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La furtiva risata maligna usciva sibilante da ogni gola Dhuviana, e Hishah sollevò il capo, e la pelle della sua gola pulsava di tenebrosa allegria.

«Guardatelo, fratelli! Salutate Rhiannon, che non sapeva nulla del Velo, né del motivo per cui esso protegge Caer Dhu!»

E tutti lo salutarono, inchinandosi profondamente.

Carse era immobile. Per il momento, aveva perfino dimenticato la paura.

«Stupido!» sibilò Hishah. «Alla fine, Rhiannon ci odiava. Perché alla fine aveva compreso la sua follia, aveva scoperto che i bambini ignoranti ai quali aveva dato le briciole del suo sapere erano diventati troppo intelligenti. Con il Velo, del quale egli ci aveva insegnato il segreto, rendemmo inespugnabile la nostra città, impenetrabile perfino alle sue armi, e così, quando alla fine si rivolse contro di noi, era già troppo tardi.»

Carse domandò, lentamente:

«Per quale motivo si rivolse contro di voi?»

Hishah rise.

«Aveva scoperto l’uso che intendevamo fare degli insegnamenti che egli ci aveva impartito.»

Ywain fece un passo avanti, e disse:

«E di quale uso si trattava?»

«Credo che tu già lo sappia,» rispose Hishah. «È per questo che tu e Garach siete stati portati qui… non solo per vedere il momento in cui questo impostore sarebbe stato smascherato, ma anche per imparare, una volta per sempre, qual è il vostro posto nel nostro mondo.»

La sua voce sibilante e melliflua aveva ora un tono di trionfo, il tono di un conquistatore.

«Da quando Rhiannon venne rinchiuso nella sua tomba, siamo riusciti a estendere sempre più il nostro dominio su ogni costa del Mare Bianco; e per farlo, abbiamo usato metodi sottili e indiretti: noi siamo pochi, e contrari alla guerra aperta. Perciò abbiamo operato attraverso i regni umani, servendoci della vostra avidità per i nostri scopi.

«Ora, noi possediamo le armi di Rhiannon. Ben presto riusciremo a scoprire il modo di usarle, e allora non avremo più bisogno di strumenti umani. I Figli del Serpente regneranno in ogni palazzo reale… e dai loro sudditi esigeranno soltanto obbedienza e rispetto.

«Cosa ne pensi di questo tu, Ywain dal capo orgoglioso, che ci hai sempre odiato e disprezzato?»

«Penso,» disse Ywain, «Che prima di vedere questo momento, mi getterò sulla mia spada.»

Hishah alzò le sottili spalle da rettile.

«Gettati sulla tua spada, allora.» Si rivolse a Garach. «E tu?»

Ma Garach era già caduto al suolo, svenuto.

Hishah si rivolse nuovamente a Carse.

«E adesso,» disse, «Vedrai come diamo il benvenuto al nostro signore!»

Boghaz gemette, e si nascose il volto tra le mani. Carse strinse più forte l’impugnatura dell’inutile spada, e domandò, con voce bassa e strana:

«E nessuno seppe mai che Rhiannon, alla fine, si era rivoltato contro voi Dhuviani?»

Hishah rispose, con la sua voce sommessa:

«I Quiru lo sapevano, ma condannarono ugualmente Rhiannon, perché il suo pentimento era giunto troppo tardi. A parte i Quiru, solo noi lo sapevamo. E perché avremmo dovuto rivelare la verità al mondo, quando il vedere Rhiannon, che ci odiava, maledetto come nostro amico e protettore, ci divertiva e nello stesso tempo favoriva i nostri disegni?»

Carse chiuse gli occhi. Il mondo pareva girare, intorno a lui, sprofondare sotto i suoi piedi, e c’era un rombo bizzarro, nelle sue orecchie, e la rivelazione nella sua mente con la forza di un uragano.

Dunque Rhiannon aveva detto la verità, nella caverna dei Sapienti! Aveva detto la verità, quando aveva gridato tutto il suo odio per i Dhuviani!

Il grande salone si riempì di un suono che ricordava il fruscio delle foglie secche portate dal vento, mentre le file dei Dhuviani si chiudevano, lentamente e implacabilmente, intorno a Carse.

Con uno sforzo che trascendeva, quasi, le capacità e la forza di un essere umano, Carse spalancò tutti i canali della sua mente, cercando disperatamente, ora, nel momento supremo, di raggiungere quell’angolo stranamente silenzioso e segreto della sua niente.

Gridò, a gran voce:

«Rhiannon!»

Quel grido rauco fece arrestare per un momento i Dhuviani. Non per paura, ma per il divertimento. Per quelle creature strane, dall’umorismo crudele, quello era veramente il culmine della beffa.

Hishah esclamò:

«Sì, chiama pure Rhiannon! Forse uscirà dalla sua Tomba, per aiutarti!»

E lo fissarono tutti, con i glauchi occhi maliziosi, guardarono Carse che barcollava, angosciato… lo guardarono, e risero della loro sottile, terribile risata sibilante.

Ma Ywain sapeva. Rapida, venne al fianco di Carse, e sguainò la spada, brandendola alta, decisa a proteggere il terrestre fino a quando avesse potuto farlo.

Hishah rise ancora:

«Una degna coppia… la principessa senza impero, e il falso dio!»

Carse ripeté, allora, in un rauco, disperato bisbiglio:

«Rhiannon!»

E Rhiannon rispose.

Dalle profondità della mente di Carse, dove era rimasto nascosto, il Maledetto venne,, avventandosi con forza terribile attraverso ogni cellula, e ogni atomo, del cervello del terrestre, prendendo completamente possesso del suo cervello e del suo corpo, ora che Carse gli aveva aperto la strada.

Come già era accaduto nella caverna dei Sapienti, la coscienza di Matthew Carse parve ritirarsi in disparte, nel suo stesso corpo, e rimase a osservare e ad ascoltare.

Udì la voce di Rhiannon… la vera voce divina che lui aveva soltanto copiato… uscire possente dalle sue labbra, con una collera superiore alle capacità di comprensione della mente umana.

«Guardate il vostro Signore, striscianti figli del Serpente! Guardatelo… e morite!»

La risata di scherno smori e si spense in un improvviso, lugubre silenzio. Hishah indietreggiò, e nei suoi occhi glauchi comparve la prima ombra di paura.

La voce di Rhiannon parlò ancora, tonante, riecheggiante tra le pareti. La forza e la collera di Rhiannon ardevano sul volto del terrestre, e ora il suo corpo pareva torreggiare sui Dhuviani, e la spada era come uno scettro lampeggiante, bello e orribile, tra le sue mani.

«Che ne dici ora del contatto mentale, Hishah? Cerca di sondare in profondità… molto più in profondità di quanto tu non abbia potuto fare prima, quando le tue deboli forze, sono state incapaci di sormontare la barriera mentale che io ho eretto contro di voi!»

Hishah lanciò un grido acuto e sibilante, il sibilo di un serpente in preda all’orrore. Indietreggiò, torcendosi sinuosamente, in preda alla paura, e il cerchio dei Dhuviani si spezzò, mentre tutti si volgevano in cerca delle loro armi, con le bocche prive di labbra tese in un orribile ghigno di paura.

Rhiannon rise, allora, la risata terribile di chi ha aspettato per un’era la propria vendetta, e finalmente l’ha trovata.

«Correte! Correte, e cercate di combattere… perché, nella vostra grande saggezza, voi avete lasciato passare Rhiannon attraverso il Velo, e ora la morte incombe su Caer Dhu!»

E i Dhuviani correvano, torcendosi e strisciando nell’ombra, cercando di afferrare le armi delle quali non avevano creduto di avere bisogno. La luce verde scintillava su lucidi tubi e prismi.

Ma la mano di Carse, guidata ora dalla sicura sapienza di Rhiannon, aveva già afferrato la più grande delle antiche armi… la grande ruota piatta di cristallo. Rhiannon ne toccò l’orlo, e cominciò a farla girare.

Doveva esserci qualche complicato meccanismo, nel globo metallico, un comando segreto che forse era in parte fisico, in parte mentale, e che ora le dita di Carse, guidate dalla mente di Uhiannon, avevano messo in azione. Carse non poté saperlo. Seppe soltanto che nell’aria fievolmente illuminata era comparso uno strano alone oscuro, che aveva racchiuso lui, Ywain, il tremante Boghaz e l’ancora più tremante Garach, che si era sollevato, come un cane, reggendosi sulle mani e sulle ginocchia, e ora si stava guardando intorno, come un animale, e con occhi che non possedevano più alcuna luce di ragione. Anche le antiche armi erano racchiuse da quell’anello di energia nera, e dalle sbarre di cristallo giunse un sommesso ronzio.