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«No.»

«Non potete rifiutarvi. Il ragazzo vi ha detto che cosa c’è in gioco. Abbiamo già un debito immensamente grande con voi, aggiungeteci anche questo. Ve ne prego.»

«Non lascerò mai Lemnos. Non sento nessun dovere verso l’umanità. Non voglio fare il vostro gioco.»

«Dick…»

«A cinquanta metri da qui, c’è una voragine di fiamme. La raggiungerò e mi ci butterò dentro. Tra dieci secondi Richard Muller non esisterà più. Una disgrazia ne cancellerà un’altra, e la Terra non starà peggio di come stava prima che io avessi acquisito questa mia facoltà particolare.»

«Una soluzione puerile, Muller. Una sciocchezza di cui non vi avrei mai ritenuto capace.»

«È stato puerile sognare le stelle» disse Muller. «Adesso sono soltanto coerente. Le galassie possono anche mangiarvi vivo, Charles. Buon appetito a loro. Non vi va di diventare schiavo? Capisco! In un punto imprecisato del cranio continuereste a esitare, a urlare che vorreste essere libero, mentre i messaggi radio vi ordinerebbero di alzare una gamba, un braccio… Vorrei esserci per vedervi! Ma io sarò nella voragine di fiamme.»

Dopo una breve pausa, Boardman disse: «Almeno venite con me nella zona F. Potremmo discutere davanti a un buon bicchiere di acquavite.»

«Seduti l’uno accanto all’altro?» Muller scoppiò a ridere. «Vomitereste. Non potreste sopportare la mia vicinanza.» Fece un passo indietro. Il suo corpo vigoroso sembrava essersi improvvisamente rattrappito, appassito: un insieme di tendini, tesi fino allo spasimo a reggere una struttura che sta per crollare. Fece un altro passo…

Boardman mosse impercettibilmente un dito. Greenfield e Reynolds balzarono avanti, di scatto.

Con la prontezza del felino che piomba sulla preda, i due afferrarono Muller per le braccia. Boardman li vide impallidire all’impatto con il campo misterioso. Il prigioniero lottò, si divincolò, cercò di liberarsi, ma anche Davis e Ottavio gli erano addosso, ora. Sarebbe stato assai più semplice usare un’ipno-pistola, ma Boardman pensò che a volte quelle armi potevano essere pericolose per l’uomo. E lì non c’erano disponibili gli apparecchi necessari per rimediare a eventuali danni.

Dopo una breve lotta, Muller cadde in ginocchio.

«Disarmatelo» ordinò Boardman.

Mentre Ottavio e Davis lo tenevano fermo, Reynolds e Greenfield lo perquisirono. In una tasca trovarono la piccola sfera con l’apertura. «Sembra che non ci sia nient’altro» disse Greenfield.

«Controllate accuratamente.»

Ubbidirono. Intanto Muller se ne stava immobile, come impietrito, lo sguardo assente. Aveva l’espressione del condannato a morte che sta per essere ghigliottinato. Infine Greenfield alzò la testa. «Niente» disse.

Allora Muller parlò: «In uno dei miei molari sinistri è inserita una fiala piena di una sostanza speciale» disse. «Conterò fino a dieci, poi darò un morso e il mio corpo si scioglierà davanti ai vostri occhi.»

Greenfield si girò di scatto e strinse la mascella del prigioniero.

«Lasciatelo andare» disse Boardman. «Non è vero.»

«Ma come facciamo a sapere…»

«Lasciatelo andare, ho detto. Ritiratevi a cinque metri di distanza. Non andategli vicino, a meno che non si muova.»

Ubbidirono, felici di allontanarsi dal punto in cui le radiazioni di Muller si facevano sentire con forza particolare. Boardman, quindici metri più in là, avvertiva già fitte dolorose.

«Potete alzarvi, adesso» disse Boardman. «Ma, per favore, non cercate di fuggire. Vi assicuro che mi dispiace dovervi usare tutto questo trattamento, Dick.»

Muller si alzò, la faccia cupa, sfigurata dall’odio. Non parlò e non cercò di allontanarsi.

«Se sarà necessario» continuò Boardman «vi immobilizzeremo con la schiuma autoadesiva e vi porteremo fuori di peso dal labirinto. Resterete avvolto nel collante fino al momento in cui incontrerete gli alieni, e non sarete in grado di difendervi in nessun modo. Ma non voglio che mi costringiate a dare questo ordine. Collaborate spontaneamente con noi, Dick. Seguiteci fino alla nave. Fate quello che vi abbiamo chiesto, e aiutateci per l’ultima volta.»

«Che ti si arrugginiscano le budella» disse Muller, in tono gelido. «Che tu debba vivere mille anni con i vermi che ti rodono le carni. Che tu possa soffocare nel tuo grasso senza mai riuscire a crepare!»

«Aiutateci. Di vostra volontà.»

Muller scoppiò a ridere.

Boardman sospirò. Era un grosso guaio, quello. Lanciò un’occhiata a Ottavio. «L’autoadesivo» ordinò.

Rawlins, che era rimasto immobile, come ipnotizzato, si scosse all’improvviso. Balzò in avanti, strappò dalla fondina la rivoltella di Reynolds, e corse a darla a Muller. «Ecco» disse freddamente. «Adesso siete voi in vantaggio.»

Muller guardò l’arma come se non ne avesse mai vista una prima di allora, ma la sua sorpresa durò soltanto una frazione di secondo. Strinse il calcio nel palmo della mano e posò il dito sul grilletto. Era un modello standard, poco diverso da quelli in uso al suo tempo. Con una sola scarica poteva ucciderli tutti. Oppure uccidersi.

Indietreggiò di qualche passo, per impedire che lo assalissero alle spalle, poi descrisse con l’arma un arco molto ampio, in modo da includere nel gesto tutti i presenti.

«Mettetevi vicini!» ordinò. «Tutti e sei. A un metro di distanza l’uno dall’altro, in riga. E tenete le mani in alto, che le possa vedere.»

L’occhiata che Boardman diede a Rawlins lo divertì immensamente. Il ragazzo aveva l’aria sconvolta, confusa, trasognata. Muller aspettò pazientemente che gli uomini si mettessero in riga davanti a lui. Era sorpreso della propria calma.

«Non sembrate molto soddisfatto, Charles» disse poi. «Quanti anni avete, adesso? Siete sull’ottantina, eh? E vorreste viverne altri settanta, ottanta, novanta, immagino. La vostra carriera è stata accuratamente programmata, e nel programma non era compresa la morte su Lemnos. Fermo, Charles. E state dritto. Non riuscirete a impietosirmi mostrandovi vecchio e curvo. Conosco il trucco. Siete forte quanto me, sotto quel lardo flaccido.»

«Se vi fa piacere, uccidetemi pure, Dick. Ma poi andate sulla nave e fate quello che vi abbiamo chiesto. La mia vita non conta.»

«Quasi quasi ci credo» borbottò Muller, pensoso. «Voi, maledetto bastardo, mi proponete un affare. La vostra vita per la mia collaborazione. Ma dove sarebbe il corrispondente? A me non piace uccidere. Non mi placherebbe affatto ridurvi tutto in cenere, avrei sempre addosso il mio male,»

«Ripeto l’offerta.»

«E io non l’accetto. Se vi uccido, non sarà per un baratto. È molto più probabile che mi uccida. In fondo, sono un tipo per bene, lo sapete. Un po’ instabile, forse, ma di chi è la colpa? Un tipo per bene. Preferirei spararmi che sparare su voi. Sono io, quello che soffre. E voglio farla finita.»

«Avreste potuto farla finita mille volte, in questi nove anni» disse Boardman. «Eppure siete ancora qui. Avete impiegato tutto il vostro ingegno per trovare il modo di sopravvivere in questo posto pieno di insidie.»

«È vero. Ma era una cosa diversa, una sfida astratta, l’uomo contro il labirinto. Se invece mi uccido ora, faccio del male a voi. Faccio un bello scherzo al genere umano che mi sta a guardare pieno di angoscia! Avete detto che sono indispensabile? E quale modo migliore per ripagare l’umanità del male che mi ha fatto?»

«La vostra sofferenza faceva male anche a noi.»

«Ma certo! Avete versato fiumi di lacrime per me. Mi avete lasciato andare via malato, disperato, abbrutito. Adesso viene la liberazione. Questo non è suicidio: è vendetta!» Muller sorrise. Regolò la rivoltella e puntò la canna contro il proprio petto. Bastava un piccolo movimento del dito, ora. Il suo sguardo bruciante passò in rassegna le sei facce. Rawlins era sconvolto. Boardman aveva l’aria preoccupata e spaventata. «Forse potrei uccidere prima voi, Charles. Per dare una lezione al nostro giovane amico: il premio dell’inganno è la morte. Ma no, sciuperei tutto. Voi dovete vivere, Charles. Vivere per tornare sulla Terra e riconoscere di esservi lasciato sfuggire di mano l’uomo giusto al momento giusto. Che colpo, per la vostra carriera!»