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Mary scrollò le spalle. «Per esprimere la mia personalità, e… be', ti ho detto che erano marroni, ma a dire il vero erano anche un po' grigi. A me — come a molte persone, del resto — non piacciono i capelli grigi.»

«I capelli della mia specie diventano grigi con l'età.»

«Questo accade anche a noi; nessuno nasce con i capelli grigi.»

Ponter aggrottò di nuovo la fronte. «Nella mia lingua, la parola per denotare tutti quelli che hanno maturato la conoscenza attraverso l'esperienza è la stessa di quella usata per indicare il colore dei capelli che mutano colore: 'Grigio.' Non riesco a immaginare che ci sia qualcuno che voglia nasconderlo.»

Ancora una volta Mary scrollò le spalle. «Noi facciamo un sacco di cose che non hanno senso.»

«Questo è proprio vero» assentì il Neandertal. Si fermò un momento, quasi stesse considerando se fosse il caso di proseguire. «Ci siamo spesso chiesti che fine abbia fatto la vostra specie… nel nostro mondo, voglio dire. Perdonami, non voglio sembrare» — bip — «ma saprai che i vostri cervelli sono più piccoli dei nostri.»

Mary annuì. «In media, più piccoli del dieci per cento circa, se non ricordo male.»

«E siete fisicamente più esili. A giudicare dalle ossa, abbiamo calcolato che la tua specie aveva solamente la metà della nostra massa muscolare.»

«Direi che più o meno è così» confermò Mary annuendo.

«E mi hai parlato della vostra incapacità a convivere con le altre razze della vostra stessa specie.»

Mary annuì ancora.

«Nel mio mondo ci sono testimonianze archeologiche di quello che dici. Un'ipotesi molto seguita è che vi siate sterminati a vicenda… dimostrando che non eravate poi così intelligenti…» E a quel punto abbassò il capo. «Ti chiedo di nuovo scusa, non è mia intenzione offenderti.»

«Quello che hai detto è tutto vero» convenne Mary.

«Sono certo che esiste un'altra spiegazione. Ne sappiamo così poco su di voi.»

«In un certo senso» rifletté Mary «sapere che sarebbe potuta andare in modo diverso non potrà che farci bene. Ci ricorderà quanto sia preziosa la vita.»

«Non è una cosa ovvia?» esclamò Ponter sbalordito, gli occhi spalancati.

31

Adikor abbandonò lentamente la Camera di consiglio. Quello che gli stava accadendo era pazzesco. Semplicemente pazzesco! Aveva perso Ponter, e come se non bastasse doveva affrontare un vero e proprio processo. La fiducia che aveva sempre avuto nel sistema giudiziario — un'entità di cui sino a quel momento aveva avuto solo una vaga idea — era stata scossa. Com'era possibile che una persona già duramente colpita da una perdita, e per di più innocente, venisse perseguitata in quel modo?

Imboccò un lungo corridoio, con le pareti piene di ritratti di vecchi magistrati, uomini e donne che avevano elaborato i principi della giurisprudenza moderna. Avevano avuto in mente quella farsa a cui aveva assistito? Proseguì senza porre attenzione alle persone che gli sfilavano accanto… finché non fu attratto da un bagliore arancione.

Bolbay, con ancora indosso i colori dell'accusa, in fondo al corridoio. Evidentemente si era attardata nell'edificio, forse per evitare gli Esibizionisti, e proprio in quel momento stava uscendo.

Senza nemmeno pensarci, si ritrovò a rincorrerla, il tappeto di muschio che attutiva i suoi passi. La raggiunse appena fuori dall'edificio, nel sole pomeridiano. «Daklar!»

La donna si voltò, spaventata. «Adikor!» esclamò, gli occhi sgranati. Immediatamente alzò la voce e avvertì: «Chiunque stia controllando il sorvegliato Adikor Huld faccia attenzione. È qui di fronte a me, la sua accusatrice!»

Adikor scosse lentamente il capo. «Non ho intenzione di farti del male.»

«Ho notato che non di rado le tue azioni non sono conseguenti alle tue intenzioni.»

«Questo accadeva anni fa» la rimbeccò Adikor usando volutamente la parola che sottolineava tutto il tempo trascorso da quel lontano episodio. «Prima di allora non avevo fatto del male a nessuno, né è più successo.»

«Ma quella volta lo hai fatto» disse Bolbay. «Hai perso la pazienza. Lo hai colpito. Hai tentato di ucciderlo.»

«No! Non ho mai voluto fare del male a Ponter.»

«Non è opportuno parlare tra di noi» disse Bolbay. «Mi scuserai» tagliò corto e fece per andare via.

Adikor le afferrò un braccio. «No, aspetta!»

Quando si girò a fronteggiarlo, il volto della donna mostrava tutta la sua paura, ma Bolbay mutò rapidamente espressione, lanciando uno sguardo significativo alla mano che le stringeva il braccio. Adikor lasciò subito andare la presa. «Per favore. Voglio solo sapere il motivo. Perché tutto… tutto questo astio nei miei confronti? Da quando ci conosciamo non ti ho mai fatto alcun torto. Sai bene che amavo Ponter. E sai anche che non avrebbe voluto che mi si perseguitasse così.»

«Non fare l'innocente con me» replicò Bolbay.

«Ma io sono innocente. Perché stai facendo tutto questo?»

Bolbay scosse il capo, si voltò e andò via.

«Perché?» le gridò dietro. «Perché?»

«Che ne dici se parliamo un po' della tua gente?» propose Mary. «Finora abbiamo potuto solo studiare qualche fossile. Ci sono un sacco di dispute su parecchi punti, come, per esempio, per quale ragione la tua specie abbia sviluppato una fronte così prominente.»

«Ripara gli occhi dal sole» rispose Ponter sbattendo le palpebre.

«Davvero? Be', in effetti è una spiegazione ragionevole. Ma allora perché noi ci siamo evoluti diversamente? Voglio dire, i Neandertal si sono diffusi in Europa, mentre i nostri progenitori erano originali dell'Africa, dove c'è più sole.»

«Anche noi ce lo siamo chiesti quando abbiamo rinvenuto i fossili dei Gliksin.»

«Gliksin?» ripeté Mary.

«La specie degli ominidi che vivevano nel mio mondo, a cui voi assomigliate molto. Non avevano la fronte così prominente, per questo pensavamo che fossero esseri notturni.»

Mary sorrise. «Sono convinta che molte delle teorie basate sull'analisi dei reperti fossili siano errate. E dimmi un po', a che pensavate che servisse questo?» chiese battendosi l'indice sul mento.

Ponter sembrava imbarazzato. «Lo so che non è così, ma…»

«Sì?» lo incoraggiò Mary.

Si lisciò la barba con il palmo della mano, indicando che non aveva mento, e disse: «Dato che noi non abbiamo questa prominenza, abbiamo presunto …»

«Cosa?»

«Be', che fosse un mezzo per non sbavare. Le cavità della bocca sono così piccole che abbiamo presunto che avevate problemi per la fuoruscita di saliva. Inoltre, i vostri cervelli sono più piccoli dei nostri, e, insomma, gli idioti sbavano spesso…»

A Mary scappò una risata. «Caspita! E dimmi un po', a proposito di mandibole, cosa è accaduto alla tua?»

«Niente» rispose Ponter. «È sempre stata così.»

«Dalle lastre che ti hanno fatto in ospedale, ho visto che te l'hanno ricostruita.»

«Ah, intendi quello» disse Ponter come per scusarsi. «Ho preso un colpo sul viso un paio di centinaia di mesi fa.»

«Con cosa ti hanno colpito? Con un mattone?»

«Con un pugno» rispose Ponter.

Mary spalancò la bocca. «Immaginavo che i Neandertal fossero esseri molto forti, ma… accidenti! Un pugno ha prodotto tutti quei danni?»

Ponter annuì.

«Sei stato fortunato. Avrebbe potuto ucciderti.»

«Siamo stati entrambi fortunati, io e chi ha sferrato il pugno.»

«Perché lo ha fatto?»

«Un banale diverbio. Naturalmente non avrebbe dovuto farlo, e dopo l'accaduto si è ampiamente scusato. Decisi di non denunciarlo; se lo avessi fatto, l'avrebbero processato per tentato omicidio.»

«Avrebbe davvero potuto ucciderti con un pugno?»

«Certo. Per fortuna ho fatto in tempo a schivare parzialmente il colpo; per questo mi ha preso sulla mascella e non in pieno viso. Se mi avesse centrato mi avrebbe sfondato il cranio.»