Alec l'assaggiò e la trovò amara, cattiva. Quella che fabbricavano alla base di Douglas era migliore. Arricciò il naso, e Kobol disse con aria di superiorità: — Bisogna farci la bocca.
— Non ci tengo.
— Abbiamo del latte fresco — disse una voce.
Alec si voltò e vide Jameson sulla soglia. Trattenendo un sorriso, disse: — Bene. Prenderò il latte.
Passarono diverse ore a studiare la mappa. Alec espose tutti i particolari a lui noti sui sistemi difensivi di Douglas e la mappa diventò un vero labirinto di trattini, linee, cerchietti, punti e quadrati che indicavano le recinzioni, le torri di guardia e gli avamposti.
Kobol rimase impressionato.
— Dobbiamo concentrare tutte le nostre forze in un attacco massiccio su questa strada — disse indicando un punto sulla mappa con l'indice ossuto.
— È proprio quello che Douglas si aspetta — obiettò Alec. — Vi fermerà qui… — e indicò il punto dove la strada si snodava fra le colline sulla cui sommità si trovavano gli avamposti… — o qui, dove torrenti e laghi vi costringeranno a procedere in fila indiana.
— Non avrà forze sufficienti per fermarci — dichiarò Kobol. — Quando arriveremo là disporrò di almeno cinquemila uomini.
— In difesa è sufficiente un uomo contro due — disse Alec. — Trattandosi di un uomo intelligente e furbo come Douglas ti serviranno tutti gli uomini che riuscirai a raccogliere. Non dimenticare che sta allestendo da anni i suoi sistemi difensivi. A che scopo gettare gli uomini in bocca ai suoi cannoni?
— Allora cosa propone il tuo genio militare? — Quando Kobol era irritato la sua voce nasale diventava stridula.
Alec lo guardò. — Noi abbiamo il vantaggio del numero. Approfittiamone. Attaccheremo su un fronte largo, costringendo le forze di Douglas ad assottigliarsi per difendersi su un'area così vasta. Aggireremo gli avamposti e le postazioni fortificate, e…
— E ci faremo ridurre a pezzetti! — objettò Kobol.
— No. È impossibile. So di quali armamenti dispongono. Non più di dieci caricatori per le mitragliatrici pesanti. Spareranno finché avranno munizioni, poi o si arrenderanno o usciranno allo scoperto attaccandoci in piccoli gruppi, o resteranno dove sono in attesa che noi andiamo a snidarli.
Kobol non disse niente, ma continuava a scrollare la testa.
— Gli avamposti sono in grado di avere la meglio contro attacchi di pochi uomini — proseguì Alec, — o contro attacchi così concentrati che basterebbero pochi colpi ben centrati per avere la meglio sugli assalitori. Ma un attacco condotto su un fronte ampio, da parte di uomini che si tengono distanziati e lontani il più possibile dagli avamposti, avrà sicuramente successo.
— Mi pare che sia un'idea sensata — mormorò uno degli aiutanti di Kobol.
— Se ha detto la verità sulla quantità di munizioni di cui dispongono.
— Sono sicuro di quello che ho detto — dichiarò brusco Alec. — Se vuoi assicurartene puoi attaccare un paio degli avamposti più vicini la notte prima della battaglia decisiva. Quanto agli altri, quelli situati nel cuore del territorio di Douglas, dovremo aggirarli.
Kobol tornò a scrollare la testa. — Non mi va di lasciarmi alle spalle sacche di truppe nemiche, armate e in grado di…
Alec batté il pugno sul tavolo. — Maledizione, qual è il tuo obiettivo? Catturare gli avamposti in cima alle colline o la base di Douglas? Noi siamo qui per questo! — Puntò un dito sulla base indicata sulla mappa. — Se perdiamo tempo a conquistare una collina per volta, lui potrà dissanguarci e tenerci in scacco per tutta l'estate mentre raccoglie rinforzi nelle campagne. E con l'arrivo dell'autunno saremmo circondati e a corto di viveri. Dobbiamo colpire presto e una volta per tutte. Qui — concluse tornando a indicare la base.
— E gli uomini degli avamposti se ne staranno con le mani in mano a guardarci passare?
— Sì — insisté Alec. — Non sono più di una decina per ogni postazione. Venti al massimo. Ma armati fino ai denti. Se ci proviamo ad attaccarli possono trattenerci finché Douglas non manda rinforzi sul posto. Se invece li aggiriamo cosa possono fare una ventina di uomini contro un esercito? Se lasciano la postazione per attaccarci saranno ridotti in brandelli.
— Ma hanno l'artiglieria.
— Dopo mezz'ora di combattimento, avranno finito le munizioni.
— Basterebbe per mettere fuori combattimento un bel po' di mezzi e di uomini.
— No, se ci muoviamo rapidamente e stiamo sparpagliati.
— Non so… — Kobol era incerto.
— Lo so io — dichiarò con fermezza Alec. — Faremo come ho detto. Possiamo vincere in fretta e con poche perdite — e fra sé aggiunse: e io posso raggiungere Angela prima di chiunque altro.
— Non sta a te decidere — asserì Kobol fissandolo.
— Sì, invece.
Allargando le mani sulla mappa come a sottolineare la sua supremazia, Kobol dichiarò: — Non vorrai ancora presumere di essere…
— Sono io il comandante — ribatté Alec. — Nessuno mi ha tolto il comando. Tu devi prendere gli ordini da me, Martin.
Kobol cercò di ridere, ma la risata gli morì in gola. Torse la bocca e guardò gli uomini che gli sedevano a lato.
Alec non disse niente. Per un lungo minuto rimasero a fissarsi in silenzio.
— Credo che il piano di Alec funzionerà — disse Jameson dalla soglia. Stava girato di tre quarti, con una mano sulla fondina della pistola appesa al cinturone.
— I miei uomini non ti conoscono — disse Kobol ad Alec. — Si rifiuteranno di prendere ordini da te.
— Conoscono me — disse Jameson con voce atona. — Mi seguiranno ovunque li porterò.
Kobol lo incenerì con lo sguardo ed emise un sospiro di rabbia repressa. — Dunque, le cose stanno così — sibilò.
— Sì, stanno proprio così — rispose Jameson, calmo come un falco che si prepara a calare sulla preda.
— Per evitare malintesi — intervenne Alec, — penso sia meglio che tu resti con me, Martin, finché l'esercito non arriverà qui. Ron, tu tornerai col battello e assumerai il comando delle truppe.
Il lampo di un sorriso illuminò la faccia di Jameson. — Alec, tu conferisci a quegli uomini più dignità di quanta non ne meritino. Non sono truppe ma solo una grossa banda, restìa a ogni tipo di disciplina. Vengono con noi solo perché sono attirati dall'idea del bottino. Combatteranno secondo i tuoi ordini, Alec, ma poi non sperare che mantengano la disciplina.
— Chiamali pure come vuoi — disse Alec, — basta che tu li porti qui. E appena il terreno sarà abbastanza asciutto sferreremo l'attacco.
— E quando tornerai sulla Luna sarai condannato a morte! — sibilò Kobol. — Penserò io a far firmare a tua madre la condanna!
Alec gli sorrise. — Sempre che tu ci torni sulla Luna, Martin.
22
La pioggia cadeva fitta, senza soste, portata da un vento freddo che faceva intirizzire. Il terreno sotto gli zoccoli del cavallo era una distesa di melma che ostacolava il cammino. Il cavallo era grosso, robusto, resistente, ma Alec sapeva che non sarebbe riuscito ad andare avanti ancora per molto senza riposarsi, e tuttavia continuava a spronarlo. Pur essendo protetto da un giaccone di cuoio col cappuccio, l'umidità gli era penetrata fin nelle ossa.
Sbirciando attraverso la pioggia e la foschia, vide che il torrentello che stava seguendo si era trasformato in un impetuoso corso d'acqua torbida che trascinava con sé rami, sterpi e altri detriti.
Non potremo guardarlo, pensò.
— Ehilà! — gridò una voce nota.
Alec si voltò sulla sella viscida, e vide uscire lentamente dalla foschia la sagoma massiccia di Will Russo che guidava passo passo un cavallo sul terreno scivoloso.