt comincia a camminare vigorosamente giù per la collina, pugni chiusi, l'aria dolente migliorata una volta tanto da un'espressione più forte… pura e semplice risolutezza.

Lentamente, senza fretta, continuando a masticare il filo di erba, a occhi socchiusi per la stanchezza, lo seguo.

Il colonnello Fedmahn Kassad urlò e assalì lo Shrike. Il paesaggio surrealista e fuori del tempo, una versione da coreografo minimalista della Valle delle Tombe, modellata in plastica e posta in un gel di aria viscosa, parve vibrare sotto la violenza dell'assalto di Kassad.

Per un istante c'era stata una diffusione di immagini speculari di Shrike… Shrike per tutta la valle, sparsi nel pianoro brullo; ma al grido di Kassad si risolse in un singolo mostro e ora questi si mosse, distese e allungò le quattro braccia, arcuate in modo da accogliere con un caloroso abbraccio di lame e di spine l'assalto del colonnello.

Kassad non sapeva se la dermotuta a energia che indossava, dono di Moneta, l'avrebbe protetto e coadiuvato nel combattimento. Erano passati molti anni da quando lui e Moneta avevano assalito i commandos Ouster di due navette, ma quella volta il tempo era stato dalla loro parte; lo Shrike aveva congelato e scongelato il flusso di istanti, come uno spettatore stufo che giocherellasse col telecomando della piazzuola olografica. Adesso erano fuori del tempo e lo Shrike era il nemico, non un terribile santo patrono. Kassad gridò, abbassò la testa, attaccò, dimentico di Moneta, dimentico dell'impossibile albero di spine che con il suo orrendo pubblico impalato si alzava fino alle nuvole, e neppure consapevole di se stesso, se non come un'arma da combattimento, uno strumento di vendetta.

Lo Shrike non scomparve nella solita maniera, non smise di colpo di essere per comparire qui. Invece, si acquattò e allargò maggiormente le braccia. Le lame delle dita colsero la luce violenta del cielo. I denti di metallo brillarono in quello che forse era un sorriso.

Kassad era furioso, ma non pazzo. Anziché lanciarsi in quell'abbraccio di morte, all'ultimo istante si gettò di lato, rotolò sul braccio e sulla spalla, vibrò un calcio alla parte inferiore della gamba del mostro, tra il grappolo di spine all'articolazione del ginocchio e l'analogo spiegamento di lame alla caviglia. Se fosse riuscito a farlo cadere…

Fu come prendere a calci un tubo incassato in mezzo chilometro di calcestruzzo. Il colpo avrebbe rotto la gamba stessa di Kassad, se la dermotuta non avesse agito da corazza e ammortizzatore.

Lo Shrike si mosse, rapidamente ma non a velocità istantanea; vibrò, come in un lampo confuso, le due braccia di destra, in un movimento circolare dall'alto in basso: dieci dita a forma di lama segnarono con tagli chirurgici terreno e roccia, le spine delle braccia mandarono scintille e le mani continuarono a spostarsi verso l'alto affettando l'aria con un fruscio percettibile. Kassad era fuori portata; continuò a rotolare, si rialzò, si acquattò, tese le braccia, a mani piatte, dita dritte e rigide sotto le pelle di energia.

"Singoiar tenzone" pensò Fedmahn Kassad. "Il sacramento più onorevole del codice Neo-Bushido."

Lo Shrike fintò di nuovo con le braccia di destra, vibrò il braccio inferiore sinistro in un fendente circolare dal basso in alto, abbastanza violento da fracassare le costole di Kassad e strappargli il cuore.

Con l'avambraccio sinistro Kassad parò la finta e sentì la dermotuta flettersi contro l'osso, quando il violento colpo dello Shrike arrivò a segno. Con la mano sinistra afferrò il polso del mostro proprio sopra la corona di punte ricurve e parò il micidiale colpo del braccio sinistro, rallentandone il movimento quanto bastava perché le dita simili a bisturi grattassero contro il campo della dermotuta, anziché squarciare le costole.

Kassad fu quasi sollevato da terra, nello sforzo di contrastare l'artiglio che si alzava; solo la spinta verso il basso della prima finta dello Shrike gli impedì di volare all'indietro. Il sudore scorse liberamente sotto la dermotuta, i muscoli si tesero e protestarono di dolore e minacciarono di strapparsi, in quegli interminabili venti secondi di lotta, prima che lo Shrike mettesse in gioco il quarto braccio, con un fendente alla gamba sotto sforzo.

Kassad urlò, quando il campo della dermotuta cedette e almeno una lama lacerò la carne arrivando quasi all'osso. Il colonnello scalciò con l'altra gamba, lasciò la presa sul polso del mostro e rotolò via freneticamente.

Lo Shrike vibrò due colpi, il secondo dei quali sibilò a un millimetro dall'orecchio di Kassad; poi balzò indietro, si acquattò, si spostò verso destra.

Kassad si alzò sul ginocchio sinistro, quasi cadde, barcollando e zoppicando un poco per reggersi in equilibrio. Il dolore gli ruggì nelle orecchie e riempì l'universo di luce rossa; ma Kassad, pur vacillando, sul punto di svenire per lo choc, sentì la tuta richiudersi sulla ferita, agire da laccio emostatico e da tampone. Il sangue nella parte inferiore della gamba non sgorgò più liberamente e il dolore era sopportabile, come se la dermotula avesse in sé iniettori medipac identici a quelli della tuta blindata della FORCE.

Lo Shrike si precipitò contro di lui.

Kassad scalciò una volta, due, mirando e colpendo il levigato pezzo di carapace sotto la punta pettorale. Fu come prendere a calci lo scafo di una nave torcia; ma lo Shrike parve esitare, barcollare, arretrare.

Kassad avanzò di un passo, bilanciò il peso, colpì due volte il punto in cui si sarebbe dovuto trovare il cuore del mostro, con un pugno che avrebbe fatto a pezzi la ceramica temperata; non badò al dolore, girò su se stesso, piantò allo Shrike un colpo a mano aperta in pieno muso, appena sopra i denti. Un essere umano avrebbe udito il rumore del proprio naso che si rompeva, avrebbe sentito l'esplosione di ossa e di cartilagini, i frammenti conficcati nel cervello.

Lo Shrike scattò per afferrare il polso di Kassad, mancò la presa, vibrò quattro mani contro la testa e le spalle dell'avversario.

Ansimando, ruscellando sudore e sangue sotto la corazza argento vivo, Kassad ruotò a destra una volta, due, e vibrò un colpo micidiale contro la nuca dell'avversario. Il rumore dell'impatto echeggiò nella valle impietrita come quello di una scure lanciata da miglia di altezza nel cuore di una sequoia di metallo.

Lo Shrike cadde in avanti, rotolò sulla schiena come un crostaceo di acciaio.

"L'ho abbattuto!" pensò Kassad.

Avanzò ancora, sempre acquattato, sempre prudente, ma non abbastanza, perché il piede corazzato, o la zampa, o quel che diavolo era, gli agganciò la caviglia; con una via di mezzo fra un calcio e un fendente lo mandò gambe all'aria.

Il colonnello Kassad sentì il dolore, capì che il mostro gli aveva reciso il tendine di Achille, cercò di rotolare via; ma lo Shrike già si gettava in alto e di lato contro di lui, punte e lame e spine che arrivavano contro le costole, il viso e gli occhi di Kassad. Con una smorfia di dolore, inarcandosi nel vano tentativo di schivare il mostro, Kassad bloccò alcuni colpi, si salvò gli occhi, sentì altre lame andare a segno negli avambracci, nel torace, nel ventre.