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Danzarono avanti e indietro cambiando posizioni, scivolando da una parte all’altra del cortile lastricato. ‘La lucertola fra i rovi’ si scontrò con ‘il fulmine a tre denti’. ‘La foglia nella brezza’ annullò ‘l’anguilla fra le ninfee’, e ‘due lepri che balzano’ incontrò ‘il colibrì bacia la rosa’. Avanti e indietro, con la stessa armonia di una dimostrazione delle posizioni. Galad provò attacco dopo attacco, ma Valda era rapido come una vipera. ‘Il gallo cedrone dei boschi che danza’ gli costò un taglio superficiale alla spalla sinistra e ‘il falco rosso cattura una colomba’ un altro al braccio destro, lievemente più profondo. ‘Il fiume di luce’ avrebbe potuto staccargli di netto il braccio se non avesse incontrato quel colpo di taglio con una ‘pioggia tra il forte vento’ disperatamente veloce. Avanti e indietro, le lame guizzavano di continuo, riempiendo l’aria del cozzo di acciaio contro acciaio.

Non riusciva a dire da quanto stessero combattendo. Il tempo non esisteva; solo il presente. Pareva che lui e Valda si muovessero come uomini sott’acqua, i cui spostamenti venivano rallentati dalla resistenza del mare. Del sudore apparve sul viso di Valda, ma lui sorrise sicuro di sé, apparentemente imperturbato dallo squarcio sul suo avambraccio, l’unica ferita che aveva subito fino a quel momento. Anche Galad poteva percepire il sudore colare sulla propria faccia, pizzicandogli gli occhi. E il sangue che gli scorreva giù per il braccio. Quelle ferite prima o poi l’avrebbero rallentato, e forse lo stavano già facendo, ma ne aveva subite altre due alla coscia sinistra, ed entrambe erano serie. A causa loro aveva il piede umido dentro lo stivale e non poteva evitare di zoppicare un po’, cosa che sarebbe andata peggiorando col tempo. Se Valda doveva morire, doveva accadere in fretta.

Di proposito trasse un profondo respiro, poi un secondo dalla bocca, poi un altro ancora. Che Valda pensasse pure che era a corto di fiato. La sua lama guizzò all’infuori in ‘infilare l’ago’, mirata alla spalla sinistra di Valda e non tanto rapida quanto sarebbe potuta essere. L’altro uomo rispose facilmente con ‘la rondine si leva in volo’, scivolando immediatamente nel ‘balzo del leone’. Questo gli inflisse una terza scalfittura alla coscia; Galad non si azzardò a essere più rapido in difesa che in attacco.

Di nuovo lanciò ‘infilare l’ago’ contro la spalla di Valda, e poi ancora e ancora, nel frattempo continuando a inghiottire aria attraverso la bocca. Solo la fortuna gli impedì di subire ulteriori ferite in quegli scambi. O forse la Luce risplendeva davvero su di lui in quel combattimento.

Il sorriso di Valda si allargò: l’uomo lo credeva allo stremo delle forze, esausto e ossessionato. Mentre Galad iniziava ‘infilare l’ago’ troppo lentamente per la quinta volta, la spada del suo avversario cominciò ‘la rondine prende il volo’ in maniera troppo frettolosa, facendo appello a tutta la velocità che gli rimaneva, Galad modificò il suo colpo, e ‘mietere l’orzo’ fendette Valda appena sotto la cassa toracica.

Per un istante parve che l’uomo non si rendesse conto di essere stato colpito. Fece un passo, iniziando quello che sarebbe potuto essere ‘le pietre che cadono dalla scogliera’. Poi strabuzzò gli occhi e barcollò; la spada cadde dalla sua stretta, sferragliando sul selciato mentre lui crollava in ginocchio. Le sue mani si diressero all’enorme squarcio lungo l’addome come per cercare di mantenere dentro le sue interiora. Lui aprì la bocca e gli occhi vitrei fissarono il volto di Galad. Qualunque cosa avesse voluto dire, il sangue gli sgorgò giù fino al mento. Ruzzolò faccia a terra e rimase immobile.

Con un gesto istintivo, Galad diede alla sua lama una rapida torsione per scrollare via il sangue che ne macchiava la punta, poi si chinò lentamente a pulir via le ultime gocce sulla giubba bianca di Valda. Il dolore che aveva ignorato ora avvampò. La spalla e il braccio sinistro gli bruciavano; gli sembrava di avere la coscia in fiamme. Raddrizzarsi gli costò uno sforzo. Forse era più vicino allo sfinimento di quanto avesse pensato. Per quanto tempo avevano combattuto? Aveva creduto che avrebbe provato soddisfazione per aver vendicato sua madre, ma dentro di lui sentiva solo il vuoto. La morte di Valda non era sufficiente. Nulla, tranne che Morgase Trakand fosse di nuovo viva, poteva essere sufficiente.

All’improvviso percepì rumori ripetuti e alzò gli occhi per vedere i Figli, che gli davano una pacca sulla spalla in approvazione, tutti quanti. Tranne Asunawa e gli Inquisitori, che non si vedevano da nessuna parte.

Byar si precipitò portando un piccolo sacco di cuoio e con cautela ispezionò i tagli sotto la manica di Galad. «Avranno bisogno di punti,» borbottò «ma possono aspettare.» Inginocchiandosi accanto a Galad, prese dei rotoli di bende dal sacco e iniziò ad avvolgerli attorno alle ferite sulla sua coscia.

«Anche questi avranno bisogno di punti, ma in questo modo non morirai dissanguato prima delle cure.» Altri cominciarono a radunarsi al torno, offrendo le loro congratulazioni: per primi gli uomini a piedi, poi quelli ancora a cavallo. Nessuno rivolse un’occhiata al cadavere tranne Kashgar, il quale ripulì la spada di Valda sulla sua giubba già macchiata di sangue prima di rinfoderarla.

«Dov’è andato Asunawa?» chiese Galad.

«Si è allontanato non appena hai colpito Valda l’ultima volta» rispose Dain a disagio. «Sarà diretto all’accampamento per prendere altri Inquisitori.»

«È andato da quell’altra parte, verso il confine» si inserì qualcuno. Nassad si trovava appena oltre il confine.

«I lord capitani» disse Galad, e Trom annuì.

«Nessun Figlio lascerebbe che tu venissi arrestato dagli Inquisitori per quanto è accaduto qui, Damodred. A meno che il suo capitano non glielo ordinasse. Alcuni lo farebbero, ritengo.» Iniziò un borbottio irato, con uomini che negavano che si sarebbero prestati a una cosa del genere, ma Trom li zittì, in un certo qual modo, con le mani alzate. «Sapete che è vero» disse a gran voce.

«Qualunque altro comportamento sarebbe insubordinazione.» A quelle parole il silenzio divenne assoluto. Non c’era mai stata insubordinazione fra i Figli. Forse nulla vi era arrivato tanto vicino quanto la loro precedente dimostrazione. «Scriverò il tuo congedo dai Figli, Galad. Qualcuno potrebbe comunque ordinare il tuo arresto, ma dovranno trovarti e tu avrai un buon vantaggio. Ad Asunawa ci vorrà mezza giornata per raggiungere gli altri lord capitani, e chiunque dovesse schierarsi con lui non potrà arrivare qui prima che sia calata la notte.»

Galad scosse il capo adiralo. Trom aveva ragione, ma era tutto sbagliato. Troppo era sbagliato.

«Scriverai il congedo per questi altri uomini? Sai che Asunawa troverà un modo per accusare anche loro. Scriverai congedi per i Figli che non vogliono aiutare i Seanchan a conquistare le nostre terre in nome di un uomo morto da più di mille anni?» Diversi Tarabonesi si scambiarono occhiate e annuirono, e così fecero altri uomini, non tutti Amadiciani. «E gli uomini che hanno difeso la Fortezza della Luce? Un congedo toglierà loro le catene o farà sì che i Seanchan smettano di farli sgobbare come animali?» Altri mugugni arrabbiati: quei prigionieri erano una nota dolente per tutti i Figli.