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Si fermò un attimo e guardò le stelle.

Milioni di punti luminosi palpitavano in cielo. Lassù c’erano Lemnos, Beta Hydri IV, i mondi assoggettati dai radio-esseri, e, invisibile ma reale, la galassia degli «altri». Lassù, lontano, c’erano il labirinto in mezzo a una vasta pianura, una foresta di alberi che parevano funghi alti centinaia di metri, mille pianeti con le città costruite dai Terrestri, e un mondo prigioniero con un serbatoio misterioso che gli orbitava intorno. Nel serbatoio c’era un essere strano, indescrivibile. Sui mille pianeti appartenenti alla Terra, trepidavano esseri umani in pena per il loro futuro. Sotto gli alberi-fungo, passeggiavano creature silenziose, dall’incedere aggraziato. E nel labirinto viveva un uomo.

Forse pensò Rawlins andrò a trovarlo, fra un paio d’anni.

Era ancora troppo presto per prevedere come sarebbero andate le cose. Nessuno sapeva come avrebbero reagito i radio-esseri all’incontro con Muller. E gli Hydrani? In che modo avrebbero lottato per la propria esistenza? Tutto era ancora estremamente incerto. Il pensiero di essere abbastanza giovane per sperare di vedere la soluzione di tutti i quesiti eccitava Rawlins, ma lo spaventava anche, e non poco.

Riprese il cammino. Guardò ancora le astronavi che foravano il mantello scuro della notte. L’Universo intero lo chiamava, irresistibilmente, e ogni stella esercitava una sua particolare attrazione. Le luci del cielo lo attiravano, stordendolo. Sentieri luminosi lo attendevano, invitanti. Pensò all’uomo nel labirinto. Pensò anche alla ragazza che lo stava aspettando.

A un tratto si sentì «come» Dick Muller. Il Dick Muller di ventiquattro anni, con la galassia intera ad attenderlo. È stato diverso per te? chiese e si chiese. Che cosa sentivi, quando guardavi le stelle? Dove ti hanno ferito? Qui… e qui. Dove hanno colpito me. E tu sei partito. E hai trovato qualcosa e perso qualcos’altro. E trovato qualcos’altro ancora. Ricordi, Dick, quello che sentivi una volta? A che pensi, stanotte, nel tuo labirinto spazzato dai venti? Ricordi? Perché te ne sei andato, Dick? Che cosa sei diventato?

Si affrettò a raggiungere la ragazza che lo stava aspettando. Bevvero un vino generoso, elettrizzante. Risero al lume di una candela tremula. Poi lei gli offrì tutta la sua tenerezza. Più tardi, su un terrazzo che si affacciava sulla città più grande della Terra, si strinsero l’uno all’altra. Le luci della metropoli si perdevano in lontananza e salivano incontro alle altre luci, alte nel cielo. Lui le passò un braccio intorno alla vita, e la strinse a sé.

«Quanto tempo ti fermerai, questa volta?» chiese lei.

«Altri quattro giorni.»

«E quando tornerai?»

«Quando avrò portato a termine la mia missione.»

«Non riposerai mai, Ned? Quando dirai che ne hai abbastanza, che non partirai più, e sceglierai un pianeta per restarci sempre?»

«Lo farò» disse lui vagamente. «Almeno, credo. Tra un po’ di tempo.»

«Non lo dici convinto. Nessuno di voi si stabilisce mai in un posto…»

«Non possiamo» mormorò lui. «Dobbiamo andare… Ci sono sempre nuovi mondi… nuovi soli…»

«Tu pretendi troppo. Vuoi l’Universo intero. È un peccato, Ned. Bisogna darsi un limite.»

«Sì» disse lui «hai ragione. Lo so che hai ragione.»

Le sue dita accarezzarono la pelle morbida come il velluto. Lei tremò. Ned disse: «Facciamo il nostro dovere, e cerchiamo d’imparare dagli errori degli altri. Serviamo la nostra causa e facciamo il possibile per essere onesti verso noi stessi. Come potrebbe essere diversamente?»

«L’uomo che è tornato nel labirinto…»

«…è felice» disse Rawlins. «Ha seguito la via che aveva scelta.»

«Deve odiarci molto per voltare le spalle all’Universo intero.»

«È al di là dell’odio» disse Rawlins. «È in pace. Comunque sia diventato.»

«Comunque?»

«Sì» disse lui, piano. Poi soggiunse, mentalmente: Quando ti rivedrò, Dick, avrò tante cose da raccontarti!

«Perché si è rinchiuso nel labirinto, Ned?»

«Per lo stesso motivo che l’aveva spinto a scendere su un mondo straniero. Per lo stesso motivo per cui si era ridotto così…»

«E qual è questo motivo?»

«Il suo amore per l’umanità.»

Era il migliore epitaffio che si potesse fare a Dick Muller. Ned strinse forte a sé la ragazza.

Se ne andò prima dell’alba.

FINE