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Annuendo, come se fosse stato soddisfatto dal suo esame… l’aveva vista oppure no?… il vecchio si volse per oltrepassare l’arcata luminosa, e immediatamente il tumulto e il tremito che pervadevano Narnra cessarono di colpo, quasi fossero stati troncati da un colpo d’ascia.

Sollevando il capo, la ragazza ascoltò con la massima attenzione, constatando che intorno tutto era buio e silenzioso, con la sola eccezione dell’arcata luminosa; proprio in quel momento, il chiarore da essa emanato prese a tremolare e a pulsare sotto i suoi occhi, iniziando a svanire.

In una frazione di secondo Narnra balzò in piedi e spiccò la corsa verso l’arco, deviando di lato all’ultimo momento per tenersi fuori dal campo visivo di chiunque si trovasse dall’altra parte e stesse guardando attraverso l’apertura, il cui centro si era ormai oscurato. L’Ombra di Seta percorse l’ultimo tratto strisciando come una lucertola determinata e frettolosa, poi sbirciò con cautela oltre l’arco, con il mento che quasi sfiorava il terreno… e si ritrovò a contemplare altra oscurità.

La luce era decisamente più fioca di quanto lo fosse stata in precedenza. Narnra si morse un labbro, indecisa, poi si alzò in piedi e attraversò l’arcata: se quel mago aveva un covo nascosto proprio sotto il Rione dei Commerci, lei era decisa a scoprire tutto il possibile su di esso. Tutto quanto.

Con cautela, mosse un primo passo nell’oscurità silenziosa, poi un secondo; al terzo, il buio svanì e lei si ritrovò immersa in una luminosità di un blu ancora più intenso, che le vorticava tutt’intorno come nebbia e fluiva senza soluzione di continuità sotto di lei… cosicché di colpo si trovò a cadere con essa, rimanendo tuttavia eretta e immobile come se si fosse trovata su un pavimento invisibile. Per un momento rimase paralizzata dall’incertezza, poi si girò di scatto e scoprì che non poteva vedere nessun accenno della direzione da cui era giunta, soltanto un vuoto azzurro che… che…

D’un tratto si rese conto di essere madida di sudore e più spaventata di quanto lo fosse mai stata in tutta la sua vita. Dove si trovava? In quale direzione era il davanti? Con la massima cautela tornò a girarsi fino a essere rivolta verso quella che sperava fosse la stessa direzione in cui era stata avviata quando aveva superato l’arco… poi riprese a camminare.

Due passi più avanti l’oscurità tornò ad avvolgerla, insieme all’umidità, solo che adesso l’odore dell’aria era in un certo qual modo differente. Il sentore del mare era intenso, ma si avvertiva anche un radicato odore di marcio, come in una palude… una puzza che a Waterdeep il suo naso aveva percepito soltanto quando veniva dragato il porto. Arrestandosi in un altro passaggio di pietra, constatò che più avanti si sentivano echi lontani, come se qualcuno… no, come se parecchie persone stessero parlando, chiacchierando e ridendo, come a una festa di mercanti, e che davanti a lei il passaggio si faceva più largo, dando accesso a invisibili camere sotterranee.

Si trovava forse sotto la Città dei Morti? O era sotto le strade adiacenti la Porta del Fiume? O addirittura… in un posto del tutto diverso, lontano da Waterdeep?

Un altro passo la riportò in mezzo al chiarore azzurro, tenue e prossimo a svanire. Girandosi di scatto, vide alle proprie spalle un’arcata simile a quella che aveva oltrepassato per arrivare fin là: riattraversandola, mosse qualche passo senza incontrare ostacoli, poi scrollò le spalle, si girò e ritornò all’altro arco.

Ormai il bagliore era scomparso quasi del tutto. Osservandolo con attenzione, Narnra si posizionò esattamente al centro dell’arco, e non appena il chiarore svanì avanzò con decisione… andando a sbattere con il ginocchio contro quello che era adesso un solido muro di pietra.

Era intrappolata in quel luogo, dovunque esso fosse, e d’un tratto si sentì infuriata con se stessa per essersi lasciata adescare con tanta facilita. In preda all’ira, percosse con i pugni il muro che aveva davanti, ringhiando, poi trasse un profondo respiro tremante e si girò nuovamente: non aveva altra scelta se non quella di proseguire verso la festa in corso, sulla scia del mago che l’aveva sconfitta con tanta facilità.

Lui sapeva come far funzionare quelle arcate magiche, quindi non le restava che trovare da sola la via per uscire oppure rintracciare il mago e… e cosa? Implorare?

Con un ringhio silenzioso, Narnra sollevò la mano che stringeva il coltello e riprese ad avanzare su un pavimento di vecchi e consunti blocchi di pietra, sentendo la brezza marina che le sfiorava lieve le caviglie e scorgendo più avanti un primo accenno di luce.

Quel posto somigliava sempre meno a Waterdeep.

Oh, Mask e Tymora, aiutatemi.

* * *

Elminster si avvolse in tre travestimenti illusori, evitando di ricorrere a un cambiamento di forma a meno che non si fosse reso necessario per lasciare in tutta fretta quel raduno nuotando o volando, considerato che la compagnia in cui si sarebbe trovato entro pochi momenti sarebbe stata tutt’altro che raccomandabile.

Adesso il suo aspetto esteriore era quello di un uomo più alto, con il volto sfregiato e i capelli nerissimi del ramo più antico della famiglia Cormaeril; selezionato un minuscolo oggetto da una sacca che portava alla cintura, mormorò una parola e si ritrovò in mano una spada riposta nel fodero, un’arma dalla lama sottile come quelle che andavano per la maggiore alla corte di Suzail, lucida come uno specchio e con l’elsa a cestello che s’incurvava con eleganza intorno all’impugnatura ed era tempestata di piccoli zaffiri simili ad altrettanti occhi curiosi.

Affibbiatosi al fianco la spada, Elminster attraversò con passo deciso una vasta camera sorretta da colonne, dove erano ammucchiati barili fatiscenti e dove i ratti correvano frettolosi nel buio, poi salì una rampa di vecchi e consunti gradini e subito la puzza del porto marsembano si fece più intensa, come pure il vago chiarore che s’intravedeva più avanti. Di colpo, poi, si ritrovò in una stanza meglio illuminata, ma pur sempre pervasa di ombre, dove guardie dall’aria cupa tenevano d’occhio una folla di persone che ridevano, bevevano e parlavano ad alta voce sotto la luce delle lampade accese in una seconda camera, molto più vasta, che si apriva più oltre.

Sospirando interiormente, Elminster rifletté che le feste erano uguali dovunque. Durante il primo migliaio di anni della sua esistenza, era riuscito ad apprezzarle e a divertirsi, ma ora non più, perché per i suoi gusti c’erano troppo rumore, troppi sogghigni misti a finzioni e a sgradevoli pettegolezzi… e c’erano troppe giovani donne piene di speranza, di eccitazione e di gioia di vivere. Molte di esse esistevano ora soltanto nella sua memoria, innumerevoli erano quelle che erano da tempo nella tomba, e lui stesso aveva aiutato a seppellire alcune di esse.

Quella riluttanza non trasparì però all’esterno e lui continuò ad avanzare con passo deciso, senza la minima esitazione. Dopo tutto, il compito di tutti gli Elminster era proprio quello di interferire e di andare incontro a sgradevoli pericoli.

Il mago si fece largo fra le guardie con l’atteggiamento deciso di un uomo che aveva ogni diritto di essere presente in quel luogo e si considerava superiore di rango a chiunque altro, e arrivò a due passi dall’arcata che si apriva sulla stanza piena di luce e di rumore prima di essere intercettato.

Alcune spade si pararono all’improvviso a sbarrargli la strada e altre si levarono alle sue spalle.

«Giù le armi», ordinò Elminster, in tono secco.

Le spade che lo minacciavano non si spostarono di un millimetro.

«E chi sei tu per darci ordini?» sibilò una voce sgradevole, provenendo da dietro una di quelle lame. «O per sbucare da cantine che abbiamo perquisito con la massima accuratezza?»

L’uomo alto e sfregiato, dai capelli nerissimi e dal grande stocco appeso al fianco, girò la testa con fare gelido.

«Il mio nome è Cormaeril, il mio lignaggio è nobile e la mia pazienza è limitata. Chi sei tu, per cercare di fermarmi?»