«Lo scienziato Huld! Stai forse proponendo che l'imputato si difenda da sé?» le chiese sbigottita.
«No» si affrettò a rispondere Jasmel, che si rendeva conto della stravaganza della richiesta. «No, niente del genere. Dovrebbe solo fornire qualche chiarimento di tipo tecnico sulla fisica quantistica, e…»
«Fisica quantistica!» ripeté Sard. «E quale attinenza avrebbe la fisica quantistica con il caso?»
«Potrebbe esserne addirittura la chiave, e lo scienziato Huld potrebbe fornire le spiegazioni necessarie in maniera molto più chiara…» mentre parlava vide Sard accigliarsi «…e concisa di me.»
«Non c'è nessun altro in grado di fornire tali spiegazioni?»
«No, signor giudice» disse Jasmel. «O, per essere precisi, c'è un gruppo di scienziate donne a Evsoy impegnate in ricerche di questo genere, ma…»
«Evsoy!» esclamò Sard come se Jasmel avesse evocato la faccia buia della luna. Scosse di nuovo la testa, quindi aggiunse: «Oh, e sia!» E gettando uno sguardo rapace su Adikor, intimò: «Sia breve, scienziato Huld.»
Adikor non sapeva se doveva alzarsi in piedi, ma era stanco di stare appollaiato su quel sedile e si tirò su. «Grazie, signor giudice» esordì. «Io, ehm, le sono molto grato dell'opportunità che mi ha concesso.»
«Non mi faccia pentire della mia indulgenza» tagliò corto Sard. «Procediamo.»
«Certamente. Il lavoro che Ponter Boddit e io portiamo avanti concerne il calcolo quantistico. Una delle teorie su questo tipo di calcolo prevede la possibilità di entrare in contatto con innumerevoli universi paralleli nei quali esistono identici computer quantistici. E tutti questi computer affrontano simultaneamente differenti porzioni di un complesso problema matematico. Unendo tutte le loro capacità, si ottiene il risultato in modo incalcolabilmente più veloce.»
«Indubbiamente affascinante,» disse Sard «ma tutto questo cosa ha a che fare con la presunta morte di Ponter?»
«Ritengo, Vostro Onore, che durante il nostro esperimento di calcolo quantistico potrebbe essersi aperto un… un qualche tipo di passaggio macroscopico in un altro di questi universi, e Ponter potrebbe esservi stato risucchiato, e…»
Daklar Bolbay scoppiò in un riso beffardo, subito seguita da una parte del pubblico. Per l'ennesima volta il giudice Sard scosse la testa, allibita. «Lei si aspetta che io creda che Ponter Boddit sia finito in un altro universo?»
Ora che la folla aveva capito come la pensava il giudice, non si trattenne più: una risata generale si propagò per tutta la sala.
Adikor sentì il cuore martellare come impazzito e i pugni serrarsi, malgrado sapesse bene che quella era l'ultima cosa da fare. Non poteva frenare la tachicardia, ma si sforzò di distendere le mani. «Signor giudice,» disse cercando di usare un tono il più rispettoso possibile «l'esistenza di universi paralleli è alla base delle teorie contemporanee di fisica quantistica, e…»
«Silenzio!» tuonò Sard, tanto che parecchi rimasero a bocca aperta. «Scienziato Huld, durante tutta la mia carriera di giudice non ho mai sentito un alibi più inconsistente. Ritiene forse che tutti quelli che non hanno frequentato la vostra tanto decantata Accademia scientifica siano così ignoranti da poter essere raggirati da simili fandonie?»
«Vostro Onore, io…»
«Stia zitto!» gli intimò Sard. «Stia zitto e si metta a sedere.»
Adikor respirò a fondo e trattenne il fiato, così come gli avevano insegnato duecentocinquanta mesi prima durante il trattamento subito per aver colpito Ponter. Poi espirò lentamente, immaginando di buttare fuori anche l'ira che gli ribolliva dentro.
«Le ho detto di sedersi!» scattò Sard.
Adikor obbedì.
«Jasmel Ket!» chiamò il giudice spostando il suo sguardo fiammeggiante sulla figlia di Ponter.
«Sì, signor giudice?» rispose la ragazza, la voce tremula.
Anche il giudice tirò un profondo respiro, ricomponendosi. «Ragazza,» disse con voce ferma «so che recentemente tua madre è morta di leucemia. Posso solo immaginare quanto sia stato doloroso per te e per la piccola Megameg.» Sorrise alla sorella di Jasmel, e sulla fronte nuove rughe si aggiunsero alle vecchie. «Adesso sembra che anche tuo padre sia morto… anche lui prematuramente, una morte inaspettata, in giovane età. Comprendo la tua riluttanza ad accettare la sua scomparsa e dare credito ad una spiegazione così stravagante…»
«Non è così, vostro onore…» disse Jasmel.
«Ah, no? Non sei così disperata da aggrapparti a qualsiasi cosa, a una qualunque speranza che tuo padre sia ancora vivo?»
«Io… non lo so.»
Sard annuì. «Ci vorrà del tempo per accettare quello che è accaduto a tuo padre. Io ne so qualcosa.» Si guardò intorno, poi il suo sguardo si posò su Adikor. «Va bene» disse. Quindi si fermò come se stesse meditando, infine comunicò le sue decisioni: «Dunque, la mia decisione è la seguente: ritengo che il processo si sia svolto in modo legittimo, che il dibattimento sia stato esauriente, con l'esame circostanziato degli elementi del reato di cui è accusato l'imputato, per cui dispongo che il caso sia rimesso al tribunale in forma collegiale, composto da tre giudici, nel presupposto che tutti vogliano andare a fondo della questione.» Quindi si rivolse a Bolbay: «Vuole sostenere l'accusa davanti al tribunale, in qualità di tutore della minore Megameg Bek?»
«Sì.»
Adikor sentì un tuffo al cuore.
«Molto bene» concluse Sard. Consultò il calendario e fissò l'udienza: «La corte si riunirà in questa stessa aula tra cinque giorni, il 148/119/03. Sino ad allora lo scienziato Huld sarà sottoposto a sorveglianza speciale. Ci siamo intesi?»
«Sì, signor giudice. Ma se solo potessi scendere nel…»
«Nessun ma» scattò il giudice. «E ancora una cosa, scienziato Huld. Sarò io a presiedere la corte, e ragguaglierò della questione gli altri due giudici. Ammetto che il fatto che sia stata la figlia di Ponter a prendere le sue difese ha prodotto un certo impatto emotivo, ma la prossima volta non andrà così. Le suggerisco decisamente di trovarsi qualcuno più idoneo a difenderla.»
29
Nel primo pomeriggio arrivarono buone notizie. Reuben aveva contattato per telefono e per posta elettronica diversi esperti del Centro per la prevenzione e la cura delle malattie infettive di Atlanta e dei laboratori specializzati di Winnipeg. «Avete notato che Ponter non gradisce i prodotti caseari e a base di grano?» disse disteso sul divano del soggiorno mentre sorseggiava l'aromatico caffè etiope di cui, come Mary aveva scoperto, era tanto ghiotto.
«Sì» rispose Mary, che dopo la doccia si era ripresa, anche se la infastidiva indossare gli stessi abiti del giorno precedente. «Preferisce carne e frutta, ma non mangia i prodotti coltivati, il pane e il latte.»
«Esatto» disse Reuben. «E gli esperti con cui ho parlato hanno detto che questo è un bene per noi.»
«E perché?» domandò Mary che proprio non sopportava quel caffè. Aveva chiesto che le portassero un po' di Maxwell House, latte al cioccolato e qualche capo di vestiario, e per il momento si era accontentata di una coca cola.
«Perché la sua alimentazione indica che non proviene da una società agricola. D'altra parte, questa ipotesi è confermata dalle informazioni che mi ha dato Hak. Sembra che la popolazione di quella versione della Terra sia di molto inferiore alla nostra, quindi non hanno la necessità di coltivare la terra né di allevare animali.»
«Ho sempre pensato che tutte le civiltà si fondassero su questi mezzi di sussistenza, indipendentemente dalla grandezza della popolazione» disse Mary.
Reuben annuì. «Non vedo l'ora che Ponter possa darci delle risposte. Comunque, mi hanno detto che la maggior parte delle malattie pericolose per gli esseri umani hanno avuto origine negli animali domestici, e che solo in un secondo momento sono state trasmesse all'uomo. Morbillo, tubercolosi e vaiolo provengono dai bovini; l'influenza dai maiali e dalle anatre, la tosse convulsa dai maiali e dai cani.»