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A pensarci bene, però, stava ragionando più come un ateo che come un vero credente. Quest'ultimo sarebbe stato convinto che Milgaard, Morin e Marshall avrebbero ricevuto la giusta ricompensa divina per tutti i torti subiti su questa terra. D'altra parta, lo stesso Figlio di Dio era stato messo a morte ingiustamente, persino in base ai dettami della legge romana; Ponzio Pilato non pensava che Cristo fosse colpevole del reato di cui era accusato.

Ma il mondo di Ponter sembrava più duro della corte di Pilato: la brutalità di una sterilizzazione forzata, fondata sulla convinzione assoluta che la giustizia non poteva sbagliare. Mary trattenne un brivido. «Come potete essere certi di aver condannato la persona giusta? O, più precisamente, di non aver condannato un innocente?»

«Perché ci basiamo sull'archivio degli alibi» rispose Ponter, come se quella fosse la cosa più naturale del mondo.

«Il cosa

Ancora seduto accanto a lei sul divano nello studio di Reuben, Ponter sollevò il braccio sinistro, ruotandolo per mostrarle il polso. «L'archivio degli alibi» ripeté. «Hak trasmette in continuazione informazioni sui miei spostamenti e le immagini tridimensionali di tutto quello che faccio. Naturalmente, da quando sono qui ha perso i contatti con l'archivio.»

Questa volta Mary non riuscì a trattenere un brivido. «Stai dicendo che vivi in una società totalitaria? Che siete costantemente sotto sorveglianza?»

«Sotto sorveglianza?» ripeté Ponter, con il grosso sopracciglio che scalava la fronte. «No, no. Nessuno controlla i dati trasmessi.»

Mary aggrottò la fronte, sempre più confusa. «Allora a cosa serve?»

«I dati sono registrati nel mio archivio degli alibi.»

«E cosa è, esattamente, questo archivio?»

«Un archivio di memoria computerizzato; un blocco di materia con un reticolo cristallino sul quale vengono fissate delle registrazioni inalterabili.»

«Ma se nessuno le controlla, a cosa serve?»

«Ho male interpretato la vostra parola 'alibi'?» chiese Hak con la voce femminile che usava quando parlava per proprio conto. «Credevo che un alibi fosse una prova che qualcuno si trovava da qualche altra parte quando è stato commesso un reato.»

«Uhm, sì» confermò Mary. «Questo è un alibi.»

«Bene» continuò Hak. «L'archivio di Ponter gli fornisce un alibi inconfutabile nel caso in cui fosse accusato di aver commesso qualche crimine.»

Mary sentì una fitta allo stomaco. «Mio Dio… Ponter, l'onere della prova spetta all'accusato?»

Ponter sbatté le palpebre, e Hak tradusse le sue parole con la voce maschile: «E a chi altri?»

«Voglio dire che qui, sulla Terra, una persona è innocente finché non viene provata la sua colpevolezza.» Già mentre pronunciava quelle parole si era resa conto che non era ovunque così; ma decise di non correggere quanto aveva detto.

«Mi sembra di capire che voi non avete gli archivi degli alibi, vero?»

«Già. Be', in certi luoghi ci sono delle telecamere di sicurezza, ma non dappertutto, e quasi mai in casa.»

«Allora come fate ad accertare la colpevolezza di un imputato? Se non esiste una registrazione di ciò che è accaduto, come potete esser sicuri di aver preso il vero colpevole?»

«Era questo che intendevo quando parlavo di casi irrisolti. Se non abbiamo la certezza della colpevolezza — cosa che si verifica spesso — l'imputato viene scarcerato.»

«Non mi sembra un sistema migliore del nostro» disse Ponter lentamente.

«Ma in questo modo salvaguardiamo la nostra vita privata. Nessuno ci tiene sotto controllo.»

«Ma questo accade anche nel mio mondo, a meno che non si tratti di un… non conosco la parola. Qualcuno a cui piace essere guardato.»

«Un esibizionista?» suggerì Mary inarcando le sopracciglia.

«Sì. Il loro contributo è cercare cose interessanti da mostrare alla gente attraverso i loro Companion. Hanno degli impianti molto potenti, che trasmettono con una risoluzione più alta e a maggiori distanze.»

«Ma si potrebbe violare la privacy delle trasmissioni di chiunque, non solo quella di un esibizionista.»

«E perché mai?» chiese Ponter.

«Be', uhm, non so. Forse solo perché è possibile farlo.»

«Io sono libero di bere la mia urina, ma non l'ho mai fatto.»

«Qui da noi l'idea di un simile controllo sarebbe reputata una minaccia per la sicurezza, soprattutto per le informazioni gestite per via informatica. Ci sono degli specialisti che si occupano esclusivamente della sicurezza delle informazioni.»

«Non mi sembra un gran contributo alla società.»

«Forse no» convenne Mary. «E senti, cosa succede se l'imputato si rifiuta di far visionare il suo… come si chiama? Il suo archivio degli alibi?»

«Perché dovrebbe rifiutarsi?»

«Mah, non so. Così, per principio.»

Ponter la guardò perplesso.

«Per esempio, perché nel momento in cui è stato commesso un crimine stava facendo qualcosa di imbarazzante.» Bip. «Imbarazzante. Qualcosa di cui provi vergogna.» Bip.

«Potresti fare un esempio?» propose Ponter.

Mary storse le labbra, pensierosa. «Allora, uhm, va bene, diciamo che… diciamo che stavo avendo un rapporto sessuale con l'uomo di qualcun'altra; questo fatto è un alibi, ma io non voglio che gli altri vengano a conoscenza di quello che stavo facendo.»

«Perché no?»

«Be', perché noi crediamo che l'adulterio» bip «sia una cosa sbagliata.»

«Sbagliata?» disse Ponter, poiché evidentemente Hak aveva indovinato il significato della parola. «Come può esserlo, a meno che non comporti una dichiarazione di falsa paternità? A chi reca danno?»

«Be', uhm, non so. Voglio dire che noi, ehm, consideriamo l'adulterio un peccato.» Un bip.

Per lo meno, questa volta se lo aspettava. In una società senza religione, dove non c'è divieto per i comportamenti che in effetti non danneggiano nessuno — uso di droghe, masturbazione, adulterio, visione di video pornografici — era normale che non esistesse tutto quel fanatismo sulla privacy. In fondo, la gente insisteva tanto su quella questione in gran parte proprio perché faceva delle cose che desiderava tenere nascoste. Ma in una società aperta, permissiva, in cui la criminalità è circostanziata e colpisce solo singoli individui, probabilmente l'intera questione della privacy aveva ben poco senso. Infatti, Ponter non aveva mostrato nessuna vergogna a mostrarsi nudo — di nuovo, un tabù religioso — e nessun bisogno di rimanere solo quando espletava i suoi bisogni corporali.

Mary scosse la testa. Ripensava a tutte le volte che aveva provato imbarazzo o vergogna, tutte le volte che si era sentita tranquilla all'idea che nessuno potesse vedere quello che stava facendo: era tutto dovuto ai precetti imposti dalla chiesa? La vergogna per aver lasciato Colm; la vergogna che le impediva di chiedere il divorzio; la vergogna di accettare la sua sessualità ora che non aveva uomini; la vergogna che provava dopo ogni peccato… Sembrava proprio che quella vergogna a Ponter fosse sconosciuta. Fare le cose che gli procuravano piacere non lo imbarazzava affatto. L'unica pregiudiziale era non fare del male a nessuno.

«Mi chiedo se il vostro sistema potrebbe funzionare» disse Mary dubbiosa.

«Funziona» replicò Ponter. «E tieni conto che per i reati più gravi — quelli che hanno a che fare con la violenza ai danni di altre persone — il controllo è incrociato: si può visionare sia l'archivio degli alibi della vittima che quello dell'imputato. Di solito è la vittima che esibisce il suo archivio come prova, e nella maggior parte dei casi questo basta.»

Mary era a un tempo affascinata e disgustata. Eppure…

Se quella notte a York…

Se ci fossero state delle immagini, le avrebbe mostrate a qualcuno?