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«Chissà» disse Dern. «Potrebbe darsi che i segnali video non riescano ad attraversare quel… qualunque cosa sia quel buco lì.»

«Potrebbe anche essere che sia finito in un posto completamente buio» ipotizzò Adikor.

«Che… che dobbiamo fare?» chiese la ragazza.

Dern scrollò lievemente le spalle tondeggianti.

«Proviamo a tirare il cavo» propose Adikor. «Vediamo se torna qualcosa da… quel posto lì.» Scese nella sala dei registri, raccolse delicatamente il cavo, che a pochi passi da lui scompariva nel nulla, e cominciò a tirare piano, con tutte e due le mani.

Subito dopo sopraggiunse Jasmel, che lo aiutò a tirare.

Il cavo veniva su senza resistenza, ma tirando Adikor aveva l'impressione che alla sua estremità, da qualche parte al di là del buco, fosse attaccato un peso, come se il robot oscillasse sull'orlo di un precipizio.

«Quanto sono resistenti i connettori del cavo?» chiese lanciando un'occhiata fugace a Dern, che nel frattempo lo aveva raggiunto.

«Sono degli spinotti bedonk standard.»

«Cederanno?»

«Solo se tiri con forza. I connettori sono fissati a dei piccoli ganci di metallo.»

Adikor e Jasmel continuarono a tirare su facendo attenzione a non dare strattoni.

«E i ganci li hai chiusi?»

«Non… non ne sono sicuro» balbettò Dern. «Credo di sì.»

Avevano già recuperato almeno tre metri di cavo, quando…

«Guarda!» esclamò Jasmel.

La tozza sagoma del robot affiorava da… be', non sapevano da cosa, ma adesso era visibile la base, come se in qualche modo stesse passando attraverso un buco a mezz'aria che la sezionava trasversalmente in due parti.

Dern attraversò di corsa la sala, i risvolti dei pantaloni fruscianti sul pavimento levigato. Si protese ad afferrare uno dei bracci affusolati del robot che fuoriusciva dal varco oscuro. Fece appena in tempo, perché il connettore del cavo cedette, facendo cadere all'indietro Adikor e Jasmel. Si rimisero subito in piedi, mentre Dern recuperava il robot da… dall'altra parte.

Si precipitarono verso Dern, seduto sul pavimento con il robot rovesciato accanto. A una prima occhiata non sembrava più danneggiato di prima; ma Dern si guardava allibito la mano sinistra.

«Tutto bene?» gli chiese Adikor.

«La mano…»

«Che c'è? Una frattura?»

Dern alzò lo sguardo. «No, sta bene. Sta bene, ma… quando ho afferrato il robot… quando il cavo ha ceduto e il robot è caduto all'indietro la mia mano è finita dall'altra parte. L'ho vista scomparire attraverso… non so che cosa.»

Jasmel gli prese la mano e la studiò con attenzione. «Sembra che non ci sia niente di strano. Ti fa male?»

«Non sento niente. Ma è stato come se me l'avessero tagliata, proprio sotto le dita, la cesura era incredibilmente dritta e liscia, ma non sanguinava, e anche se era tagliata in due continuavo a muovere le dita mentre la tiravo su.»

Jasmel rabbrividì.

«Sei sicuro di star bene?» gli chiese Adikor.

Dern annuì.

Adikor si avvicinò cauto verso il luogo dove poco prima c'era l'apertura. Si chinò e tastò tutta la zona; qualunque varco si fosse aperto, adesso si era richiuso.

«Cosa è successo?» chiese Jasmel.

«Mah, proprio non lo so» rispose Adikor. «Possiamo trovare una lampadina, un fanale, qualcosa da applicare al robot?» chiese a Dern.

«Certo. Posso prenderla da un casco di protezione. Ne avete qualcuno in più?»

«Li trovi su una mensola nel cucinino.»

Dern annuì; poi alzò la mano e la fece ruotare attorno al polso, come se la vedesse per la prima volta. «Pazzesco» disse tra sé. Scosse la testa per reagire e andò a prendere la lampadina.

«Adesso sappiamo quello che è successo» disse Jasmel appena rimasero soli. «Mio padre è andato a finire dall'altra parte, qualunque cosa sia. Ecco perché non si trova il corpo.»

«Non è al livello della nostra superficie. Deve essere caduto da qualche parte giù e …»

Jasmel inarcò il sopracciglio. «E potrebbe essersi rotto l'osso del collo. Quindi… quindi quello che potremmo vedere…»

Adikor annuì. «Sì, potremmo vedere il suo cadavere. Anch'io ci ho pensato, mi dispiace, ma… a dire il vero, credevo che fosse annegato in una vasca piena di acqua pesante.» Rifletté un po', quindi si avvicinò al robot e verificò che fosse completamente asciutto. «Quando Ponter è finito dall'altra parte c'era una riserva di acqua pesante, e… gristle!»

«Che c'è?»

«Forse siamo venuti in contatto con un altro universo, non quello in cui è finito Ponter.»

Jasmel fu scossa da un tremito.

Adikor rimise in piedi il robot e verificò che il connettore non fosse danneggiato. Jasmel, a passi lenti e a capo chino, recuperò il cavo di fibra ottica, e lo diede a Adikor che lo fissò nei morsetti.

Dern tornò con due lampade elettriche, provviste di batterie, e un rotolo di nastro adesivo con cui fissò le lampade sugli occhi del robot.

Lo riposizionarono esattamente come prima, sulla sommità del registro 69, e risalirono nella sala di controllo. Adikor prese degli scatoloni da imballaggio e vi montò sopra, per poter contemporaneamente operare alla consolle e guardare alle sue spalle il registro 69.

Ancora una volta cominciò il conto alla rovescia: «Dieci. Nove. Otto. Sette. Sei. Cinque. Quattro. Tre. Due. Uno. Zero.»

Questa volta vide tutto. Il varco si aprì come un cerchio di fuoco blu che si dilatava. Sentì di nuovo la folata d'aria irrompere nella stanza, e il robot, come sull'orlo di un precipizio, vacillò e scomparve nel nulla.

Si volsero all'unisono a guardare il monitor. Ancora una volta sembrava che non arrivasse alcun segnale, ma poi i raggi di luce dovettero cogliere qualcosa — vetro o plastica — perché per un attimo percepirono un riflesso. Ma non videro altro; lo spazio dove il robot dondolava come un pendolo nel vuoto doveva essere immenso.

Poi le luci illuminarono qualcos'altro: sembravano dei tubi di metallo incrociati, ma l'immagine andava e veniva, probabilmente a causa dell'oscillazione del robot.

E improvvisamente un bagliore accecante, come se…

«Qualcuno deve aver acceso le luci» disse Jasmel.

Adesso era chiaro che il robot ruotava attorno al cavo. Dal monitor colsero delle apparizioni fuggevoli di mura rocciose, e…

«Cos'è quella?» fece Jasmel.

L'avevano appena intravista: una specie di scala sulla parete incurvata di un'ampia caverna, ai cui piedi c'era una figura minuta vestita di blu.

Il robot continuava a mulinare attorno al cavo; videro una griglia geodesica sul pavimento, e nei punti di intersezione c'era qualcosa a forma di fiore.

«Non ho mai visto niente di simile» disse Dern.

«È bellissima» osservò Jasmel.

Adikor trattenne il fiato. Tutto continuava a roteare: apparve di nuovo la scala, con due figure che scendevano e che poi scomparvero a causa di quell'esasperante rotazione.

Videro altre due fuggevoli apparizioni di quelle sagome vestite in blu con dei luminosi caschi gialli sulla testa. Avevano le spalle troppo minute per essere degli uomini; Adikor pensò che fossero donne, ma erano comunque troppo esili. Le teste, che avevano appena intravisto, sembravano non avere capelli, e…

L'immagine ebbe un ultimo sussulto, poi si stabilizzò: il robot aveva smesso di roteare. Una mano l'aveva afferrato. La videro in primo piano: una mano strana, fragile d'aspetto, con il pollice corto e una specie di cerchio di metallo attorno a un dito. Era chiaro che stava stringendo il robot, tenendolo fermo. Dern maneggiava freneticamente la scatola di controllo per inclinare la telecamera verso il basso, e quando ci riuscì videro per la prima volta con chiarezza il volto dell'essere che aveva afferrato il robot.

Dern restò senza fiato; Adikor sentì un colpo nello stomaco. Era una creatura spaventosa, deforme, con la mandibola inferiore che fuoriusciva come se l'osso avesse delle escrescenze.

L'essere ripugnante stava cercando di tirare giù il robot, che pendeva a poche decine di centimetri dal pavimento del vasto ambiente.