Alec localizzò gli avamposti istallati in cima alle colline all'interno della nuova recinzione. Vide squadre di esploratori e pattuglie armate che attraversavano la campagna innevata, ma si tenne sempre a distanza, perché voleva evitare gli scontri. Non ancora. Una volta gli parve di riconoscere Will Russo alla testa di una colonna di uomini.
Quando attaccò l'avamposto, le giornate si erano ormai notevolmente allungate. Per arrivarci fece compiere ai suoi uomini una lunga deviazione. Entrarono così nel recinto in un tratto non ancora terminato e abbastanza distante dalla più vicina torre di guardia. Faceva ancora freddo e il cielo era grigio, ma verso sera il sole fece capolino attraverso le nubi, e Alec scorse un fiorellino azzurro che sbucava fra la neve sulla riva di un torrentello.
Sorrise fra sé, non perché commosso dalla grazia del fiore e dalla bellezza del tramonto, ma perché capì di aver calcolato il momento giusto per l'attacco.
Aspettarono fin dopo mezzanotte prima di risalire il versante della collina su cui si ergeva l'avamposto, identico a quello in cui Alec era già stato. Gli uomini si arrampicarono sui terrapieni e affrontarono i difensori con archi e coltelli. Alec s'impossessò della radio prima che il comandante avesse il tempo di servirsene. Lo uccise con due colpi di pistola in pieno petto e si precipitò alla consolle dei comandi.
Alec si attenne alle regole di guerra delle bande: nessun prigioniero. Smontarono con cura la radio e il generatore e li caricarono sul camion dell'avamposto, poi con gli esplosivi trovati sul luogo fecero saltare i locali sotterranei e i pezzi d'artiglieria, in modo da non lasciare traccia del furto della radio.
Douglas sospetterà, pensò Alec. Ma noi ci terremo a distanza dalle sue emittenti, e così non potrà intercettare le nostre trasmissioni.
Il camion avanzò slittando e cigolando nella notte, con la radio e gli uomini di Alec a bordo. Si allontanarono a distanza di sicurezza dal territorio di Douglas, e poi continuarono ad andare avanti per un'altra giornata prima che Alec provasse a chiamare la stazione spaziale. Quando finalmente riuscì a mettersi in contatto, la voce che crepitò negli auricolari suonava incredula.
— Credevamo che fossi morto…
— O che fossi passato dalla parte di Douglas?
— Be'…
— Non fa niente — tagliò corto Alec. — Avvertite Kobol che voglio vedere lui o un suo rappresentante non appena può mandare qualcuno qui. Abbiamo dei progetti da elaborare. Io rimarrò in contatto ancora per un altro giorno e vi saprò dire dove potranno trovarmi.
— Senz'altro. Immagino che vorrai collegarti con la Luna e parlare con tua madre.
Alec rispose senza esitare: — No. È pericoloso restare a lungo in contatto. Potrebbero intercettare il colloquio. Riferite a mia madre che sto bene e che fra non molto la missione sarà compiuta.
— Questo è tutto?
— Sì, è tutto.
21
Kobol mandò Jameson, il quale arrivò due settimane dopo la chiamata di Alec.
— Come hai fatto ad arrivare qui così presto? — gli chiese meravigliato Alec.
Jameson sorrise. — Già in Florida ci sono molte imbarcazioni, e anche tutto il carburante necessario per farle funzionare. Ricavano il carburante dall'acqua del mare, elettrolizzando l'idrogeno e facendolo poi congelare fino a che diventa liquido.
— Non sapevo che sulla Terra esistesse ancora una tecnologia così avanzata.
— Esiste ancora l'antico spazioporto civile — spiegò Jameson. — Non è stato bombardato.
— Così laggiù ci sono ancora scienziati.
— Qualcuno. E qualche tecnico. Avevano bisogno del nostro aiuto per non essere sopraffatti dai barbari.
— E tu sei venuto in barca fin qui?
Jameson annuì. — Sì, seguendo la vecchia via d'acqua interna fino alla Baia di Delaware, poi risalendo il fiume Delaware. Abbiamo superato il più rapidamente possibile Filadelfia perché quella zona è ancora altamente radioattiva. Lasciato il fiume abbiamo proseguito a piedi, ed eccoci qui.
Alec e Jameson si trovavano sul ciglio di una collinetta, riparati dal vento da un folto di betulle. Faceva ancora freddo e il terreno era quasi ovunque coperto di neve, ma il sole brillava in un cielo terso, e cominciava a dare calore. Alec sentiva il fruscio dell'acqua che scorreva sotto la neve che si andava sciogliendo. Fra poco i torrenti sarebbero stati gonfi e impetuosi.
— Cosa sta facendo Kobol? — chiese Alec.
— Sta mettendo insieme un esercito. Un vero esercito — Jameson allargò le braccia per dare maggiore enfasi alle sue parole. — Migliaia di uomini. Li arruola fra la gente del posto. Sono atterrate quattro navette cariche di rifornimenti e armi, e hanno stabilito un collegamento con la Luna, per cui le navette vanno e vengono portando di tutto: laser, autoblindo, armi pesanti e così via.
— Migliaia di uomini? Quattro navette?
— Già — rispose Jameson con un sorriso compiaciuto. — Il Consiglio ha deciso che l'unico modo per riuscire a impadronirci dei materiali fissili è mettere fuori combattimento Douglas una volta per tutte. Così danno a Kobol tutto quello che vuole. Oggi devono esserci in Florida più uomini validi della nostra colonia che non sulla Luna.
— Tutto quello che vuole Kobol? — ripeté Alec. — Ma non è lui che comanda. Il capo sono io!
— Credo che troverai piuttosto difficile avere la meglio su questo punto. Secondo il verdetto ufficiale tu eri morto o prigioniero. Secondo le voci di corridoio, ti eri unito a Douglas.
— È tutto falso! — esclamò Alec. — Mi hanno nominato comandante di questa missione, e nessuno mi ha mai destituito, qualsiasi cosa pensi o dica Kobol.
— Non gli farà molto piacere saperlo — lo avvisò Jameson.
— Immagino che Kobol abbia già fatto un suo piano per portare qui le sue truppe.
— Infatti. Ha studiato la meteorologia terrestre ed è giunto all'irrefutabile conclusione che fa più caldo nelle zone meridionali, dove si trova lui, che non quassù al nord.
— E allora?
— E allora il suo piano consiste nel seguire l'avanzata della primavera da sud a nord. Si è già mosso. Ha lasciato la Florida ed è entrato in una bella zona ricca di acquitrini che gli indigeni chiamano Georgia. Via via che il caldo progredisce verso nord, Kobol lo seguirà, assoldando nuove reclute lungo il tragitto.
— Altre reclute?
— Sì — confermò Jameson. — Dice che niente ha successo come l'eccesso.
— Non è una frase sua. È una citazione storica.
— Davvero? — replicò sorpreso Jameson. — Da come l'ha pronunciata sembrava proprio che fosse sua. Ma comunque stiano le cose, secondo me ha ragione. Più uomini abbiamo, più banditi e barbari saranno disposti a unirsi a noi. E più numeroso sarà il nostro esercito, più facilmente sconfiggeremo Douglas.
— Non sarà facile tenere unito un esercito di questo genere — obiettò Alec. — Non credo che gente come quella marcerà disciplinatamente per centinaia e centinaia di chilometri. Perché dovrebbero farlo?
— Qualcuno, anzi molti, lo faranno. Kobol ha promesso tutto il bottino e le donne che vorranno, una volta battuto Douglas.
Alec finalmente capì, e pensò ad Angela.
— Così possiamo aspettarci di veder arrivare qui l'esercito di Kobol non appena il fango primaverile si sarà seccato e sarà più facile marciare — concluse Alec.
— Sì, questo è il suo progetto.
— Il punto più importante per noi è il tempismo. Kobol deve arrivare qui prima della fine del disgelo. E noi dovremo riuscire a sopravvivere fino ad allora. Darci la caccia con la neve, è troppo pericoloso e assai poco producente… e questo Douglas lo sa perfettamente. Ma finito il disgelo, non potremo né fuggire né resistere. Douglas ha uomini capaci e mezzi adeguati. Se Kobol tardasse, anche di una sola settimana, al suo arrivo potremmo essere morti. Tutti.