Выбрать главу

«Sei più vecchio dell’altro Cormaeril», osservò una seconda voce, in tono freddo, scaturendo da dietro un’altra spada.

«Aspettate un momento! Loro hanno detto di sperare che qualche membro dei rami più antichi decidesse di intervenire», si affrettò a puntualizzare una terza voce. «Alcuni Cormaeril hanno lasciato il regno molto tempo prima dell’ordinanza che li condannava all’esilio, senza avere la possibilità di avanzare rivendicazioni o di mettere ordine nei loro affari. Lasciatelo passare… dopo tutto, è un uomo solo.»

«Hai su di te qualche magia?» chiese la prima voce.

«Certamente», replicò in tono glaciale il nuovo venuto, «ma non ho incantesimi nascosti né tali da poter seminare la devastazione, se è questo che temi».

Le spade si ritrassero con riluttanza ed Elminster percepì, più che vedere, numerosi uomini che si ritraevano di nuovo negli angoli più oscuri della camera, delusi dalla consapevolezza che non si sarebbero potuti divertire assistendo a un piccolo spargimento di sangue; poi il mago si addentrò nella sala in cui era in corso la festa.

L’Ombra di Seta infilò la mano nel corpetto della casacca di cuoio e tirò fuori un cappuccio di stoffa nera che si era fatta parecchie stagioni prima ma che usava di rado. Esso la faceva sembrare una bambina che giocasse a fare il boia, con i fori per gli occhi e i bordi sfilacciati, ma serviva a nascondere la pelle chiara del suo volto nella luce tenue e avrebbe potuto celare per qualche momento la sua femminilità agli occhi di un osservatore poco attento, definizione che in realtà era applicabile alla maggior parte della gente.

Infilatasi il cappuccio, ripose il coltello nel fodero e flesse le dita che erano rimaste contratte troppo a lungo intorno alla sua impugnatura, poi si stiracchiò come un gatto e si accoccolò al suolo, per ascoltare e fiutare l’aria.

Sì, quel luogo aveva un odore in qualche modo diverso da quello di Waterdeep: nell’acqua c’erano più cose morte, ma si avvertiva una minore contaminazione dovuta a merci straniere di luoghi lontani rovesciatesi in essa.

Una festa significava la presenza di servitori, o di guardie, o di persone che si tenevano in disparte a osservare gli altri che si divertivano… o anche tutte e tre le cose… quindi da quel momento in avanti avrebbe dovuto stare molto attenta.

Ma gli dei sapevano che quella non era certo una cosa insolita, per una ladra…

* * *

«Allora, a quale famiglia nobile appartieni?» esclamò il mercante mascherato, quasi gridando per farsi sentire nonostante il chiasso, con il vino che sciacquettava nel boccale grande quanto un elmo da guerra che lui stringeva con entrambe le mani.

Il guerriero dallo sguardo freddo e dall’armatura segnata da numerose riparazioni lo adocchiò con aria acida.

«A nessuna», ribatté. «I benevoli Obarskyr hanno esiliato molta altra gente, oltre ai nostri preziosi nobili; la maggior parte di noi gente comune è stata espulsa con un editto individuale… perché non sono riusciti a eliminarci con una spada o con un cappio prima che ce ne andassimo.»

«Davvero?» commentò il mercante alticcio, protendendosi in avanti per scrutare più attentamente il guerriero. «Che cosa hai fatto?»

«Ho ferito il Duca Bhereu perché l’ho sorpreso a spassarsela con mia sorella. L’ho affettato per bene e gli ho danneggiato una gamba in maniera tale da costringerlo a rivolgersi per due stagioni a costosi guaritori per smettere di zoppicare. Lo avrei ammazzato, se non avesse avuto una dozzina di guardie del corpo a portata di voce. Quei dannati Obarskyr non sono in grado neppure di andare a donne, senza un aiuto!»

Elminster aggirò il gomito del guerriero e proseguì oltre in mezzo alla calca di persone.

«Viva la cospirazione!» gridò qualcuno fra la folla… per l’ennesima volta, e come nelle precedenti occasioni, parecchie altre voci raccolsero quel grido: «Viva la Legittima Cospirazione!».

«Un nuovo re, una nuova speranza!» tuonò qualcun altro.

«Sì! Una nuova gloria per Cormyr!»

Elminster represse l’impulso di levare gli occhi al cielo. Da quanti secoli continuava a sentire sempre le stesse grida? Pareva quasi che il Regno della Foresta possedesse un copione prestabilito che veniva consultato da tutti gli aspiranti traditori e ribelli, forse addirittura sotto l’occhio attento degli scrivani e del Maestro Custode degli Atti della Corte Reale.

«E tu perché sei qui?» chiese il guerriero.

Elminster s’irrigidì e si girò lentamente con espressione fredda e altezzosa, solo per scoprire che la domanda era stata rivolta al mercante e non all’alto nobile sfregiato che gli stava passando accanto.

«Per i soldi», replicò prontamente il mercante, sottolineando quell’enfatica dichiarazione con un rutto sonoro. «Adesso loro vogliono che fornisca dei fondi per comprare spade e assoldare mercenari a Westgate e per altre cose del genere, ma mi hanno promesso contratti e accordi commerciali sufficienti a ripagare dieci volte il mio investimento, una volta che il loro re sarà sul trono. Naturalmente, non mi hanno detto di chi si tratti», continuò, ruttando ancora, «ma in realtà non mi importa. In fin dei conti», aggiunse, agitando una mano in un gesto indifferente che fece rovesciare a terra buona parte del vino nel boccale, «i re sono tutti uguali, e quello che conta è che con questo nuovo sovrano noi saremo dalla parte di chi ci guadagna, invece di ritrovarci fuori dalle porte chiuse, a guardare tutto quel denaro che scorre e tutti quegli accordi stipulati di nascosto».

«Ehi, gran signore», scattò il guerriero, intercettando lo sguardo attento di Elminster, «si può sapere cosa stai ascoltando?».

«Lingue troppo sciolte», grugnì Elminster, «nell’eventualità che i Maghi della Guerra ci stiano ascoltando, o che qualche Sommo Cavaliere si sia infiltrato fra di noi. Mi sento un po’ a disagio al pensiero che tutto questo possa essere stato un modo per radunarci in uno stesso luogo e massacrarci tutti senza avere il fastidio di doverci dare la caccia uno per uno», aggiunse, accennando alla festa in corso.

«Ci ho pensato anch’io», annuì il guerriero, con aria cupa. «Sei un nobile, vero?»

«Nobile di nascita, senza nome per natura», replicò Elminster, con un sorriso. «Puoi chiamarmi Senzanome Cormaeril.»

«Aha! Qui ci sono alcuni dei tuoi consanguinei!» esclamò il guerriero, ricambiando il sorriso, poi accennò con la mano al punto in cui la calca era più fitta, e aggiunse: «Laggiù, da qualche parte».

«Be’… ben incontrato, grande signore», farfugliò il mercante, barcollando verso Elminster. «Io sono Imbur Waendlar, e sono… sono lieto di fare la tua conoscenza. Se mai dovessi aver bisogno di… ecco… di bare, o di forzieri, o di splendide cassapanche per abbellire le tue stanze migliori, io sono l’uomo che fa per te: la lavorazione migliore di tutta Suzail al prezzo più conveniente, merci adatte a soddisfare le esigenze di un nobile quale tu sei. Permettimi…»

Elminster e il guerriero si scambiarono un sorriso e una strizzata d’occhio.

«È ubriaco come un orso che stia annegando nel miele, ma riesce ancora a propagandare le sue mercanzie», commentò il guerriero che aveva ferito il duca. «Gli dei benedicano la cocciutaggine dei mercanti.»

«Cocciutaggine?» ripeté Mastro Waendlar, fissandolo con occhi appannati. «Io protesto! Non ho potuto evitare di sentire che mi hai definito “cocciuto”, signore. Sappi che sei in errore, perché un mercante cocciuto è uno che non sa cambiare con i tempi, adeguarsi al mutare dei contratti, in modo da conservare il proprio denaro! Io…»

Elminster e l’ignoto guerriero si spostarono sui due lati e si allontanarono in direzioni opposte, costringendo il mercante a girarsi per proseguire la propria arringa con voce alquanto impastata. Poiché le sue obiezioni erano rivolte al guerriero, Waendlar si avviò sulla sua scia, lasciando Elminster libero di proseguire senza intralci.