— Come hai fatto a guadare il torrente? — fu la prima cosa che gli chiese.
— Oh, più a monte. Là non è così grosso.
Alec smontò di sella e gli andò incontro.
— È guarita la tua ferita? — chiese.
Will annuì, e una ciocca di capelli rossi imperlati di pioggia gli scese sulla fronte. — Oh, certo, sono guarito da mesi, ormai. Sono andato a Utica e ho trovato intatto il deposito di whisky. E tu?
— Sto bene anch'io.
— Senti. Un po' più a monte c'è una caverna. Togliamoci da questa umidità.
Camminarono per qualche minuto tirandosi appresso i cavalli, fino alla caverna che, come poté notare Alec vedendo che le pareti erano ben levigate, non era un anfratto naturale ma una cavità artificiale. Prese mentalmente nota della posizione e delle dimensioni.
— Ho ricevuto con piacere il messaggio che mi ha portato il tuo esploratore — disse Will quando si furono messi al riparo. — Ero preoccupato per te, sai.
— Non c'è niente qui per accendere il fuoco — disse Alec sbottonandosi la giacca.
— Non importa. — Will frugò nelle tasche del suo voluminoso giubbotto. — Ho portato un po'… ah, eccolo! — e tirò fuori una bottiglietta verde. — Ti ho portato un po' di whisky.
Bevvero alcune sorsate e subito Alec si sentì meglio.
— Bene — disse poi Will come se stessero facendo conversazione in salotto. — Di cosa vuoi che parliamo? Non del tempo, credo.
— Oh, no! — rispose Alec ridendo. Poi, più serio: — Sai cosa succederà quando il fango si sarà asciugato, vero?
Will cercò di non sorridere più, ma ci riuscì solo in parte. — Sì. Kobol sta raccogliendo una masnada di banditi e di vagabondi per portarli qui e attaccarci. Non è la prima volta che succede!
— Non devi prenderla così alla leggera! — lo rimproverò Alec.
— Dovrei scappare o nascondermi? Senti, cose del genere sono già successe. Il primo inverno io e Douglas…
— Non avete mai avuto a che fare con un esercito così numeroso — lo interruppe Alec. — E sarà meglio armato di qualsiasi banda si sia raccolta da quando è bruciato il cielo.
— Uhm… Bene. È questo che volevi dirmi?
— Voglio che tu te ne vada prima che inizi la battaglia. Porta con te Angela. Non voglio che voi due vi troviate nel mezzo.
— Lasciare Douglas? Né io né lei lo faremmo mai.
— Devi! — insisté Alec. — Non sei più in grado di aiutarlo. È lui il motivo della battaglia, è lui che vogliono. Se potessimo catturarlo senza mettere a repentaglio le vostre vite…
Ma Will scrollò la testa. — Non capisci, Alec. Io non posso lasciare Douglas. Piuttosto mi taglierei un braccio. Siamo amici, anzi più che amici, fratelli.
Alec non fece commenti.
— È per Angela che ti preoccupi, vero?
— Sì.
— Anche lei è preoccupata per te. È rimasta molto male quando te ne sei andato senza dirle una parola. Se avesse saputo che partivi sono certo che sarebbe venuta con te.
— Proprio per questo non gliel'ho detto.
— Be', ormai quello che è stato è stato. Adesso puoi stare certo che non vorrà muoversi. Non lascerebbe mai Douglas, e meno che mai in un momento come questo… A meno che …
— A meno che cosa?
Will rispose sorridendo: — Be', forse se tu tornassi alla base e ci aiutassi a sbaragliare la banda di Kobol, e le cose si mettessero male, allora forse si lascerebbe persuadere a rifugiarsi in un posto sicuro.
Alec lo guardò. Questo è un ricatto sentimentale, pensò, e lui è convinto di quello che dice.
— Will — disse senza acredine, — ti rendi conto che io non posso combattere al fianco di Douglas?
— Oh, non saprei. Ci sono molte cose di cui tu non ti rendi ancora conto. Lui ha fatto l'impossibile, per anni, per indurre quelli della colonia lunare a essere ragionevoli. Non è vero che di punto in bianco ha deciso di andarsene per crearsi un regno qui sulla Terra. È stato spinto a farlo. Da Kobol e dagli altri.
— Quali altri?
— Gli altri membri del Consiglio. Douglas fu esautorato proprio da quelli di cui più si fidava. E che amava di più.
— E cioè mia madre.
Will annuì, serio. — Alec, probabilmente tu non mi crederai, e forse finirai persino per odiarmi, ma… be', perdio, tua madre ha spinto Douglas a fare quello che ha fatto. Lei sapeva che non aveva scelta. Non gli ha lasciato niente per cui valesse la pena di tornare, e lo sapevano benissimo tutti e due quando lui è partito. Tua madre non voleva che tornasse.
Un duro senso di gelo s'impossessò di Alec. — Hai ragione — disse con una calma mortale. — Non ti credo.
Will abbozzò un gesto d'impotenza con le grosse mani. — Eppure è la verità.
— Sarà quello che ti ha raccontato lui, ma non la verità. Non ci credo e non ci crederò mai.
— È… è ingiusto!
— C'è una cosa che devi sapere, Will. Io non mi limito a unirmi a Kobol. Sarò io a comandare.
— Lo temevo.
— Perché?
— Perché verrà il momento che cercheremo di ucciderci a vicenda. E siamo amici.
— Proprio per questo vorrei che tu te ne andassi, e portassi con te Angela.
— No, non lo posso fare. Anche Douglas è mio amico. Ed è tuo padre.
— Sono in procinto di combattere contro di lui. Non mettermi i bastoni fra le ruote. Non cercare di proteggerlo.
Tristemente, a voce talmente bassa che Alec poté a malapena sentire, Will disse: — Non costringermi a scegliere fra te e lui. Perderesti.
— Abbiamo già fatto le nostre scelte — dichiarò Alec. — Vent'anni fa, per la precisione.
23
Sebbene il raduno fosse stato accelerato al massimo, ci vollero alcune settimane perché l'esercito di Kobol riunisse tutte le sue diverse componenti in una valle al limitare del territorio di Douglas.
Alec non aveva mai visto tanti uomini insieme. Stava sulla sommità di una collina, la più alta della zona, sotto un acero che stava rivestendosi del fogliame e osservava l'imponente distesa di camion, jeep, cavalli, carri e uomini.
— Dovrebbero bastare per conquistare tutto il mondo — disse Ron Jameson che gli stava accanto.
— Non mi piace che siano tutti radunati nello stesso posto — osservò Alec. — Se gli esploratori di Douglas li vedono, e se dispongono di armi atomiche o aerei…
— Abbiamo intercettato tutte le sue pattuglie, finora — rispose con calma Jameson. — E non credo che al mondo esistano ancora aeroplani e testate nucleari.
— Ne basterebbe una.
— Fra due giorni saremo in grado di muoverci — disse Jameson stringendosi nelle spalle. — Credo che ce la faremo a evitare che gli uomini di Douglas ci scoprano.
— Fra due giorni?
— Sì. Gli uomini hanno fatto una faticata per arrivare qui. Adesso hanno bisogno di riprendere fiato, di approntare le armi, e di imparare gli ordini di combattimento.
Così mi restano due giorni per trattare con Kobol, pensò Alec.
— Se ci fermassimo qui per più di due giorni — continuò Jameson, — le varie bande che compongono questo valoroso esercito comincerebbero a combattersi fra loro. Non corre buon sangue, giù nella valle.
Alec annuì. — Mettiamoci al lavoro.
Era ormai notte avanzata quando Alec poté finalmente andare da Kobol, che si trovava virtualmente agli arresti in una delle numerose caverne che si aprivano sui fianchi delle colline.
La caverna in questione aveva le pareti inclinate e il tetto a volta da cui pendevano stalattiti di tutte le misure. L'unico ingresso era un angusto tunnel che consentiva il passaggio di una sola persona per volta. Alec aveva posto una sentinella alle due estremità del budello.
Kobol era seduto su una vecchia branda cigolante con la gamba sana ripiegata sotto di sé e la testa china, intento a scrivere su un foglio che teneva in grembo. Alec vide che la branda era cosparsa di altri fogli coperti dalla sua scrittura.
— Buonasera — disse.